Francesco, il papa del principio di contraddizione

Questo pontificato si caratterizza sempre di più per le sue vistose contraddizioni.  Si pubblicano documenti che insegnano certe dottrine, salvo poi affermare l’esatto contrario in un altro documento. Si proibiscono certe cose, salvo poi fare l’esatto contrario. Si tratta di semplici sviste? Oppure c’è una tattica dietro? Fra gli specialisti cresce la consapevolezza che vi sia una ben studiata operazione psicologica, che rischia di distruggere sia la ragione sia la fede.

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La congregazione suprema di Francesco che non t’aspetti…

Papa Francesco formalmente non rinnega la Dottrina — sa benissimo che non può farlo –, perché non ha interesse ad Essa. Per lui è astratta, lontana, dalle vite degli uomini, mentre la pastorale (modernisticamente intesa) è concreta e vicina alle necessità umane. Ciò che conta non è ribadire la solita Dottrina, ma annunciare un nuovo modo di vivere il cristianesimo, per questo, nella sua riforma della Curia, ha messo al primo posto l’annuncio del Vangelo, creando una super-congregazione con lui stesso a capo, declassando la Dottrina della Fede a uno dei tanti dicasteri. Le cose però sono cambiate con la nomina a prefetto del suo yes-man Tucho Fernandez (dopo l’ingombrante Muller e la delusione del confratello Ladaria): la Dottrina della Fede è tornata ad essere di fatto la “congregazione suprema” della Santa Sede, com’era addirittura prima della riforma di Paolo VI, ovvero il famoso Sant’Uffizio. Il Papa infatti si è reso conto che i vescovi e le conferenze episcopali non si rivolgono alla Congregazione per l’evangelizzazione per risolvere problemi dottrinali e pastorali, ma alla Dottrina della Fede, quindi è necessario darle, di fatto, l’importanza fondamentale, cambiandone la forma e la missione. Di quale cambiamento si tratta? Lo spiega il vaticanista Andrea Gagliarducci (nel seguente articolo che proponiamo con una nostra traduzione): non più difendere la Dottrina, ma promuovere la “ricerca teologica” per trovare nuove “soluzioni pastorali” volute dallo stesso Francesco. La Fiducia Supplicans è ne l’esempio lampante.

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L'”ospedale da campo” di Francesco è al collasso

La Chiesa è come «un ospedale da campo dopo la battaglia»: così Francesco definì — riduttivamente e inadeguatamente — la Sposa di Cristo nella sua prima intervista da Papa al confratello Antonio Spadaro, all’epoca direttore della rivista gesuita La Civiltà Cattolica. In tal modo il primo papa gesuita l’ha considerata e governata durante quasi undici anni di pontificato. Quale bilancio trarne? Secondo il giornalista Nico Spuntoni, in un articolo che proponiamo ai nostri lettori, si tratta di un vero e proprio flop da tutti i punti di vista: dottrinale, pastorale, liturgico e disciplinare. È un’analisi impietosa? Sì, ma, purtroppo per tutti i cattolici, esatta e incontrovertibile.

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Francesco vuole una teologia per dialogare col mondo

Con un motu proprio in dieci punti diffuso nel giorno di Ognissanti, Papa Francesco promulga nuovi statuti della Pontificia Accademia di Teologia, e chiede più pastoralità e transdiciplinarietà. Quella che chiede Papa Francesco è una sorta di “teologia incarnata” (e il testo più famoso del card. Victor Fernandez, prefetto del Dicastero della Dottrina della Fede e ghostwriter, del Papa, è proprio intitolato Teologia Spirituale Incarnata) che viene chiamata nel testo “teologia fondamentalmente contestuale”. Ricordiamo che l’Accademia è stata fondata da Clemente XI nel 1718 e ha sempre avuto l’obiettivo di mettere la teologia al servizio della Chiesa e del mondo.

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Francesco è emerso senza maschera

Proponiamo, in una nostra traduzione, un articolo dell’attento vaticanista Andrea Gagliarducci, poiché viene evidenziato molto bene che Francesco oramai non ha più freni: ha fretta di portare avanti il suo programma di rinnovamento della Chiesa. Viene inoltre rilevato molto bene che questo pontificato sembra essere un nuovo inizio, staccato dalla storia della Chiesa, poiché nei documenti pontifici Francesco preferisce citare solamente se stesso, con le sole eccezioni — rarissime — di Giovanni XXIII e di Paolo VI e di qualche testo del Vaticano II. Questo non deve stupire — aggiungiamo noi —, per quanto debba comunque non lasciare indifferenti, perché Francesco è arciconvinto di essere il papa che deve — per mandato divino? — portare a compimento il progetto di “Chiesa diversa” voluto dal Vaticano II, dopo il periodo di transizione dei pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Speriamo — e preghiamo — che papa Francesco capisca che di Cristo è vicario — ovvero, detto brutalmente, un maggiordomo — non il successore.

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Il card. Burke: La sinodalità contro la vera identità della Chiesa quale comunione gerarchica

Pubblichiamo l’intervento tenuto dal cardinale Raymond Leo Burke, uno dei firmatari dei dubia, al Convegno internazionale “La Babele sinodale”, organizzato dalla Nuova Bussola Quotidiana a Roma, presso il Teatro Ghione.

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