Ci ascolti, Santità: Così non si custodisce la Tradizione, né si difende il (suo) Concilio…

Chissà se Papa Francesco si renderà mai conto che il suo motu proprio Traditionis Custodes è un clamoroso autogoal…

L’obiettivo di papa Francesco, col suo motu proprio Traditionis Custodes, è quello di rendere il Concilio Vaticano II — il suo spirito — intoccabile e incontestabile, ma è irraggiungibile. Primo perché non può essere nessun concilio il metro di giudizio per custodire la Tradizione. Secondo perché cancellando arbitrariamente ciò che per secoli è stato sacro, viene invece confermata l’accusa di rottura con la Tradizione. Insomma, questo motu proprio, che purtroppo sarà imposto dalla stragrande maggioranza dei vescovi, è un clamoroso autogoal.

Per questo sottoponiamo alla vostra attenzione una lettera che alcuni fedeli laici hanno inviato a papa Francesco, pubblicata sul quotidiano Il Foglio il 5 agosto, con cui gli viene rispettosamente fatto notare che, da quando lui governa, la Chiesa è diventata davvero «“ospedale da campo” zeppo di feriti, che ha urgente bisogno non tanto di discorsi sulla misericordia, ma di misericordia vera, reale, concreta. Di pace». Anche il progressista Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, nel suo ultimo libro, sostiene che la “Chiesa brucia”. «Ponga fine a questa guerra civile nella Chiesa, come un Padre che guarda al bene di tutti i suoi figli», è la supplica conclusiva della lettera che, anche se arrivasse a Santa Marta, non avrà mai risposta.

Per quanto riguarda una lettura più “tecnica” del motu proprio, proponiamo invece un breve articolo di Don Alfredo Morselli in cui si evidenzia che questo documento non abbia affatto applicato la collegialità episcopale voluta dai documenti conciliari.

In pratica, il primo a non applicare il Vaticano II è stato proprio Francesco con questo motu proprio, pur avendolo voluto per reprimere coloro che — secondo lui — rifiutano il (suo) Concilio. Contraddizioni tipiche dei gesuiti e dei “partigiani” dello spirito del Concilio…


Santità, la preghiamo: ponga fine a questa guerra nella Chiesa

Santo Padre,

l’ultimo libro di Andrea Riccardi, fondatore di sant’Egidio e voce nota del mondo progressista cattolico si intitola “La Chiesa brucia. Crisi e futuro del cristianesimo”.

Noi non abbiamo scritto alcun libro, non abbiamo condotto alcuna analisi particolareggiata, ma vediamo ogni giorno il fuoco lento che divora e distrugge la Chiesa cattolica in Italia e nel mondo.

Le dimissioni di Benedetto XVI, ormai 8 anni orsono, lasciarono molti nella desolazione ed altri nella speranza. Per qualche tempo si è parlato di “effetto Bergoglio”, alludendo ad una rinascita che purtroppo non c’è mai stata. Anzi! La “Chiesa in uscita” è rimasta uno slogan senza riscontri nella realtà. Al contrario, la città santa della Cristianità, in epoca di covid, ha sbarrato per prima le sue chiese, dando al mondo un segnale di totale diserzione.

Abbiamo assistito a cammini sinodali che sono sembrati vere e proprie guerre civili, con manovratori impegnati a garantire una democrazia in stile sovietico, e che hanno portato a documenti controversi e, praticamente, del tutto inutili. Le Chiese, i confessionali, persino le casse del Vaticano sono sempre più vuote: segno che il popolo di Dio non riconosce la voce dei pastori.

I cattolici cinesi, guidati dal cardinale Zen, vivono con sofferenza gli accordi del Vaticano con la dittatura comunista cinese; cardinali che sono stati per anni sulla breccia, al Suo fianco, come Becciu, sono finiti in scandali economici che non si vedevano dai tempi di Marcinkus; altri, come Caffarra, Burke, Sarah, Müller, Pell sono stati umiliati, silenziati e ignorati; altri ancora, a lei molto vicini, hanno impedito alla conferenza episcopale americana di andare a fondo sulla vicenda pedofilia…

Come se ciò non bastasse interi ordini religiosi di stampo conservatore sono stati commissariati ed hanno dovuto soffrire una persecuzione inimmaginabile persino nei tempi più bui della Santa Inquisizione; anche personalità di orientamento del tutto opposto, come Enzo Bianchi, sono state “misericordiate” dall’oggi al domani, con una durezza inaudita. Così vescovi, sacerdoti, religiosi… in tutto il paese.

La Chiesa è oggi un vero “ospedale da campo” zeppo di feriti, che ha urgente bisogno non tanto di discorsi sulla misericordia, ma di misericordia vera, reale, concreta. Di pace.

L’ultimo Suo provvedimento contro la cosiddetta messa in latino, ha ulteriormente gettato scompiglio e divisione, senza motivazione alcuna. Perché negare ciò che il Suo predecessore aveva concesso? Perché umiliare un piccolo gregge di fedeli, accusandoli tutti in modo sommario, senza appello, e come appare sempre più evidente, senza fondamento?

Così, dopo 8 anni la “chiesa brucia” come non mai: è divisa e lacerata, in Italia, in Cina, negli Usa, in Germania… come ai tempi di Lutero.

Anche noi laici – per quanto più liberi e non sottoposti all’arbitrio crescente nel mondo clericale – soffriamo questo clima divenuto pesante, quasi irrespirabile, questa scomparsa ormai totale di ogni sana pluralità. La Chiesa da Madre sembra sempre di più una matrigna, impone anatemi, scomuniche, commissariamenti, a getto continuo.

La preghiamo, dunque, umilmente: ponga fine a questa guerra civile nella Chiesa, come un Padre che guarda al bene di tutti i suoi figli, e non come il capo di una corrente clericale che sembra voler utilizzare la sua autorità monarchica, sino in fondo, spesso oltre i confini del diritto canonico, per realizzare una ideologica agenda personale.

Luigi Abeti, Tina Abbate, Francesco Agnoli,
Sabrina Caporali, Teresa Di Chio, Claudio Forti,
Silvia Frassinito, Giacomo Luigi Mancini, Simone Ortolani,
Riccardo Rodelli, Manuela Zanzottera, Giovanni Zenone


«Traditionis custodes»: accusa a Benedetto XVI e tradimento del Concilio

di Don Alfredo M. Morselli (05-08-2021)

“I custodi della tradizione sono i Vescovi, e quindi restituiamo loro la facoltà di decidere sulla S. Messa di San Pio V. Tuttavia in realtà ha già deciso tutto il Papa (Non si può più) – e ai Vescovi è lasciato un misero contagocce. Questa è la logica di “Traditionis custodes”.

A parte la plateale contraddizione mostrata, c’è un errore di fondo ecclesiologico, quasi che nella divisione della Sacra potestas tra Sommo Pontefice e Vescovi, ci sia una sorta di tira-molla, di coperta corta che Benedetto XVI avrebbe tirato dalla Sua parte. “Cari Vescovi, il Papa cattivone vi ha privato del diritto di fare quello che vi pare nelle vostre diocesi; adesso io vi restituisco il mal tolto!”

Qual è l’errore? L’errore sta nel fatto che la Sacra potestas, che è propria di Cristo (“Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra…” Mt 28,18), è partecipata al Sommo Pontefice personalmente e – insieme a lui e non senza di lui – al collegio episcopale; e ogni singolo Vescovo partecipa di questa potestas tanto quanto è cum Petro e sub Petro.
Per cui i singoli Vescovi sono effettivamente custodi della Tradizione tanto quanto sono in comunione col Papa.
Di conseguenza, i Vescovi hanno perso la potestà di custodire la Tradizione non perché gliela ha strappata Benedetto XVI, ma tanto quanto gli hanno fatto la fronda.
L’errore di «Traditionis custodes» purtroppo dà ragione a chi contesta – a torto – la collegialità episcopale, rettamente intesa; essa viene travisata come una ripartizione della Sacra Potestas in parte nel Papa e in parte nel Collegio episcopale, quando invece essa è tutta nel Papa e tutta nel Collegio, tanto quanto questo è cum Petro e sub Petro.
Durante la stesura di Lumen Gentium i Padri aggiunsero la «Nota esplicativa previa» proprio per dileguare le possibili cattive interpretazioni della Collegialità; cito il paragrafo 3) della suddetta nota:

“Il collegio, che non si dà senza il capo, è detto essere: «anche esso soggetto di suprema e piena potestà sulla Chiesa universale ». Ciò va necessariamente ammesso, per non porre in pericolo la pienezza della potestà del romano Pontefice. Infatti il collegio necessariamente e sempre si intende con il suo capo, “il quale nel collegio conserva integro l’ufficio di vicario di Cristo e pastore della Chiesa universale”. In altre parole: la distinzione non è tra il romano Pontefice e i vescovi presi insieme, ma tra il romano Pontefice separatamente e il romano Pontefice insieme con i vescovi. E siccome il romano Pontefice e il “capo” del collegio, può da solo fare alcuni atti che non competono in nessun modo ai vescovi, come convocare e dirigere il collegio, approvare le norme dell’azione, ecc. Cfr. Modo 81. Il sommo Pontefice, cui è affidata la cura di tutto il gregge di Cristo, giudica e determina, secondo le necessità della Chiesa che variano nel corso dei secoli, il modo col quale questa cura deve essere attuata, sia in modo personale, sia in modo collegiale. Il romano Pontefice nell’ordinare, promuovere, approvare l’esercizio collegiale, procede secondo la propria discrezione, avendo di mira il bene della Chiesa”.

Ancora una volta coloro che, falsamente e con coda di paglia, si fanno paladini del Concilio, ne sono i peggiori traditori.

fonte: dogmatv.it)

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