Cinque anni di un pontificato avulso

Abbiamo ricevuto questa e-mail di un Sacerdote che è una “Lettera aperta” al piccolo gregge, ma anche alla Gerarchia Cattolica. Dopo aver dato voce ad una laica, leggete qui: Da Roma un grido di dolore, condividiamo la dolorosa esperienza di questo ministro di Dio della Chiesa Cattolica il quale, giustamente, non si arrende di fronte a certe prepotenze e non accetta certe imposizioni spiegando, in termini davvero coraggiosi e pacati, vicende amare che ci coinvolgono tutti. Grassetti e link, sono nostri.

…che anche dal vostro sito, emergano anime pronte a pregare e a sacrificarsi per il Pontefice, per la Chiesa, per i peccatori, per noi poveri preti, morsi dalla stretta di una frenesia social-popolare che sta diventando davvero la dittatura contro la ragione, dittatura di un pensiero mondano unico che si sta imponendo contro Dio. Pregare per questo popolo che pur amando giustamente il papa, rifiuta però la verità perché per loro è più comodo sentirsi giustificati di continuare a vivere in stato di peccato.”

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Carissimi del sito di “Le cronache di Papa Francesco”,

sono stato molto titubante se scrivervi o meno a riguardo del vostro “servizio” e per quanto concerne questo Anniversario che, bisogna dirlo con serenità, ha tutti gli ingredienti di una insalubre memoria. Avulso perché si è voluto prepotentemente strappare dalla sana Tradizione, scollegato dal Catechismo e dalla sana Dottrina.

Sono un sacerdote da ben 28 anni che a causa dell’ignoranza dilagante, delle varie tifoserie, a causa di vescovi timorosi ma pronti a dispensare sospensioni a divinis, se non si fosse d’accordo non tanto con la dottrina, la cui deriva sarebbe un loro dovere frenare, ma piuttosto per le idee mondane, mi vede costretto all’anonimato.

Ho parlato di serenità perché è questo l’atteggiamento fondamentale che si deve avere per poter parlare di queste cronache. Avere oggi una mente lucida, calma, serena, sta diventando una vera impresa, un dono che si chiede poco, nel mentre siamo sempre più circondati da lupi rapaci che gironzolano, acchiappando prede sempre più in balia di una grave confusione, ma anche di sopraffazione da parte delle gerarchie. Confratelli ammoniti – e minacciati con l’arma della sospensione e di toglier loro la parrocchia – non perché eretici, ma perché in qualche modo allarmati dalla nuova pastorale che si va imponendo, aumentano ogni giorno di più, e sarebbe corretto ed onesto che il popolo lo venisse a sapere.

Il “Popolo” questo gregge così abusato e strumentalizzato a partire dall’ultimo concilio per il quale — lo disse Paolo VI — si venne a sacrificare la sacralità della Messa abbassandola al suo livello “social-popolare”. Quella santa Messa che tutti elevava al cielo, è stata ridotta al collasso delle sperimentazioni infinite in “favore del popolo”, ma questo non è stato “amare il popolo”, piuttosto è stato togliere ad esso la parte più importante della loro vita, la parte più sacra, con tutto ciò che ne è conseguito anche per noi preti. Anche se è il più importante, non è di questo aspetto che voglio parlare.

Papa Francesco non è il solo responsabile di quanto stiamo vivendo. Sono classe 1975, convertito e formato durante il pontificato di san Giovanni Paolo II, con il tempo, mi sono reso conto di come fossi stato formato, in verità, all’ombra dell’eresia del gesuita Karl Rahner, un vero guru dei seminari e delle aule pontificie. E poiché leggo da molto i vostri articoli sull’insistenza verso questa realtà che molti non solo non conoscono, ma di come molti la vogliono volutamente ignorare, ho pensato di dare questa mia testimonianza. Se diciamo, infatti, di amare questo “popolo”, è fondamentale che la prima forma di carità verso di esso sia la verità.

Non temo mi venga tolta la Parrocchia perché “non è mia”, è un dono ricevuto affinché mettessi in opera – e a loro disposizione – la sacra Tradizione, il Deposito della Fede, i Sacramenti, temo piuttosto la menzogna il rischio, cioè, di vedermi imposto di mentire al gregge che mi è stato affidato, obbligandomi verso queste nuove pastorali attribuite a papa Francesco, tutte infarcite di eresie, apostasia ribaltamento delle priorità del Vangelo o, come spiegava il grande professore Romano Amerio: il dislocamento della Monotriade, come voi stessi ne avete parlato.

Papa Francesco, in questi cinque anni sta completando l’opera dello “spirito del concilio” che non è il concilio voluto dai Padri, e far capire questo è difficile, molti non vogliono neppure ascoltare, si crogiolano nella beata ignoranza, ma poi pretendono di giudicare non appena si dicesse loro: “sì, papa Francesco è buono, ma…”. Come sentono quel “ma” fanno scattare l’autodifesa senza farti più parlare. Si parlerebbe oggi di “papolatria”, ma non è corretto perché ogni autentico battezzato e membro della santa ed unica vera Chiesa di Cristo, in un certo senso deve esserlo, perché è un diritto e un dovere difendere la legittima persona del sovrano Pontefice da ogni attacco, interno ed esterno. Non c’è solo nel Diritto Canonico, ma è proprio uno di quei sensi che ci provengono dalla vera Fede.

Ma quando un Pontefice attacca la santa Chiesa per ribaltarla, modificarla seguendo un personale progetto di vera devastazione nei suoi confronti, con la solita scusante della Riforma, cosa possiamo fare noi? Come reagire? Che cosa sono stati questi cinque anni? Quanti fra noi preti, vescovi, ma anche laici pensano mai alla Chiesa, sposa di Cristo, abusata, frodata della sua storia, violentata nella sua tradizione e nei suoi insegnamenti? Forse che un papa può davvero modificare i connotati della Chiesa a suo piacimento, in favore del popolo?

Ho sempre “festeggiato” gli anniversari pontifici come una festa di famiglia, ma questo anniversario mi è davvero poco, o per nulla, familiare. La Messa per il Romano Pontefice Francesco non mancherà il giorno 13 marzo, come del resto si fa ogni giorno “una cum…. in comunione con…”, perché la Messa “non è mia”, ma vorrei fosse chiaro che anche un Pontefice deve “guadagnarsi” l’affetto di un “popolo”, la stima, la credibilità, il rispetto. Di questi cinque anni a me non importa cosa scrivono i giornali per continuare a “lodare” l’immagine di questo pontificato, perché di fatto contribuiscono maggiormente a “lordare” il papato e la serietà della Sede Petrina, continuando a “lordare” la Chiesa di Gesù Cristo, specialmente quella del passato.

Ciò che mi preoccupa maggiormente è il degrado del popolo di questi ultimi cinque anni! Nel maggio scorso vennero da me due fidanzati per essere uniti in matrimonio sacramentale. Non li conoscevo. Parlando con loro, sforzandomi di farmi dire anche ciò che si capiva volessero nascondermi, scoprii che venivano da una parrocchia il cui parroco aveva loro rifiutato il matrimonio cattolico. Per farla breve, l’uomo era divorziato da un precedente matrimonio cattolico e non aveva alcuna intenzione di fare ricorso al tribunale diocesano per tentare almeno di rimuovere l’ostacolo, per verificare lo stato della precedente unione.

Appena dissi loro chiaramente che non era cambiando parrocchia che avrebbero potuto risolvere il problema, mi sentii immediatamente piovere addosso una caterva di citazioni papali di Francesco sul “diritto” alla loro unione, sul diritto alla Comunione eucaristica, sul diritto alla loro integrazione in parrocchia. Dopo averli ascoltati, con infinita pazienza, chiesi loro di ripresentarsi con una lettera firmata da papa Francesco e dal vescovo che li autorizzasse a questa serie di “diritti” perché, spiegai loro, non essendo “mio potere” abusare dei Sacramenti, dovevo obbedire a Dio piuttosto che agli uomini, che l’unico vero diritto che abbiamo è conoscere la verità e rispettare Gesù nell’Eucaristia, nei Sacramenti.

Dopo quindici giorni giunge la telefonata del mio vescovo, chiaramente imbarazzato perché sapeva bene che la posizione che avevo assunto era quella giusta e corretta. Tuttavia comincia a farmi strani discorsi sulle aperture, sull’integrazione, sulla volontà del papa di voler modificare l’applicazione di alcuni Sacramenti, in sostanza dovevo cercare una scappatoia per fare in modo di non creare – io – lo scandalo e fare in modo che i due fidanzati attempati potessero ottenere i loro “diritti”.

Con tutta serenità chiesi al vescovo una lettera dove per iscritto mi si ordinava di frodare i Sacramenti, oppure di farmela ricevere direttamente da papa Francesco. Qui il vescovo perse la calma! Mi disse testualmente che ero “un buffone” perché era evidente che quell’ordine non avrebbe mai potuto impormelo attraverso una lettera ufficiale. Arrivò a minacciarmi di togliermi la parrocchia. A quel punto ricordai al mio vescovo che non temevo le sue minacce, perché nulla di ciò che avevo era “mio”, e di assumersi lui la responsabilità, magari sposando personalmente i due colombi! Comunque gli ricordai di meditare bene su Ezechiele 3,16-21.

Non seppi più nulla di questi “colombini”, né il vescovo mi fece sapere altro. Sono ancora al mio posto, ma per quanto? E soprattutto in che modo? Questo non è stato un caso isolato! Ho riscontrato anche da molti confratelli che i vescovi usano telefonare per imporre la “Comunione ai divorziati-risposati”, senza che abbiano risolto il loro primo matrimonio. Non mettono nulla per iscritto perché sanno bene che ciò che stanno imponendo non è lecito, non è corretto. Tutto viene imposto per “volere del papa”, la nuova parola d’ordine. Non posso fare a meno di domandarmi che fine abbia fatto, o stia facendo, quel più biblico “volere di Dio”!

Ci sono naturalmente confratelli compiacenti, tutti felicemente ebeti, ebbri di una follia senza precedenti nella storia della Chiesa, dimentichi soprattutto del Catechismo, della legge divina, dell’insegnamento di tutti i Papi precedenti. Ciò che sto riscontrando, nella mia esperienza parrocchiale è come esista davvero un “piccolo gregge” davvero coraggioso. C’è, ti segue, anche se è un poco spaesato e confuso, sente con il “sensus fidei” (cfr. Ef. 4,4-6), ama il papa ma comprende bene che il mondo ne ha fatto un feticcio, un vitello d’oro, e che lui non fa nulla per dire loro: “non ascoltateli, stanno mentendo, io non sto chiedendo nulla di quanto i vescovi vi stanno imponendo”.

C’è un detto che dice: “quando tu sei felice, ascolti la musica. Ma quando sei triste allora leggi i testi…”. Si fa tanto per far passare l’immagine di un Gesù compagno, festaiolo, da discoteca, che batte il cinque con i giovani. Lo stesso papa Francesco è arrivato a dire nella Laudato sì che abbiamo “il diritto di essere felici”. Ma quando mai? La vera felicità è far diventare il proprio stile di vita la testimonianza della legge di Dio (cfr. Gv. 15,9-14), in obbedienza a Dio e non agli uomini, non certo alle mode del mondo. Papa Francesco lo ha fatto con la sua vita personale, ma perché vuole dare una immagine così scarnificata dalla dottrina, imponendo alla Chiesa – che anch’egli deve servire – nuove dottrine che disobbediscono la volontà divina? Se è vero che dai frutti li riconosceremo, qualcuno dovrebbe forse aiutarmi a “vedere” i frutti di questi cinque anni di grande confusione. Forse non li vedremo noi, mi dicono alcuni confratelli per incoraggiarmi, noi dobbiamo solo seminare. Sarà anche vero questo, ma se ciò che era peccato ieri, è peccato anche oggi, allora certi frutti li stiamo già raccogliendo e non sono buoni.

Aumentano i casi di divorziati-risposati, ed ora anche di conviventi, che pretendono l’Eucaristia. Molti di loro usano cambiare parrocchia in modo da non farsi riconoscere e, naturalmente, non è che io posso domandare ad ognuno chi è o come sta messo, durante la Comunione. Cerco di avvisare sempre, dopo la predica, di “esaminare se stessi” e che nessuno può accostarsi all’Eucaristia in stato di peccato grave e continuato: perché si può anche prendere in giro il prete, ma non certo Dio! Quando in sacrestia mi vengono a chiedere il motivo del mio rifiuto, spiego loro di leggersi il Catechismo della Chiesa specialmente il n. 1650 che ho stampato, distribuito come foglietto parrocchiale e affisso nella bacheca. Ed è paradossale che mi sento qualche volta “correggere” da alcuni parrocchiani che mi dicono: “caro Don, ti stai sbagliando, il papa ha detto così; il papa vuole che si faccia così…” e quale fonte mi portano i giornali! E se provi a correggere tu i loro errori, o chiedi di portarti un documento papale, ti senti dire che “non capisci niente!”.

Mi avvio alla conclusione per chiedere, che anche dal vostro sito, emergano anime pronte a pregare e a sacrificarsi per il Pontefice, per la Chiesa, per i peccatori, per noi poveri preti, morsi dalla stretta di una frenesia social-popolare che sta diventando davvero la dittatura contro la ragione, dittatura di un pensiero mondano unico che si sta imponendo contro Dio. Pregare per questo popolo che pur amando giustamente il papa, rifiuta però la verità perché per loro è più comodo sentirsi giustificati di continuare a vivere in stato di peccato.

Non sento nulla da festeggiare, ma questo non significa far regnare la tristezza. Cartesio a ragione distingueva una certa forma di tristezza che viene dall’invidia e rende cupi, disperati, fino a provare odio, dalla vera pietà (la famosa e biblica pietas) che fa scaturire, invece, la vera tristezza che porta all’amore! Ed è questa la vera immagine che abbiamo di Gesù raccontato dai Vangeli: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate» (Mc. 14,34). E’ questa la vera tristezza che trionferà però passando per il Calvario, per la Croce, attraverso una sepoltura, fino a risorgere trionfalmente.

E’ questo che auguro anzi tutto a me stesso in quanto prete, poi lo auguro al gregge che mi è stato affidato, lo auguro ai confratelli e al mio vescovo, infine ma non per ultimo, lo auguro al Romano Pontefice.

Mi sia concessa una supplica finale ai Vescovi e ai Cardinali, ai confratelli tutti e al piccolo gregge: per quanto tempo ancora vorrete ignorare quanto sta avvenendo? Per quanto tempo ancora vorrete contribuire al dissanguamento della Sposa del Cristo, come spiegava santa Caterina da Siena! Per quanto tempo ancora? E’ vero che la pazienza di Dio è infinita fino a quando esisterà il mondo, ma più lunga sarà questa passione, più tremendo sarà il Suo verdetto, quando sarà il Giudizio universale. Non è una minaccia, ma una resa dei conti che ci sarà proprio perché Dio è giusto, è giustizia e misericordia, perché la vera Misericordia è la giustizia di Dio nei confronti della Sua Legge.

Nos cum prole pia, benedicat dolorosa, Virgo Maria!

6 pensieri riguardo “Cinque anni di un pontificato avulso

  1. ha ragione il sacerdote che scrive, la sua tristezza è gioia piena, è limpida, è cristallina non c’è odio o dissapore, ma c’è la croce, la passione, l’amore a Gesù. Mentre vedo che la gioia di certi preti modernisti è piena di tristezza, di odio agli avversari, odio a chi non la pensa come loro, il clima di questo pontificato è puro terrore e i vescovi spadroneggiano, ma anche con tanta tristezza, sono tristi dentro!

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  2. Bellissima testimonianza perchè porta il lettore ad unire i cuori non contro qualcuno, ma per qualcuno, Gesù, nostro Dio. Grazie padre.

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  3. Se il sacerdote si rendesse conto che Bergoglio non è papa (già l’eresia palese lo declassa e lo separa dalla Chiesa secondo i padri) si sentirebbe meno oppresso dalla contraddizione.

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    RISPONDIAMO:

    Gentile Massimo, abbiamo girato il suo commento al Sacerdote autore della Lettera e questa è la sua risposta:

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    Caro Massimo, grazie per il sostegno che vorrà indirizzarmi attraverso la preghiera. Questo è un momento delicato per tutti, per noi preti, ma anche per voi laici. Non si lasci fagocitare dalla questione del “papa, non è papa” che è quanto di più diabolico Satana potesse mettere in campo per dividere, gettare confusione e portare disaffezione verso la figura stessa, il ruolo del Romano Pontefice.
    Papa Francesco è stato, alla situazione attuale dei fatti, eletto Pontefice in modo del tutto legale e, quando l’eletto, legalmente risponde “acceptum”, lì egli diventa Romano Pontefice.
    Cosa accadrà poi sarà la storia a giudicarlo, sarà la Chiesa stessa a valutarne il profilo e il magistero.
    Fino ad allora quello che possiamo fare è una onesta e dolorosa resistenza all’apostasia.
    Per questo mi preme dirle che non mi sento affatto “oppresso” da queste contraddizioni che stiamo vivendo. Speravo che la Lettera fosse molto chiara, tanto da aver portato la testimonianza del Cristo stesso del quale sono indegno discepolo.
    Questo indegno sacerdote, caro Massimo, è ben cosciente della situazione e non è affatto semplice come chi la chiude affermando, o risolvendo, che Bergoglio “non è il papa”.
    Giudizi personali non servono a risolvere la grave apostasia che stiamo vivendo, è necessario che il “piccolo gregge” non si lasci contaminare da questo genere di dispute perché è necessario e fondamentale amare il Romano Pontefice attraverso la preghiera e attraverso una vera resistenza dottrinale. Il resto è tutto nelle mani di Dio.
    Che Dio la benedica!

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  4. Caro Padre, tristezza condivisa, fin nel profondo! Temo molto ciò che potrebbe succedere ancora, perchè succederà: siamo solo all’inizio di questa demolizione, a viso aperto, che ci vede sempre più coinvolti e sconvolti.
    Lei ci esorta a pregare e ad amare il Pontefice; purtroppo non riesco ad ubbidire ad entrambe le sue esortazioni, al momento mi limito a pregare per lui, per la sua conversione e……. a resistere.

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  5. Noi “piccolo gregge” invochiamo Dio che ci mandi un pastore che ci guidi contro gli inganni della chiesa della propaganda, la contro-chiesa, la chiesa strana (definizioni date da santi e mistici), pastori appassionati che sappiano agire non condannando, ma svegliando le coscienze e incoraggiando la gerarchia ecclesiastica a venire fuori da questo pantano, allontanandosi dai burattinai che li stanno manovrando per poi metterli da parte proprio come burattini.

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