13/03/2013-2023: Paghiamo per i nostri peccati!

Abbiamo voluto, di proposito, prendere fiato dalle tante “cronicas” in rete per il 10° anniversario dell’elezione di papa Francesco. Confessiamo subito che non abbiamo nulla da “festeggiare”, ma molto per cui pregare… perché, questo, è un “pontificato disastroso“, secondo il famoso memorandum del cardinale George Pell, vedi qui.

Ma abbiamo il dovere di ricordare questo anniversario per due motivi: il primo lo abbiamo scritto in sostanza nel titolo “paghiamo per i nostri peccati” – in che senso? – nel senso che se la maggior parte di noi che ci riteniamo cattolici, compreso il Clero, gli stessi Vescovi e Cardinali, avessimo messo in pratica il magistero di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI sulle questioni etiche, morali, dottrinali e disciplinari, forse oggi non ci ritroveremmo con un papa che abbiamo meritato… Secondo motivo è per noi FATIMA! Sì, Fatima è il nostro traguardo, non dobbiamo perdere la speranza, anzi dobbiamo rammentare sempre che Dio trae il bene anche da un male. Anche nel castigo, Dio ci fa del bene, perché ci chiama alla purificazione dei nostri peccati e anche di quelli altrui.

Ricordando l’episodio della “tempesta sedata” (Mt.8,23-27; Mc.4,35-41 e Lc.8,22-25) vediamo questa Barca sballottata da ogni parte ed è come se stesse per affondare, ma non affonderà è questo il bello e il vantaggio di questa “partita”: Dio sta permettendo tutto ciò e per noi è spesso una tentazione di mollare la “buona battaglia”, arrendersi oppure – Dio non voglia – alimentare odi e veleni, delegittimare i pastori e crearci noi una bella barca sulla quale pensare di poter viaggiare più sicuri… Fatima invece ci aiuta proprio in questo, ci incoraggia a rimanere su questa ed unica Barca in cui sappiamo con certezza che il Signore c’è, anche se forse sta dormendo, ma alla fine si desterà e placherà i venti contrari ma ci chiederà anche: «Perché avete paura, uomini di poca fede?»

«Iddio alcuni papi li vuole direttamente. Altri li permette, altri li tollera»

San Vincenzo Pallotti

Esattamente dieci anni fa il cardinale Jorge Mario Bergoglio veniva eletto dai confratelli 266° Successore di Pietro, scegliendo, per la prima volta nella storia, il nome di Francesco. Un vecchio adagio dice: “Il buon giorno si vede dal mattino”. Fu dunque evidente già da come il nuovo Papa si presentò alla città e al mondo (urbi et orbi) che stava per cominciare un periodo di meritato castigo e per tutte le Membra della Chiesa, quanto per l’umanità che da dieci anni, appunto, non ha più un Pastore dedito alla salvezza delle anime, ma dedito più agli interessi terreni.

Questo sito nacque un anno dopo proprio per raccontare le cronache di un pontificato disastroso, che di anno in anno, non ha fatto altro che far precipitare in un pozzo senza fondo la cristianità o meglio la cattolicità.

Abbiamo un legittimo Papa che non fa il Papa — ossia non conferma i fratelli nella fede e non custodisce il Deposito della Fede —, ma che fa del Papato uno strumento per imporre la propria volontà rivoluzionaria. Il suo sogno, parole sue, è una “nuova Chiesa moderna“…

Abbiamo un legittimo Papa che non serve la Chiesa ma che si serve della Chiesa per avviare un processo di cambiamento secondo il suo ideale — di sinistra — di un mondo terreno perfetto, con un generico “unico Dio” che vada bene per tutti. Basti pensare alle nuove strane “benedizioni” di questo “nuovo” papato: vedi qui.

«Papa Francesco ha fretta di imporre la sua visione del mondo», nota correttamente il vaticanista Andrea Gagliarducci. Mentre «la sua attività di governo si fa sempre più inarrestabile», egli «costruisce la narrazione su se stesso, cercando di accantonare alcune critiche», poiché «è arrivato a un punto del suo pontificato in cui sente di poter tenere tutto sotto controllo. Dunque, il tempo della prudenza è finita, ed è cominciata quello dell’azione».

Papa Francesco, però, è bene ribadirlo, non è la causa della crisi nella Chiesa, ma il suo sintomo più evidente e “non cade dal pero” come amiamo ricordare spesso.

Negli anni ’60 del XX secolo, al Concilio Vaticano II, i progressisti (o neomodernisti) riuscirono ad imporre la propria teologia (nouvelle theologie) a tutta la Chiesa. I papi semi-conciliari (Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI) hanno cercato di arginare i danni, di cui erano comunque in parte responsabili non perchè abbiano predicato o dogmatizzato l’errore o l’eresia, ma per non aver condannato certi errori attraverso i quali oggi si governa la Chiesa.

Il primo vero papa conciliare è Francesco, perché con lui finisce il periodo di transizione, di assestamento — dell’ermeneutica della riforma nella continuità — dei suoi predecessori, è iniziata l’era non dell’ermeneutica, ma dello spirito conciliare della rottura e della discontinuità, quello spirito denunciato ma mai condannato sia da Giovanni Paolo II quanto da Benedetto XVI nel famoso Discorso natalizio alla Curia del 22.12.2005 laddove disse espressamente:

  • “L’ermeneutica della discontinuità rischia di finire in una rottura tra Chiesa preconciliare e Chiesa postconciliare. Essa asserisce che i testi del Concilio come tali non sarebbero ancora la vera espressione dello spirito del Concilio. Sarebbero il risultato di compromessi nei quali, per raggiungere l’unanimità, si è dovuto ancora trascinarsi dietro e riconfermare molte cose vecchie ormai inutili. Non in questi compromessi, però, si rivelerebbe il vero spirito del Concilio, ma invece negli slanci verso il nuovo che sono sottesi ai testi: solo essi rappresenterebbero il vero spirito del Concilio, e partendo da essi e in conformità con essi bisognerebbe andare avanti. Proprio perché i testi rispecchierebbero solo in modo imperfetto il vero spirito del Concilio e la sua novità, sarebbe necessario andare coraggiosamente al di là dei testi, facendo spazio alla novità nella quale si esprimerebbe l’intenzione più profonda, sebbene ancora indistinta, del Concilio.
    In una parola: occorrerebbe seguire non i testi del Concilio, ma il suo spirito. In tal modo, ovviamente, rimane un vasto margine per la domanda su come allora si definisca questo spirito e, di conseguenza, si concede spazio ad ogni estrosità. Con ciò, però, si fraintende in radice la natura di un Concilio come tale.
    In questo modo, esso viene considerato come una specie di Costituente, che elimina una costituzione vecchia e ne crea una nuova. Ma la Costituente ha bisogno di un mandante e poi di una conferma da parte del mandante, cioè del popolo al quale la costituzione deve servire.
    I Padri non avevano un tale mandato e nessuno lo aveva mai dato loro; nessuno, del resto, poteva darlo, perché la costituzione essenziale della Chiesa viene dal Signore e ci è stata data affinché noi possiamo raggiungere la vita eterna e, partendo da questa prospettiva, siamo in grado di illuminare anche la vita nel tempo e il tempo stesso.”

E invece, per l’attuale Vescovo di Roma, il Vaticano II non è un magistero da insegnare e da imparare, ma uno spirito da vivere… eliminando ciò che si reputa “vecchiume”, vedi qui.

La Chiesa è un popolo in cammino nella storia (teologia del popolo), così sinodalità e sinodo diventano un tutt’uno.

Francesco non vuole — sa che non può — proclamare l’eresia, ma vuole che la Chiesa non sia più cattolica nella prassi. La Chiesa dovrà diventare sinodale senza rendersene conto. Dimenticherà di essere stata cattolica. Poi dimenticherà di aver dimenticato. Si legga anche qui: Elenco (parziale) degli errori di Papa Francesco in questi dieci anni funesti di pontificato, da MIL; ed anche qui: dal Sismografo “Dieci anni del pontificato di Francesco e dieci anni di narrazione bergogliana“.

«Proprio perché intende la dottrina dentro la pastorale, Francesco è stato intollerante con i dogmatici, i dottrinari, i rigidi e aperto con gli avventurieri, i novatori, gli insofferenti. Per questo stesso motivo, il suo è stato un pontificato anti-metafisico», ha spiegato Stefano Fontana. «Tutti questi elementi sono confluiti poi nella prospettiva della sinodalità, che rappresenta forse la cifra più espressiva del decennio ormai concluso».

Perché Dio sta permettendo tutto questo? Perché dobbiamo pagare per i nostri peccati.

Tutti i papi del ‘900 hanno disobbedito al Cielo, ignorando le richieste della Madonna fatte nel 1917 a Fatima. E i cattolici sono rimasti a guardare, anzi facendosi complici, mentre la Russia spargeva i suoi errori nel mondo. Alla SS.ma Vergine, Dio ha affidato la Chiesa, perciò anche il Papato. Non a caso, l’unico merito di papa Francesco è l’aver consacrato la Russia al Cuore Immacolato di Maria. Il grande castigo non è lontano, dunque neppure il Trionfo del Cuore Immacolato di Maria che lo seguirà.

Concludiamo questo Anniversario — senza festeggiamenti — con le parole di sant’Agostino, il Discorso 330 dedicato al Natale dei Martiri, come augurio ed auspicio affinché, Papa Francesco, possa alla fine “confermarci in quella Fede” che a Pietro costò la vita, dopo il rinnegamento. Ecco come lo spiega il Santo Padre della Chiesa:

Il timore di Pietro per la futura passione di Cristo. Cosa sia il rinnegamento di sé.

  1. L’apostolo Pietro non poteva ancora capirlo quando al Signore nostro Gesù Cristo, che preannunziava la sua futura passione, disse: Dio te ne scampi, Signore, questo non avverrà. Temeva la morte della Vita.
    Durante la lettura del santo Vangelo avete adesso ascoltato che cosa il beato Pietro abbia risposto al Salvatore che preannunciava la sua passione per nostro amore, e che in certo modo prometteva. Lo schiavo faceva opposizione al Redentore.
    Che fai, Apostolo? com’è che ti opponi? Come puoi dire: Questo non avverrà? Non subirà allora la passione il Signore? La parola della croce ti è di scandalo: è stoltezza per coloro che si perdono. Ti si vuole riscattare e tu fai opposizione a colui che ti acquista? Lascia che vada alla passione: egli sa cosa fare, sa perché è venuto, sa come cercarti, sa come trovarti. Non stare a far scuola al tuo Maestro; procurati dal suo costato il tuo prezzo. Piuttosto, sii tu ad ascoltare chi ti corregge, non esser tu a voler correggere; è perversità invertire l’ordine di precedenza.
    Ascolta quello che dice: Lungi da me. Lo dico perché è stato lui a dirlo; senza offendere l’Apostolo, non tacerò la parola del Signore.

    Cristo Signore disse: Lungi da me, satana. Perché satana? Perché mi vuoi passare avanti. Non vuoi essere satana? Cammina dietro di me. Se vai dietro di me, mi seguirai infatti; se mi segui, prenderai la tua croce, non mi sarai consigliere ma discepolo. Perché dunque ti sei spaventato quando il Signore ha dato l’annunzio della sua morte? Il tuo spavento non ebbe altra causa che il timore di morire anche tu. Per il timore della morte non hai rinnegato te stesso; per un perverso amore di te, hai rinnegato lui stesso.
    Ma più tardi il beato apostolo Pietro, dopo aver rinnegato tre volte il Signore, con il pianto lavò quella colpa: alla risurrezione del Signore, confermato e maturato nella fede, morì per colui che aveva rinnegato per timore della morte; confessandolo, trovò la morte, ma, appunto attraverso la morte, riuscì a far sua la vita.
    Ed ecco: Pietro non muore più; è scomparso ogni timore, non si è ripetuto, in seguito, il pianto, tutto è passato, è sempre beato con Cristo. Tenne sotto i piedi ogni attrattiva del mondo esterno, le minacce, come pure i terrori: rinunziò a se stesso, prese la sua croce e seguì il Signore.”

Ad maiorem Dei gloriam, santo Padre Francesco.


Ricorda che:

«Dobbiamo amare un bene perfetto, integro e senza compromessi, perché infinitamente perfetto è Colui che ci sorregge con il suo amore e la sua potenza. In Lui e solo in Lui dobbiamo riporre ogni speranza. Ecco, la virtù della speranza è quella che dobbiamo coltivare di più, perché ci rende forti e perseveranti nella battaglia che combattiamo» Roberto de Mattei

Un pensiero riguardo “13/03/2013-2023: Paghiamo per i nostri peccati!

Lascia un commento