Il gesuita Bergoglio? Non è l’unico “grande rivoluzionario”

È inesatto parlare di “riforma” della Chiesa voluta da papa Francesco. Quella di Jorge Mario Bergoglio è una vera propria rivoluzione dottrinale le cui basi sono state sviluppate dalla corrente ideologica neomodernista della Compagnia di cui è membro.

L’editoriale di oggi del vaticanista Marco Tosatti descrive correttamente il “programma” del pontificato di papa Francesco.

Bergoglio e Arrupe

In realtà, l’agenda di Jorge Mario Bergoglio altro non è che l’agenda di Pedro Arrupe (1907-1991), sebbene riveduta e aggiornata (perché egli deve mettere qualcosa di esclusivamente proprio in tutto).

Il giovane Bergoglio (sinistra) con Arrupe (destra) negli anni ’70.

Tra la fine del 1974 e il 1975 si tenne la XXXII Congregazione Generale della Compagnia: Arrupe e i suoi “compagni” stesero il programma definitivo (iniziato alla congregazione generale precedente) per applicare una volta per tutte il Vaticano II (lettera e spirito del Concilio sono due facce della stessa medaglia) e giungere così all’umanizzazione del cattolicesimo.

Il sito amico Cooperatores Veritatis ha dedicato un ampio studio in tre parti (uno, due e tre) riguardo la deriva della Compagnia di Gesù, iniziata nel XIX secolo e che ha trovato il suo apice durante il generalato di Arrupe (1965-1983).

Il decentramento dottrinale dell’autorità di Roma, la teologia della liberazione, la “Chiesa del popolo”, l’ecumenismo, la liberalizzazione della sessualità (compresa quella contro natura), un ulteriore protestantizzazione della riforma liturgica, l’abbandono del concetto cattolico di peccato, la nuova educazione della gioventù, ecc.: tutto si può trovare nei sofisticati decreti della XXXII Congregazione Generale.

L’ultra-bergoglioso gesuita Antonio Spadaro, nell’editoriale de La Civiltà Cattolica del 10 ottobre 2015, ha confermato che Bergoglio – ricordando la lunga intervista che gli fece nel settembre del 2013 – s’ispira alla XXXII Congregazione Generale, in particolar modo nel suo essere gesuita.

Bergoglio e Rahner

Ma Arrupe non è l’unico gesuita precursore dell’agenda di Bergoglio, l’altro è il tedesco Karl Rahner (1904-1984), il perito conciliare — nonché esponente della corrente neomodernista della nouvelle theologie — che più di ogni altro ha influenzato i documenti del Vaticano II e tutta l’epoca (post)conciliare.

Rahner

Tutto il pensiero (pseudo)teologico di Rahner era finalizzato alla realizzazione di una nuova “Chiesa”, attuando le riforme del Vaticano II mediante l’apertura di processi irreversibili, come ha ben spiegato il prof. Stefano Fontana nel suo magistrale libro La nuova Chiesa di Karl Rahner.

Infatti «Francesco è il Papa dei processi, degli “esercizi”», conferma ancora una volta Spadaro nell’editoriale menzionato sopra. Questo pontificato è fatto «di avviamento e di accompagnamento di processi: alcuni rapidi e folgoranti, altri estremamente lenti». Poiché «compito del riformatore è dunque quello di iniziare o accompagnare i processi storici. (…). Riformare significa avviare processi aperti».

E questi novatores hanno fretta di avviare e pilotare – questo vuol dire “accompagnare” – tali processi.

Conclusione

Sarebbe perciò superficiale pensare che una volta terminato il pontificato di Bergoglio, magari eleggendo un papa “conservatore”, possa tornare tutto lentamente alla normalità. Come già vi dicemmo, l’attuale pontefice è il sintomo, non la causa della deriva dottrinale (dunque pastorale e morale) che regna indisturbata nella cattolicità.

Non ci sono più freni a questa deriva. L’unico modo per porvi fine è un intervento del Cielo. Preghiamo e soffriamo per la nostra amata Santa Madre Chiesa; preghiamo affinché trionfi presto il Cuore Immacolato di Maria.


sezione CV sul gesuitismo 2

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