Perché un gesuita rimane gesuita anche da papa?

Proponiamo ai nostri lettori la traduzione di un articolo del giornalista americano Dominic Lynch scritto nel dicembre del 2016, quando la discussione nata dal fatto che papa Francesco si rifiutò di rispondere ai cinque dubia dei quattro cardinali sull’Amoris Laetitia era ancora, diciamo, calda. L’articolo è molto attuale non solo per il motivo che sono passati appena due anni e non c’è stata ancora nessuna risposta, ma anche perché l’autore spiega la ragione dell’atteggiamento eterodosso dell’attuale Vescovo di Roma: l’essere gesuita.

Quando il Newsweek domandò se papa Francesco fosse cattolico, ci fu chi rispose: No, è gesuita. Non condividiamo tutte le osservazioni di questo giornalista, ma la sua analisi sul pontificato del primo gesuita diventato papa è assolutamente indovinata. Ciò che dovrebbe sorprendere di un gesuita – sostiene Dominic Lynch – non è l’eterodossia, bensì l’ortodossia. Per cui noi ci auguriamo – e preghiamo – che papa Francesco ci sorprenda, prima o poi, difendendo l’ortodossia. In fondo, finché c’è vita, c’è speranza…

Papa Francesco sorprenderebbe meno se tutti ricordassero che è un gesuita

L’eterodossia di Francesco non avrebbe dovuto sorprendere. È un gesuita tinto di lana che è diventato maggiorenne nel mondo post-Vaticano II.

di Dominic Lynch (The Federalist, 22-12-2016)

In un recente numero del New York Times, il giornalista cattolico conservatore Ross Douthat ha pubblicato un articolo in cui esprime la propria frustrazione nei confronti di Papa Francesco, in particolare per il suo rifiuto di chiarire alcune difficili questioni morali sollevate dalla sua esortazione pastorale Amoris Laetitia.

«La logica di “Roma locuta, causa finita est” è troppo radicato nelle strutture del Cattolicesimo per consentire tutto, tranne un temporaneo decentramento dottrinale», scrive Douthat. «Finché il papa rimane il papa, qualsiasi grande controversia inevitabilmente ritornerà in Vaticano».

In altre parole, Francesco dovrà rispondere alle domande dei suoi critici prima o poi. E nel frattempo interviene uno stallo frustrante tra vescovi liberali e conservatori, incapsulato nella lettera dei dubia scritta da quattro cardinali a settembre. Quel documento pose al Papa cinque domande sugli aspetti confusi della sua originale lettera pastorale.

I dubia, naturalmente, furono accolti con gioia dai cattolici conservatori e condannati — a volte con un linguaggio scioccante — dall’ala più liberale della Chiesa. Papa Francesco si è rifiutato di rispondere alle domande poste dalla lettera, arrivando addirittura a cancellare un incontro con un certo numero di cardinali a Roma, dove probabilmente si sarebbe dovuto confrontare con essi.

La vaghezza del Papa è esasperante per i conservatori, a cui devo chiedere: che cosa vi aspettavate? Pur essendo diventato pontefice, Francesco è rimasto un gesuita. Per coloro che non hanno familiarità con i gesuiti, sappiano che la dottrina vaga e porosa è quasi la loro ragion d’essere. Infatti, questa ragion d’essere è così radicata nell’Ordine che rende più facile trovare un liberal nel Texas occidentale che un gesuita conservatore.

Un gesuita rimane gesuita anche se diventa papa

Quando Francesco è stato eletto papa nel 2013, i cattolici di base non erano sicuri di cosa aspettarsi. Benedetto XVI, che ha preceduto Francesco, era prevedibile perché era conosciuto come intellettuale e come un “mastino”, un “peso massimo” nella difesa dell’insegnamento ufficiale della Chiesa. Ratzinger era l’incarnazione del gioco (o forse, della preghiera) delle regole. Quando fu eletto, la gente sapeva cosa stava per succedere: molta ortodossia. Ormai, la sua eredità pontificia sta iniziando a definirsi, in parte anche dai suoi contributi all’ala tradizionalista conservatrice della Chiesa ― il più importante è stato il motu proprio del 2007 Sommorum Pontificum, con cui ha voluto dare legittimità alla Messa in latino come a quella in volgare.

Francesco ha dimostrato di essere molto diverso dal suo predecessore, il che è ancora più interessante dal fatto che Benedetto XVI è vivo e vegeto, e abita a pochissimi chilometri dall’attuale Pontefice. Coloro che sperano in una continuità senza interruzione tra Benedetto e Francesco — alimentati dalle notizie di incontri tra il Papa e il Papa emerito — finora sono rimasti fortemente delusi.

La seconda enciclica di Francesco — la prima era essenzialmente un progetto congiunto tra Benedetto e Francesco — ha mostrato la direzione che avrebbe preso il suo pontificato. La Laudato Si’ è stata scritta interamente da Francesco e si concentra su temi ambientali, consumismo e capitalismo, e altri temi simili. The Federalist ha organizzato un simposio al riguardo. Il verdetto? Bah!

Per essere onesti, la Chiesa cattolica è stata a lungo sostenitrice dell’”ambientalismo”, nel senso che dovremmo essere amministratori responsabili della terra. Ma le dichiarazioni di Francesco su ciò, sono più inquietanti di quelle del passato, a causa della strana specificità con cui ha denunciato alcune moderne tecnologie, come l’aria condizionata e le raccomandazioni politiche specialistiche che ha proposto per invertire il cambiamento climatico, come la riduzione delle emissioni di carbonio, rallentando lo sviluppo economico.

Cosa la Laudato Si’ ci insegna su papa Francesco

Nel complesso, Laudato Si’ ha semplicemente consolidato la tendenza che si era sviluppata dal 2013 quando Francesco ha iniziato il suo pontificato. In vari punti, ha osservato che i “guerrieri” della cultura conservatrice sono troppo “rigidi”. Ha detto che la Chiesa non può essere “ossessionata” dai problemi come l’aborto e il matrimonio gay. Si domanda perché i giovani partecipino alla Messa in latino, ma ciò lo ha classificato come “eccezione”, che è stato considerato un insulto dai partecipanti alla Messa in latino.  E la sua esortazione apostolica Evangelii Gaudium fu un notevole attacco al capitalismo di stampo americano — in alcuni dei suoi paragrafi —, usando persino l’espressione “trickle-down” in riferimento a un libero mercato che può, in ultima analisi, ferire i poveri.

Ma l’Evangelii Gaudium era più di un progetto per l’Amoris Laetitia di quanto non sembrasse all’epoca. Nella sua discussione sui problemi culturali che affronta la Chiesa, Francesco scrisse essenzialmente la tesi dell’Amoris Laetitia: «Inoltre, è necessario che riconosciamo che, se parte della nostra gente battezzata non sperimenta la propria appartenenza alla Chiesa, ciò si deve anche ad alcune strutture e ad un clima poco accoglienti in alcune delle nostre parrocchie e comunità, o a un atteggiamento burocratico per rispondere ai problemi, semplici o complessi, della vita dei nostri popoli. In molte parti c’è un predominio dell’aspetto amministrativo su quello pastorale, come pure una sacramentalizzazione senza altre forme di evangelizzazione».

L’Amoris Laetitia si inserisce nel cuore dell’«atteggiamento burocratico per rispondere ai problemi» attaccando la loro legittimità ed efficacia nei confronti di un approccio pastorale. I risultati sono documenti come quello scritto dall’arcivescovo Robert McElroy di San Diego, in cui sottolinea come le sue diocesi implementeranno l’Amoris Laetitia (suggerimento: vagamente).

I gesuiti hanno abbracciato il “decentramento dottrinale”

In effetti, quello che Francesco sta cercando di ottenere è un “decentramento dottrinale”, sostiene Douthat. In pratica, questo significa che la Gerarchia della Chiesa centrale giocherà un ruolo minore negli affari parrocchiali quotidiani, e pastori e vescovi useranno le vaghe direttive di Roma per attuare una politica che possa appagare i loro membri. La Verità potrebbe essere danneggiata — o forse no. Francesco confida che i vescovi non abuseranno del margine di manovra che sta loro concedendo. Agli occhi di Francesco, questa è una scommessa che vale la pena fare.

Tutto ciò risulta incomprensibile per i conservatori, cattolici e non. Ma in realtà è necessario rammentare sempre che papa Francesco è un gesuita, l’essere gesuita porta con sé certi principi che possono definire un intero atteggiamento mentale.

I gesuiti hanno il loro gergo, i loro principi e la loro filosofia. Quest’insieme di credenze non è in contrasto con l’insegnamento tradizionale della Chiesa, e spesso si incastra perfettamente con esso. Gli Esercizi di Sant’Ignazio, per esempio, sono un grande esercizio di riflessione.

Ma come ogni organizzazione, una costituzione così sviluppata plasma i suoi membri. Concetti come magis, cura personalis, “discernimento”, “uomini [e donne] per gli altri” e, naturalmente, “giustizia sociale”, intendono che l’Ordine è amichevole al decentramento dottrinale, arrivando persino a certi punti con sfumature di assurdità, per questo sono sensibili e vicini a pensieri pseudo-teologici come la teologia della liberazione. Da ciò la reputazione dei gesuiti di essere un ordine liberal.

L’eterodossia di Francesco non dovrebbe sorprendere

Prima di proseguire, vale la pena notare che la Compagnia di Gesù (i gesuiti) non sono il deus ex macchina del male della Chiesa, com’è stato raccontato nel corso dei secoli. Nonostante i loro difetti — e ce ne sono molti — l’ordine ha valorizzato l’educazione e continua a farlo. La sua enfasi su un approccio pastorale si bilancia bene con ordini come i domenicani e i benedettini, che tendono ad essere molto incentrati sulle regole. I gesuiti adottano anche un approccio più umano alla dottrina, che può sembrare rozzo e datato a persone che hanno lottato con la religione organizzata in generale o con il Cattolicesimo in particolare. Ciò che sembra ostentare le regole ai conservatori, può effettivamente “connettersi” con un numero di persone che si sentono escluse o emarginate dalla Chiesa. Sotto questo aspetto, i gesuiti sono un ordine indispensabile all’interno del gigantesco quadro che è il Cattolicesimo romano.

Ma quest’approccio spiega anche perché papa Francesco sembra così frustrante tanto spesso. Quando ha l’opportunità di chiarire la dottrina, “scalcia via” — cosa che ora fa evidentemente — perché l’approccio pastorale lo richiede. Francesco seguirà questa logica fino alla sua giusta conclusione.

Si è schierato contro l’intromissione burocratica a cui i leaders della Chiesa spesso si trovano a partecipare: tribunali di annullamento, il promemoria imbarazzanti per i divorziati-risposati di “vivere come fratello e sorella” e la negazione a questi della Comunione. Il logico risultato di questa “ripulita” non può che essere un approccio pastorale che apre i cancelli del Cattolicesimo, purché non superi le linee di confine. Così Francesco non può assolutamente ordinare che i divorziati-risposati possano ricevere la Comunione, ma può lasciarlo intuire in altri modi, attaccando la burocrazia che impedisce loro la Comunione.

Perciò l’eterodossia di Francesco non avrebbe dovuto sorprendere. È un gesuita “tinto di lana” che è diventato “maggiorenne” nell’epoca post-Vaticano II. La sua enfasi sull’approccio pastorale è la forza trainante del suo decentramento dottrinale. E mentre può essere ben intenzionato, quest’approccio è spesso mal eseguito, il che allontana in primo luogo coloro che sono inclini a non essere d’accordo. Il risultato è una battaglia di volontà all’interno della Chiesa che non ha risultati chiari.

Con Francesco, ora tutti sanno quanto i gesuiti siano frustranti.

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Per approfondire l’argomento, vi suggeriamo la lettura di un corposo studio di Cooperatores-Veritatis.org in tre parti (uno, due e tre) sull’ascesa e la caduta dei gesuiti, arricchito da un importante dossier.


PRO-MEMORIA da Panorama qui, prendiamo l’immagine seguente:

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10 pensieri riguardo “Perché un gesuita rimane gesuita anche da papa?

  1. Parlando dei gesuiti in generale e non di Bergoglio (ci vorrebbe un’enciclopedia…), la madre di tutte le domande è:

    Come mai questo mefitico Ordine non è ancora stato ABOLITO ??? (fatti salvi coloro che, entrativi in buona fede, se ne sono successivamente pentiti pur se poi non fuoriusciti per N motivi).
    D’accordo coi tempi biblici della Chiesa, ma qui si pecca d’accidia e d’abulia…

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  2. Ma in base alla regola istituita da S. Ignazio i gesuiti non potevano diventare papi; perché dovevano esser al servizio dei Papi.
    Dunque in questo caso Bergoglio è illegittimo sul trono di Pietro.

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    1. No, Vincenzo, non è propriamente così automatico. Tutti i Santi Fondatori mettevano nella propria Regola non tanto un “divieto” quanto un monito a non ricoprire cariche nella Gerarchia perché, soprattutto in certi tempi, esse venivano date soprattutto alla NOBILTA’ 😉 e non è raro riscontrare, tra la Gerarchia appunto, le famose lotte di potere… Questa Regola aveva perciò in sè – come solo sapevano ben vedere i Santi Fondatori – un monito affinchè i propri discepoli non cadessero nella tentazione del potere e dell’autorità, cioè che non fossero LORO a scegliersi “la carriera” (termine scorretto, ma è giusto per capirci) ecclesiastica…
      Anche san Francesco di Assisi aveva persino vietato che i suoi Frati diventassero sacerdoti e predicatori, l’eccezione che concesse a sant’Antonio di Padova è ben nota…. e da questa eccezione abbiamo avuto grandi e santi sacerdoti Francescani che ultimo troviamo san Padre Pio….
      Anche san Domenico non voleva che i suoi Frati guardassero alle cariche ecclesiastiche, ma possiamo fare una lunga lista di Vescovi e persino dei Papi di cui uno santo – san Pio V -…
      Tornando ai Gesuiti non dobbiamo dimenticare come, nella giovanissima Fondazione della Compagnia, ci troviamo davanti al grande gesuita Roberto Bellarmino che era cardinale…
      Per concludere, cerchiamo di ragionare: se Bergoglio dovesse essere papa illegittimo solo perché avrebbe disobbedito ad un ordine dato da sant’Ignazio, il Fondatore, non sarebbe ciò stonato ed ancor più disobbedente se un gesuita, IN OBBEDIENZA AL PAPA avesse rifiutato la carica a vescovo, DISOBBEDENDO ALLA RICHIESTA DI UN PONTEFICE? 😉 Sono pochi i Santi che rifiutarono certi incarichi, ricordiamo per esempio san Filippo Neri… ma la regola d’oro rimaneva l’obbedienza laddove la richiesta papale non poteva essere rifiutata.
      Dunque, si potrebbe piuttosto PENSARE come sant’Ignazio – che ben sapeva l’indole della Compagnia da lui fondata – avesse avuto IL TIMORE che un gesuita potesse giungere a ricoprire l’Ufficio papale…. e forse è proprio questo tremendo aspetto che lo spinse a chiedere ai suoi Figli di stare alla larga da questa PRETESA…. 😉

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  3. Vorrei fare alcune piccole considerazioni: la Compagnia di Gesù fu creata da un Capitano d’armi, non dimentichiamolo mai, in un momento storico difficile per la Chiesa in cui c’era l’avanzata protestante che stava minacciando seriamente l’autorità petrina e l’unità della Chiesa stessa.
    C’è una corrente interna alla Chiesa che, ragionevolmente afferma ancora oggi come certe fondazioni Dio le voglia per determinate azioni e compiti specifici, terminati i quali cesserebbe anche l’utilità di tale fondazione.
    Questa fu la corrente che vide benevolmente la chiusura della Compagnia nel 1773… e definì un danno la sua riabilitazione.
    C’è di vero che ci fu molta cospirazione contro la Compagnia che in quegli anni si batteva, piuttosto, contro l’Illuminismo, il Giansenismo, contro anche una certa esasperante autorità delle varie monarchie che rendevano i cittadini sempre più poveri e carenti dei più diritti fondamentali della sopravvivenza. Tuttavia è anche vero che il “Gesuita” alla fine operava per conto proprio e non propriamente con le intenzioni emanate dai Pontefici sulle questioni sociali.
    Non è un segreto ricordare come la Compagnia non andasse affatto d’accordo con gli altri Ordini quali Francescani, Domenicani e persino con il Clero locale tanto da aver richiesto, ai Pontefici, il privilegio di non sottostare all’autorità del vescovo diocesano, ma di poter agire liberamente solo “in obbedienza al Papa”, anche se di fatto finivano per concludere gli affari più confacenti alla loro propria missione. Insomma una Compagnia che era diventata una “chiesa nella Chiesa”.
    Questo particolare ci consente, oggi, di riflettere bene anche su certe affermazioni profetiche di mistici approvati dalla Chiesa, quando si parla di una “falsa, doppia chiesa…” Un gesuita diventato Pontefice potrebbe, e senza troppo forzare il pensiero, condurci a vedere questa tipica faccia del gesuitismo contemporaneo che è, però, una “chiesa nella Chiesa”.
    E così c’è anche di vero che, dopo la loro riabilitazione nel 1814, la Compagnia, divenne una sorta di FILTRO a favore del Modernismo nella Chiesa. Lo scrivono loro stessi con queste parole: “A gruppi o da soli tornano nelle terre da cui erano usciti 70 anni prima: riaprono chiese e scuole. Ripartono praticamente da zero. Il contesto europeo è decisamente cambiato. Anche la “nuova” Compagnia è diversa dalla precedente.” (dal sito ufficiale)
    Se andassimo, infatti, a studiare bene gli eventi e i fatti di tutta questa corrente già dalla fine dell’800, si potrà riscontrare che la “nuova” Compagnia è davvero diversa dalla precedente, non ha saputo più fare nulla di grande e di utile per la Chiesa tranne, forse, la rivista di Civiltà Cattolica che – nell’arco di quel tempo e prima della fondazione dell’Osservatore Romano – fu davvero l’unica Voce autorevole della Chiesa e per il Papa.
    Ma poi…. da loro sono state emanate direttive moderniste e conflitti con i Pontefici e tuttavia le promesse del Cristo al suo Fondatore, sant’Ignazio, non deluderanno. Questa è l’unica speranza che abbiamo.
    Auguro a tutti una ristoratrice pausa estiva all’insegna dell’Assunta al Cielo e della protezione dei grandi Santi dei quali, il mese di agosto, ci arricchisce di tante meditazioni.
    Atanasio

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    1. è vero Mino ma… si muore sperando anche sulla croce 😉 i Santi stessi ci insegnano che morivano sperando che ciò che avevano annunziato, predicato, vissuto ed anche profetato, si verificasse, se non con loro in vita, con loro in Cielo: GESU’ HA VINTO TUTTO… Questo tempo, questo pontificato è una parentesi nella vita della Chiesa, come tante altre parentesi che ci sono state nel corso della storia, facevano pensare che tutto era perduto…. ma è Cristo l’Alfa e l’Omega! Amen!

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  4. ultimamente c’è una tendenza a prendere le distanze da chi cerca di individuare l’origine dei mali della Chiesa, almeno di quelli che si sono moltiplicati negli ultimi sei anni. Si comporta come un gesuita, magari è in buona fede… Il cardinale Muller, nell’ultimo intervento, dichiara, a proposito del “documento di lavoro” del prossimo sinodo sull’Amazzonia:
    «È soltanto un documento di lavoro che non ha alcun valore magisteriale, quindi solo degli ignoranti possono dire che chi lo critica è un nemico del Papa. Purtroppo questo è il loro trucco per evitare qualsiasi dialogo critico, se provi a porre un’obiezione sei subito etichettato come nemico del Papa…».
    Visto che sono un ignorante, ricordo che i cosiddetti “documenti di lavoro” preparatori del Sinodo, dato quanto è successo negli ultimi due, diventano pari pari documenti ufficiali sottoposti, senza discussione, all’approvazione finale. Ma poi non è che un gruppo di amici si sono ritrovati attorno ad una pizza per discutere di varie amenità tropicali… sono eminenti cardinali che si sono riuniti sotto l’egida delle alte cariche del Vaticano. Inoltre il documento è composto in un linguaggio che sia nei termini sia nei contenuti è tipico di Bergoglio e del suo entourage. Ci sono espressioni come «L’apertura non sincera all’altro, così come un atteggiamento corporativo che riserva la salvezza esclusivamente al proprio credo, sono distruttivi di quello stesso credo. (…) L’amore vissuto in ogni religione piace a Dio…. » la cui origine e finalità sono facilmente riconducibili ad una sola persona. Quindi non ci stiamo a prendere in giro… C’è poi la responsabilità oggettiva da parte di chi non interviene, non condanna, non disapprova, non contraddice tutte le sporcizie che quotidianamente avvengono in questa chiesa e tale responsabilità oggettiva è ancora di più evidente perché agisce, al contrario, nei confronti di chi si mostra fedele alla Dottrina della Chiesa di SEMPRE.

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