L’inganno di una pace senza Cristo

Siamo nel Tempo di Natale, quello in cui la Chiesa canta insieme agli Angeli: «Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà». Eppure da quando la Chiesa, anzi gli uomini che la governano in terra, hanno deciso di non occuparsi più di glorificare Dio e della salvezza delle anime, ma di difendere la dignità dell’uomo e propagare la fratellanza universale, non c’è più pace in questo mondo, al di là di quanti conflitti armati ci siano. La gran parte dei messaggi pontifici per le Giornate mondiali della pace (1° gennaio) invocano una pace che non ci potrà mai essere, perché senza la “buona volontà” di rendere gloria a Dio, diffondendo la regalità sociale di Cristo, gli uomini non saranno mai veramente fratelli. Non fa eccezione l’ultimo messaggio per la Giornata mondiale della pace di quest’anno di papa Francesco, in cui si vuole parlare a tutti, predicando una pace fondata sui bisogni (veri o presunti) dell’umanità, rendendo, suo malgrado, opzionale il Santo Vangelo.

Consigliamo i seguenti editoriali passati, ma sempre attuali:

Proponiamo, ora, ai nostri lettori un’ottima analisi del prof. Stefano Fontana.

Il Messaggio per la Giornata mondiale della pace del 1 gennaio 2022 è dedicato da Francesco a tre argomenti in sé molto importanti: il dialogo tra le generazioni, l’educazione/istruzione, e il lavoro.  Tutti e tre i soggetti sono “attualizzati” dal Messaggio nel contesto della pandemia da Covid-19 e nella crisi più generale da questa generata. Nel testo ritornano le consuete frasi/immagine: il grido dei poveri e della terra, il cambiamento climatico e il degrado ambientale, il tutto interconnesso, il patto sociale, la cura della casa comune, abbattere le barriere e costruire ponti, un patto che promuova l’educazione all’ecologia integrale, la sostenibilità, l’alleanza tra l’uomo e l’ambiente.

Come si sa, i testi dei Messaggi per la Giornata della pace non vengono scritti di proprio pugno dai pontefici. Un tempo venivano redatti all’interno del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, quindi visionati dalla Congregazione per la Dottrina della fede e dalla Segreteria di Stato. Oggi sembra di capire che non sia più così, ma non si sa più con precisione quale sia il loro effettivo tragitto. Questo per dire che è naturale che le abituali frasi del papa, le espressioni in lui più ricorrenti, quelle abitualmente presenti nei media che riportano il suo pensiero siano ben presenti, come in una rassegna compilatoria, in documenti di questo tipo, anche se con ciò non dismettono il loro carattere di slogan, anzi lo rafforzano.

Nel De Civitate Dei, Agostino dice che la pace è “tranquillitas ordinis, la tranquillità dell’ordine. In un’altra sua opera afferma che “senza la carità non ci può essere nessuna pace” e nel De laude pacis dice che “avere la pace significa amare”. Tranquillità dell’ordine significa che la pace non è disordine, vale a dire ingiustizia (“ivi è la perfetta giustizia, ove c’è la pace”), ma costruzione della convivenza comunitaria secondo una regola naturale, secondo l’ordine del creato, che riguarda anche le relazioni sociali. Quando non si rispetta la natura [intesa qui non come ambiente naturale ma come l’ordine naturale delle cose] si fa disordine, violenza e ingiustizia e, quindi, si impedisce la pace: “senza giustizia i regni non sono che grandi ladrocini”. L’ordine naturale, però, non si riesce a rispettarlo senza una aggiunta soprannaturale, ossia senza la carità, ecco perché Agostino dice che senza la carità (cristiana) non ci può essere nessuna pace.

Le eventuali contingenze storiche possono costituire una spinta accidentale per lavorare per la pace, ma non possono esserne il fondamento. Il degrado ambientale, oppure la corsa agli armamenti che distraggono risorse dal settore dell’istruzione, le molteplici difficoltà generate dalla pandemia sono occasioni per impegnarsi per la pace ed è giusto evidenziarle, ma i fondamenti ultimi sono di ordine naturale (agire nel rispetto dell’ordine finalistico delle cose) e soprannaturale (attingere alla carità della vita divina). In altre parole riguardano la ragione e la fede, la natura e la grazia, la politica e la religione. Nei Messaggi per la Giornata mondiale della pace si nota da qualche tempo una dislocazione di attenzione da questa dimensione che possiamo definire “alta” o sostanziale, all’altra dimensione che possiamo definire “bassa” o accidentale. Certamente non si può distogliere lo sguardo dal ”momento” che viviamo, ma il momento non è oscurato ma semmai illuminato dal considerarlo alla luce dell’eterno.

L’attenzione quasi esclusiva, a parte magari il consolidato uso di una citazione biblica iniziale, alle contingenze di oggi, corre il grande pericolo di rimanere invischiati nelle visioni politiche di parte che si combattono tra loro e di fare proprie prese di posizione particolari. I Messaggi per la Giornata mondiale della pace vogliono parlare a tutti, e quindi si diffondono sulla panoramica dei bisogni attuali più che sui fondamenti di cui parlavo sopra. Così facendo, però, quanto viene detto si relativizza e ottiene l’effetto opposto: non tutti vi si riconoscono appunto perché gravato da scelte di parte. 

Connettere tra loro degrado ambientale e riscaldamento globale è un esempio di queste prese di posizioni di parte su materia contingente. Parlare di “interconnessione” come di un fatto positivo, impedisce di precisare le ambiguità del fenomeno. Plaudire ai “tanti giovani che si stanno impegnando per un mondo più giusto e attento a salvaguardare il creato, affidato alla nostra custodia. Lo fanno con inquietudine e con entusiasmo, soprattutto con senso di responsabilità di fronte all’urgente cambio di rotta, che ci impongono le difficoltà emerse dall’odierna crisi etica e socio-ambientale” comporta anche di rendersi disponibili al qualunquismo giovanilista e alle strumentalizzazioni politiche dei movimenti giovanili.

Sant’Agostino indicava lo specifico cristiano nella considerazione del tema della pace, specifico che non deve mai mancare. Viceversa si finisce per dire cose grammaticalmente corrette ma sintatticamente poco chiare. E soprattutto si finisce per dire cose più formali che di contenuto. Per esempio il dialogo: “Dialogare significa ascoltarsi, confrontarsi, accordarsi e camminare insieme”. Ma cosa? su cosa? per cosa? verso dove? viene da chiedersi.

Stefano Fontana (30-12-2021)


«Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore» (Gv 14, 27)

«Cristo infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia. (…) Egli è venuto perciò ad annunziare pace a voi che eravate lontani e pace a coloro che erano vicini» (cfr. Ef 2, 14.17)

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