Confondere la dottrina con i pregiudizi fra cattolici e luterani è ingannare i fedeli

… sarebbe fondamentale capire di quali “pregiudizi” su Lutero, Bergoglio, intende riferirsi! E in quale senso i cattolici sono stati, e sarebbero oggi, “avversari” dei luterani? Perché qui è bene specificare che quando una donna mascherata da vescovessa, che vanta l’amore saffico convivendo con altra donna, ricevendo a braccia aperte il Vescovo di Roma dirigendo persino i Vespri… afferma che è giunto il momento di eliminare il termine “Padre” perché offensivo a riguardo dell’agenda gender… è ovvio che qui l’avversaria è la vescovessa, non il cattolico!

La notizia è ufficiale pubblicata da Radio Vaticana, leggere qui, perciò chi vuole continuare a mantenere il prosciutto sugli occhi, faccia pure, ma non si dica che noi seminiamo bufale, o capiamo male! Che cosa dice la notizia? In sé non dice nulla di nuovo, non sono tolte le scomuniche alle eresie di Lutero, e non si avanza con nessuna comunione o inter-comunione eucaristica o liturgica.

Papa Francesco, incontrando la Federazione luterana (come del resto hanno fatto i suoi Predecessori a partire da Paolo VI) non ha fatto altro che ripetere le medesime cose che si dicono da cinquant’anni ad oggi: camminare insieme, pregare per giungere all’unità, frequentarsi come fratelli e sorelle, condividere quel ci unisce, e così via…. Nulla di nuovo sul fronte occidentale!

Tuttavia, come è tipico di questo Vescovo di Roma, da cinque anni a questa parte, accanto alle solite frasette strappalacrime deve veicolare sempre qualcosa di “nuovo”, qualcosa di suo personale, che rechi la sua firma personale. Ed ecco la frase – come al solito – ambigua che è piatto succulento per titoli ad effetto come ha fatto, infatti, Radio Vaticana: “abbandonati pregiudizi su Lutero, cattolici e luterani mai più avversari“.

La frase integrale del Papa è questa: “Esso (lo Spirito Santo) ci ha portato ad abbandonare gli antichi pregiudizi, come quelli su Martin Lutero e sulla situazione della Chiesa Cattolica in quel periodo”.

Uno si ferma e chiede: “scusi papa Francesco, ma sta forse dicendo che lo Spirito Santo non era al lavoro al Concilio di Trento e che le discussioni DOTTRINALI ERANO SOLO PREGIUDIZI creati ed inventati dalla Chiesa Cattolica papale, romana e dunque cattiva?”.

Da come ci sta abituando questo METODO ambiguo e di sotterfugi — tipico del gesuita modernista — per Bergoglio  è fondamentale guardare a quella “memoria purificata”, che ci permetterebbe oggi (condizionale d’obbligo perché ciò è falso) di “guardare fiduciosamente a un avvenire non gravato dai contrasti e dai preconcetti del passato; un avvenire su cui pesa il solo debito dell’amore vicendevole; un avvenire nel quale siamo chiamati a discernere i doni che provengono dalle diverse tradizioni confessionali e ad accoglierli come patrimonio comune”.

E’ evidente che per papa Francesco LE QUESTIONI DOTTRINALI con il protestantesimo non sono più importanti, SONO DECADUTE, non devono più essere affrontate, ci attende SOLO un cammino nel quale conta esclusivamente L’AMORE VICENDEVOLE, un futuro nel quale discernere SOLO ciò che ci unisce, CON L’OBBLIGO PER I CATTOLICI DI ACCOGLIERE LA TRADIZIONE PROTESTANTE COME FRUTTO DELLO SPIRITO… Chiunque volesse protestare o dovesse affrontare le spinose questioni dottrinali, per Bergoglio, è fuori dalla comunione, dalla “nuova” comunione ecclesiale.

LO DICE BERGOGLIO! non noi! Per papa Francesco occorrono non solo “buone idee”, ma “passi concreti” che portino a “tendere la mano” nella carità, “guardando ai poveri, ai fratelli più piccoli del Signore”, che sono “indicatori preziosi lungo il cammino”, toccando le loro ferite. Per ANNUNCIARE IL VANGELO INSIEME, chiosa il papa, NON SONO NECESSARIE LE DOTTRINE, MA SOLO LA CARITA’ CONDIVISA, uno “stile semplice, esemplare e radicale”, “priorità” dell’essere cristiani nel mondo, attraverso un’unità “riconciliata”.

Ma se per annunciare il Vangelo fosse stato necessario condividere “SOLO” la carità, a che cosa serve la Chiesa Cattolica e soprattutto i Sette Sacramenti? Perché farsi cattolici? Perché rimanere nella Chiesa? I conti non tornano! Ci viene anche da chiedere perché lo stesso Bergoglio va in giro per il mondo indossando una grande tunica bianca con uno zucchetto in testa…..?? E’ certo che IL POTERE PAPALE piace, a quello non ci rinuncia nessuno, neppure un gesuita modernista che oggi vuole ribaltare il papato, vuole farlo calzare alle sue idee, quel gesuitismo che negli anni ’70 fece piangere il Papa.

Tornando al punto cruciale della notizia, sarebbe fondamentale capire di quali “pregiudizi” su Lutero, Bergoglio, intende riferirsi! E in quale senso i cattolici sono stati, e sarebbero oggi, “avversari” dei luterani? Perché qui è bene specificare che quando una donna mascherata da vescovessa, che vanta l’amore saffico convivendo con altra donna, ricevendo a braccia aperte il Vescovo di Roma dirigendo persino i Vespri… afferma che è giunto il momento di eliminare il termine “Padre” perché offensivo a riguardo dell’agenda gender…. è ovvio che qui l’avversaria è la vescovessa, non il cattolico! E siamo certi che lo stesso Lutero, ai suoi tempi, avrebbe rimandato a casa la vescovessa a calci nel sedere per tutto ciò che sta affermando!

AVVERSARI FRA CRISTIANI O NON PIUTTOSTO  – I PROTESTANTI – AVVERSARI NELLA DOTTRINA?

Leone X, nella famosa Bolla Exsurge domine et iudica (1520), affermava IN MODO INFALLIBILE E MAGISTERIALE

Non possiamo più tollerare che il serpente strisci nel campo del Signore. Il nostro ufficio pastorale non può più tollerare la mortifera infezione dei 41 errori seguenti […]. I libri di Martin Lutero che contengono questi errori devono essere bruciati. Lutero ha voluto appellarsi a un futuro concilio sebbene Pio II e Giulio II avessero condannato tali appelli alle pene previste per l’eresia. Concediamo a Lutero 60 giorni entro i quali dovrà far atto di sottomissione.

Passarono due anni prima della scomunica, altro che 60 giorni durante i quali il Papa fece di tutto per evitare lo scisma. Specificava recentemente il cardinale Muller, vedi qui:Non si deve confondere sbagli personali, i peccati delle persone della Chiesa con errori nella dottrina e nei sacramenti. Chi lo fa crede che la Chiesa sia solo una organizzazione fatta di uomini e nega il principio che Gesù stesso ha fondato la sua Chiesa e la protegge nella  trasmissione della fede e della Grazia nei sacramenti tramite lo Spirito Santo.Tutti i concili parlano della infallibilità del magistero, nella proposizione della fede cattolica. Nella confusione odierna in tanti sono arrivati invece a capovolgere la realtà: ritengono il papa infallibile quando parla privatamente, ma poi quando i papi di tutta la storia hanno proposto la fede cattolica dicono che è fallibile.”

Fu chiarissimo san Giovanni Paolo II nell’enciclica Ut unum sint:

“Riprendendo un’idea che lo stesso Papa Giovanni XXIII aveva espresso in apertura del Concilio, il Decreto sull’ecumenismo menziona il modo di esporre la dottrina tra gli elementi della continua riforma. Non si tratta in questo contesto di modificare il deposito della fede, di cambiare il significato dei dogmi, di eliminare da essi delle parole essenziali, di adattare la verità ai gusti di un’epoca, di cancellare certi articoli del Credo con il falso pretesto che essi non sono più compresi oggi. L’unità voluta da Dio può realizzarsi soltanto nella comune adesione all’integrità del contenuto della fede rivelata. In materia di fede, il compromesso è in contraddizione con Dio che è Verità.“(n.18)

Questa eco chiarissima ci raggiunge fin dai tempi delle grandi eresie affrontate da sant’Agostino, il quale specifica quanto segue:

8.15. “… E però sono molti quelli che sono svegliati dal sonno ad opera degli eretici, perché vedano il giorno del Signore e ne gioiscano. Serviamoci dunque anche degli eretici, non per condividerne gli errori, ma per essere più vigili e scaltri nel difendere la dottrina cattolica contro le loro insidie, anche se non siamo capaci di ricondurli alla salvezza…” (qui testo integrale).

E’ evidente che il Vescovo di Roma, di oggi, avanza affermando l’esatto contrario e facendo tutto l’opposto! E’ il progetto dei gesuiti modernisti: cattolicizzare ciò che non è cattolico. Incapaci di ricondurre alla salvezza, alla cattolicità i protestanti, oggi ne condividono gli errori, danno colpa alla DOTTRINA quale causa di divisione INFLITTA dalla cattiva e matrigna Chiesa Cattolica… la dottrina è per loro L’INSIDIA, rompendo – il Vescovo di Roma – la comunione con tutti i suoi Predecessori, vedi qui.

E’ questo il nocciolo del problema che lo stesso Pio XI aveva affrontato e superato nel Magistero della Chiesa, quando disse:

A tali condizioni è chiaro che la Sede Apostolica non può in nessun modo partecipare alle loro riunioni (dei protestanti) e che in nessun modo i cattolici possono aderire o prestare aiuto a siffatti tentativi; se ciò facessero, darebbero autorità ad una falsa religione cristiana, assai lontana dall’unica Chiesa di Cristo. Ma potremo Noi tollerare l’iniquissimo tentativo di vedere trascinata a patteggiamenti la verità, la verità divinamente rivelata? Ché qui appunto si tratta di difendere la verità rivelata…” (Mortalium animus – 6.1.1928).

E se Pio XI ammoniva la nascita di una “FALSA RELIGIONE” da parte di chi avesse tollerato patteggiamenti con la sana Dottrina, già la beata Emmerich parlava di una “falsa chiesa”, attraverso le sue Visioni, generata proprio dal falso spirito della superbia con il quale si pretenderebbe una sorta di “unità riconciliata NELL’ERRORE“…

Concludiamo con le parole di Benedetto XVI attraverso il Documento magisteriale Verbum Domini del 2010, ove leggiamo:

Così san Girolamo si rivolgeva ad un sacerdote: «Rimani fermamente attaccato alla dottrina tradizionale che ti è stata insegnata, affinché tu possa esortare secondo la sana dottrina e confutare coloro che la contraddicono»” (n.30).

 


 

Il non detto del Papa a Lund

Ferma restando la necessità del dialogo ecumenico, è però importante rendersi conto che non è vero che tra cattolici e luterani ci unisce la fede e ci dividono solo delle interpretazioni teologiche. È vero invece che sui sacramenti, l’Eucarestia, l’approccio alle Scritture, il ministero sacerdotale, la Messa come sacrificio, la Madonna è proprio la fede che ci divide.

Molti e positivi sono stati i commenti sul viaggio ecumenico di Papa Francesco in Svezia (31 ottobre – 1 novembre u.s.) per inaugurare l’anno commemorativo del cinquecentesimo anni-versario della Riforma protestante. La positività è stata ovviamente vista nell’incontrarsi e nel prendere coscienza di un riavvicinamento nonché di un diverso contesto storico che postula un nuovo tipo di rapporto. E di prendere coscienza dell’azione dello Spirito Santo.

In parallelo si sono avute perplessità e critiche sia nei riguardi di Papa Francesco, sia per mar-care le differenze tra cattolicesimo e protestantesimo manifestando il timore di una “prote-stantizzazione” della Chiesa Cattolica, che arrecherebbe seri danni alla medesima.

Mi sembra utile proporre alcune riflessioni di metodo, cioè di “come” leggere i vari testi dell’evento. La considerazione generale è che in questi casi i grandi personaggi – politici o uomini di Chiesa – non affrontano in dettaglio le questioni. Così ad esempio avvenne nel primo dei grandi incontri “dopo il Concilio”, quello di Paolo VI con Atenagora il 25 luglio 1967: i due non discussero né del Filioque né del ruolo dei patriarchi nella struttura ecclesiale. Naturalmente tali questioni c’erano e Atenagora le avvertì, risolvendole con la famosa frase rivolta a Paolo VI e giunta attraverso una tradizione non scritta: «Noi andiamo avanti da soli e mettiamo tutti i teologi in un’isola, che pensino».

Papa Francesco sembra aver adottato esattamente questa prospettiva: poniamo un gesto ecumenico, simbolico e “profetico”, poi toccherà ai teologi mettere le cose a posto. Ma chi sta su di un’isola e legge la Dichiarazione congiunta, le omelie e gli altri interventi, subito vede ciò che i testi non dicono, cioè vede una filigrana talvolta più decisiva del testo. Ed è proprio per avviare tale metodo di lettura in filigrana – metodo che si basa più sul non detto e sul confronto tra i testi che non sull’analisi dei testi stessi – che propongo cinque suggerimenti o stimoli.

1. I due tavoli. Papa Francesco spesso – non sempre – ha giocato su due tavoli: le parole ai protestanti negli incontri ecumenici e le parole ai cattolici nella Messa allo stadio. Nelle parole ai cattolici, riferendosi alla Riforma, non ha potuto non citare i santi, che «ottengono dei cam-biamenti grazie alla mitezza del cuore», atteggiamento tipico cattolico e lontanissimo dai metodi di Lutero. E naturalmente ha citato la Vergine Maria: «Alla nostra Madre del Cielo, Regina di tutti i Santi, affidiamo le nostre intenzioni e il dialogo per la ricerca della piena comunione di tutti i cristiani, affinché siamo benedetti nei nostri sforzi e raggiungiamo la santità nell’unità», «abbiamo sempre l’aiuto e la compagnia della Vergine Maria, che oggi si presenta a noi come la prima tra i Santi, la prima discepola del Signore. Ci abbandoniamo alla sua protezione e le presentiamo i nostri dolori e le nostre gioie, le paure e le aspirazioni. Tutto poniamo sotto la sua protezione, con la certezza che ci guarda e si prende cura di noi con amore di madre». Nella Dichiarazione congiunta e negli interventi ecumenici manca invece questo accenno. Il che sembra normale, ma il teologo sull’isola vede e legge una questione in filigrana: “E se un giorno si arriverà all’unità e si giocherà su di un solo tavolo, si metterà da parte la Vergine Maria o la si farà accettare?”. E la stessa domanda si estende a tanti altri contenuti che forse, prima di essere “cattolici”, sono semplicemente “cristiani”.

2. La convergenza sull’impegno umano è un punto di forza sottolineato soprattutto nella Dichiarazione congiunta. Impegno che va dall’aiuto ai poveri, al perseguimento della giustizia sociale, all’accoglienza dei migranti sino alla custodia della casa comune. Questa base è solida e può sostenere iniziative tra protestanti e cattolici favorendo l’incontro e l’accettazione vicendevole. Ma il teologo sull’isola si domanda: “È una base definitiva?”. No, perché come Gesù Cristo non operò mai dei miracoli senza relazionarli a un ulteriore itinerario – significativo il cieco nato che, dopo la luce della vista, ricevette la rivelazione di Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te» (Gv 9,37) -, così per il discepolo di Cristo l’impegno umano è aperto a un “oltre” da proporre ai destinatari e questo “oltre” nel caso dei cattolici e dei protestanti è diverso e diviso. Che cosa proporremmo a coloro ai quali andiamo incontro: solo la base comune della lectio divina o anche il sacramento della Penitenza, l’adorazione eucaristica, il Rosario ecc.?

3. L’adozione della categoria di differenze teologiche e culturali ha permesso di ritrovare punti di convergenza verso un’unità più profonda: tra noi ci sono state e ci sono «differenze teologiche», pregiudizi «verso la fede che gli altri professano con un accento e un linguaggio diversi», ma – ieri e oggi – con «una sincera volontà da entrambe le parti di professare e difen-dere la vera fede». Ma il teologo sull’isola sospira: “Come sarebbe bello se fosse così!”. Se la fede fosse la stessa e le differenze fossero solo di teologia o di linguaggio, ognuno si terrebbe le proprie differenze e l’unità sulla fede sarebbe fatta.
Invece non ci si può limitare a differenze nella teologia: vi sono differenze nella formulazione della fede che intaccano la fede stessa, che arrivano ad un “altro” Gesù Cristo e ad una “altra” Chiesa. Il voler ridurre le differenze a sole differenze di teologia all’interno di un’unica fede è un principio troppo facile che porta a conclusioni errate. Ad esempio di recente un teologo ha ipotizzato una ospitalità eucaristica tra cattolici e luterani partendo dal fatto che la fede di entrambi circa il “Fate questo in memoria di me” è identica, anche se poi sussistono spiegazioni teologiche divergenti: non è vero, quelle spiegazioni teologiche sono una diversa fede e il risultato è che quando si celebra così l’Eucaristia non si fa il “questo” richiesto da Gesù, ma si fa “altro”.

4. Bisogna ripensare e ridire la storia. Nei vari discorsi si nota un eccessivo peso sul tale procedimento, ma il teologo sull’isola si domanda: “La storia può essere necessariamente molto diversa da quella che è stata tramandata?”. C’è una verità della Riforma cattolica che non può essere oscurata. Bisogna poi concedere e non demonizzare che da entrambe le parti un qualche appoggio se non politico per lo meno istituzionale fu inevitabile (lo è ancora oggi). Bisogna tenere conto della necessità di segni di distinzione e di identificazione delle diverse culture, per cui – naturalmente senza eccessi – è naturale che protestanti e cattolici abbiano cercato di distinguersi e molti lo facciano ancora oggi. Bisogna infine usare una qualche tolleranza senza condannare sempre tutti gli eccessi, in quanto in una certa misura sono normali e nessuna riforma è mai perfettamente equilibrata. Ecco: che la storia sia andata così è normale ed è onesto così raccontarla e… proseguirla.

5. I primi padri protestanti e i padri del Concilio di Trento furono degli sprovveduti? A fronte di affermazioni tipo che ciò che ci unisce è più di ciò che ci divide o che Lutero era alla ricerca di un Dio misericordioso e finalmente l’ha scoperto in Gesù Cristo come colui che ci giustifica precedendo la nostra risposta, a fronte di tutto questo così bello ed edificante il teo-logo sull’isola si domanda: “Possibile che i padri del Concilio di Trento fossero così ingenui e sprovveduti da non essersene accorti sino a riscrivere tutto il processo della salvezza cristiana? Possibile che i primi protestanti fossero così in malafede da non accorgersi che Trento parlava quasi come loro? Possibile che solo noi oggi siamo tanto saggi da averlo scoperto?”.

In conclusione, come è stato scritto da diverse parti, i punti di distanza tra cattolici e protestanti sono parecchi e profondi: il sacramento del ministero sacerdotale e per giunta maschile (come Papa Francesco ha ribadito nella conferenza stampa in volo), la Messa come sacrificio, la transustanziazione e il tipo di presenza eucaristica che ne deriva, il numero settenario dei sacramenti, la giustificazione come rinnovamento vero e interiore dell’uomo, l’approccio alle Scritture, la provvidenza di usare un buon sistema filosofico ecc. L’accettazione di tutto ciò, che prima di essere “cattolico” è “cristiano”, è più ipotizzabile come conversioni personali che come avvicinamento tra le due comunità, fermo restando che l’incontro continua ad avere un suo senso e va perseguito grazie a quanto resta di elementi comuni. Naturalmente ogni progresso deve avvenire non come una vittoria della Chiesa Cattolica, ma come una scoperta della vera salvezza offerta da Gesù Cristo e «questo è (quasi) impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile» (Mt 19,26).

 

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