Riguardo il motu proprio “Ad theologiam promovenda” (vedi qui testo ufficiale), con cui papa Francesco ha rinnovato gli statuti della Pontificia Accademia di Teologia, proponiamo ai nostri lettori due articoli che ben ne analizzano la gravità. Il primo è del vaticanista Andrea Gagliarducci, il quale evidenzia che il Papa «vuole ribaltare l’idea che la ricerca teologica parta innanzitutto dalle verità di fede» poiché egli «ha una sua idea precisa di Chiesa e la sta portando avanti». Il secondo articolo è del prof. Stefano Fontana, il quale mette in risalto che «secondo Francesco, anche la teologia, come la Chiesa, deve essere “in uscita”», dunque «non partirà più dalla dogmatica, ma dall’antropologia o dalle scienze sociali».
Concordiamo in pieno con queste osservazioni, che facciamo nostre, ma vogliamo aggiungere che ciò che Francesco sta imponendo, abusando della sua legittima autorità di Sommo Pontefice, è la nefasta svolta antropologica del confratello gesuita Karl Rahner, denunciata a suo tempo dal grande teologo stimmatino Cornelio Fabro.
«La teologia oggi deve assolutamente tener conto di tutte le scienze antropologiche moderne, che non esistevano in passato — disse lo stesso Rahner presentando uno dei suoi numerosi scritti –, così come deve conoscere e rispettare l’uomo nella prospettiva delle scienze naturali moderne». È esattamente quello che sostiene il Papa nel suo ultimo motu proprio.
In sintesi, non lo ripeteremo mai abbastanza, Francesco sta raccogliendo (e seminando) i frutti marci di ciò che i confratelli hanno copiosamente diffuso negli ultimi duecento anni, in particolare nel post-Vaticano II.
Diciamo che: una Chiesa a sfondo Ignaziano, santamente gesuita, male non sarebbe, ma rahneriana e gesuiticamente modernista, no! Non l’accettiamo….
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