E’ su tutti i notiziari, il cardinale Reinhard Marx ha consegnato (avrebbe, perchè al momento sembra più una lamentela che un atto vero e proprio) le proprie dimissioni a Papa Francesco, con una Lettera “aperta” e resa pubblica imponendo però, a tutti noi, la seria domanda se le abbia consegnate davvero al Papa e se – le sue parole – non siano più un messaggio cifrato, un monito, una sorta di ennesimo ricatto a Roma, piuttosto che un bel auspicato prepensionamento volontario…
La chiesa cattolica è arrivata “a un punto morto”, si legge nel comunicato, in cui Marx parla di “fallimento” nel contrasto alla “catastrofe degli abusi sessuali” degli ultimi decenni.
“Due sono gli elementi che non si possono perdere di vista: errori personali e fallimento istituzionale che richiedono cambiamenti e una riforma della Chiesa” scrive il cardinale.
Questo il testo della lettera del cardinale Marx:
Santo Padre,
indubbiamente la Chiesa in Germania sta attraversando dei momenti di crisi. Certamente vi sono molti motivi – anche oltre la Germania in tutto il mondo – che qui non ritengo dover elencare dettagliatamente. Tuttavia, la crisi viene causata anche dal nostro personale fallimento, per colpa nostra. Questo mi appare sempre più nitidamente rivolgendo lo sguardo sulla Chiesa cattolica in generale e ciò non soltanto oggi, ma anche in riferimento ai decenni passati. Mi pare – e questa è la mia impressione – di essere giunti ad un “punto morto” che, però, potrebbe diventare anche un punto di svolta secondo la mia speranza pasquale. La “fede pasquale” vale anche per noi vescovi nella nostra cura pastorale: Chi vuole vincere la sua vita, la perderà; chi la perderà, la vincerà!
Sin dallo scorso anno sto riflettendo sul suo significato per me personalmente e – incoraggiato dal periodo pasquale – sono giunto alla conclusione di pregarLa di accettare la mia rinuncia all’ufficio di arcivescovo di Monaco e Frisinga. Sostanzialmente per me si tratta di assumersi la corresponsabilità relativa alla catastrofe dell’abuso sessuale perpetrato dai rappresentanti della Chiesa negli ultimi decenni. Le indagini e le perizie degli ultimi dieci anni mi dimostrano costantemente che ci sono sati sia dei fallimenti a livello personale che errori amministrativi, ma anche un fallimento istituzionale e “sistematico”. Le polemiche e discussioni più recenti hanno dimostrato che alcuni rappresentanti della Chiesa non vogliono accettare questa corresponsabilità e pertanto anche la co-colpa dell’Istituzione. Di conseguenza rifiutano qualsiasi tipo di riforma e innovazione per quanto riguarda la crisi legata all’abuso sessuale.
Io la vedo decisamente in modo diverso. Due sono gli elementi che non si possono perdere di vista: errori personali e fallimento istituzionale che richiedono cambiamenti e una riforma della Chiesa. Un punto di svolta per uscire da questa crisi può essere, secondo me, unicamente quella della “via sinodale”, una via che davvero permette il “discernimento degli spiriti”, così come Lei ha sempre sottolineato e scritto nella Sua lettera alla Chiesa in Germania.
Sono un prete da quarantadue anni e vescovo da quasi venticinque anni, venti dei quali sono stato Ordinario di una grande diocesi. Avverto con dolore quanto sia scemata la stima nei confronti dei vescovi nella percezione ecclesiastica e secolare, anzi, probabilmente essa ha raggiunto il suo punto più basso. Per assumersi della responsabilità, secondo il mio punto di vista, non è sufficiente reagire soltanto nel momento in cui si riesce ad individuare, sulla base degli atti, chi sono i singoli responsabili e quali i loro errori ed omissioni. Si tratta, invece, di chiarire che noi in quanto vescovi vediamo la Chiesa come un suo insieme. Inoltre non è possibile relegare le rimostranze semplicemente al passato e ai funzionari di allora e in tal modo “seppellirle”. Personalmente avverto la mia colpa e la corresponsabilità anche attraverso il silenzio, le omissioni e al troppo peso dato al prestigio dell’Istituzione. Soltanto dopo il 2002 e, successivamente, in modo più intenso dal 2010 sono emersi i responsabili degli abusi sessuali. Tuttavia, questo cambiamento di prospettiva non è ancora giunto al suo compimento. La trascuratezza e il disinteresse per le vittime è stata certamente la nostra più grande colpa in passato.
A seguito del progetto scientifico (studio MHG) sull’abuso sessuale sui minori commissionato dalla Conferenza Episcopale Tedesca nel duomo di Monaco ho affermato che abbiamo fallito, ma chi è questo “noi”? Certamente vi faccio parte anch’io. E questo significa che devo trarre delle conseguenze personali. Questo mi è sempre più chiaro. Credo che una possibilità per esprimere la mia disponibilità ad assumermi delle responsabilità sia quella delle mie dimissioni. In tal modo probabilmente potrò porre un segnale personale per nuovi inizi, per una nuova ripartenza della Chiesa e non soltanto in Germania. Voglio dimostrare che non è l’incarico ad essere in primo piano, ma la missione del Vangelo. Anche questo fa parte della cura pastorale.
Pertanto, La prego vivamente di accettare le mie dimissioni. Continuerò con piacere ad essere prete e vescovo di questa Chiesa e continuerò ad impegnarmi a livello pastorale sempre e comunque Io riterrà sensato ed opportuno. Vorrei dedicare gli anni futuri del mio servizio in maniera più intensa alla cura pastorale e impegnarmi per un rinnovamento spirituale della Chiesa, così come Lei instancabilmente ammonisce.
Fin qui la Lettera del cardinale che, ovviamente, lascia perplessi essendo – queste dimissioni – motivate esclusivamente per la questione morale del Clero in Germania coinvolto negli abusi e gli scandali di stampo pedofilo… e per tutto il resto? Per lo scandalo del 10 maggio scorso sul favorire i rapporti omosessuali? Per lo scandalo della decima imposta ai cattolici tedeschi per ricevere i Sacramenti? Per tutte le altre derive dottrinali, nulla da eccepire??
Viene a mente una riflessione imponente e davvero profetica del grande domenicano Padre Calmel il quale, nella “breve apologetica della Chiesa di sempre”, tra il 1970 e 1971, ammoniva:
- “… ciò che c’è di assurdo e di criminale nella collegialità è che questa organizzazione di tipo democratico, massonico e rousseauiano ci sta “papificando” i Vescovi. Noi abbiamo dei Vescovi personalmente impotenti, ma collegialmente in via di “papificazione”..”
E dunque saranno accolte queste dimissioni? Come le prenderà il Papa? Non lo sappiamo, c’è da attendersi di tutto. E’ probabile che il Papa non risponderà e che non le accoglierà, farà finta di nulla come ha finto di per nulla grave la presa di posizione omosessualista di parte del clero tedesco pro-LGBT…. del resto se “alla pari” questi Vescovi (e cardinali) vogliono farsi trattare, alla pari Bergoglio li tratta ma ricordando loro che il capo è sempre lui… Ci piace chiudere queste riflessioni con la punta saggiamente satirica di “mons. Eleuterio Favella” che così riporta sul suo FB:
- NOSTRE INFORMAZIONI – La S. Congregazione dei Vescovi ed Irregolari, con nota appena diramata dalla Sala Stampa della S. Sede, rende noto che il S. Padre, con il Rescritto “Populorum opium” ha – subito dopo pranzo – respinto le dimissioni presentate da S.Em rev.ma il sig. Card. Rheinard Karl Marx dal governo pastorale della arcidiocesi di Monaco e Frisinga, lodandone l’intemerata condotta di zelante pastore, indefesso difensore della dottrina cattolica, inflessibile tutore dell’ecclesiastica disciplina ed esemplare monito vivente all’episcopato del perenne attaccamento alla Sede petrina.

… che un Marx possa consegnare le proprie dimissioni è di grande auspicio… ma colui che le dovrebbe confermare per tutelare il popolo “non c’è“… e se, essendoci, le accettasse sarebbe come a dire: “troppa grazia santantonio“!!! Comunque sia ai miracoli, noi, ci crediamo….
AGGIORNAMENTO: interessante l’intervista al cardinale Muller qui, proprio sulla vicenda:
da LaNuovaBussola: «Le dimissioni del cardinal Reinhard Marx mostrano il fallimento del cammino sinodale affrontato per via politica. Ma ora il Papa ha il dovere di fare di più per l’unità della Chiesa universale». Nel giorno delle clamorose dimissioni dell’arcivescovo di Monaco, annunciate a seguito dello scandalo degli abusi in Germania, il cardinale Gerhard L. Müller sceglie la trasmissione I Venerdì della Bussola (guarda QUI l’intervista integrale) per commentare la situazione della Chiesa in Germania, tra venti di scisma e queste dimissioni che aprono uno squarcio nella Chiesa.
Intervistato dal direttore Riccardo Cascioli il prefetto emerito della Congregazione per la Dottrina della fede ha parlato del caso Germania, della sua Germania e di come la decisione di Marx a causa dello scandalo sugli abusi non c’entri col cammino sinodale.
«Queste dimissioni e il cammino, cosiddetto sinodale, sono due cose diverse. Non si possono confondere questi due punti, però allo stesso tempo anche questo “cammino” è fallito perché come si è visto sta andando in una direzione che non ha nulla a che vedere con la Chiesa, con i suoi fondamenti, con la Bibbia e la tradizione apostolica», ha detto Muller riferendosi allo strappo del 10 maggio scorso quando si sono svolte in molte diocesi tedesche le benedizioni delle coppie gay che hanno sancito l’apice di uno scisma iniziato con un cammino sinodale molto ambiguo nelle tesi.
«Però Marx (in foto) – a detta di Müller– è responsabile di questo fallimento sinodale, mentre ora addossa la colpa a un generico fallimento della Chiesa (“la Chiesa è a un punto morto” le sue parole ndr.). Ma questo è inaccettabile: vuole addossare al Papa, che è suo amico, il compito di risolvere i problemi che lui stesso ha cavalcato e non mi pare molto giusto». Ciononostante «la Chiesa è un’istituzione divina, non può fallire, mentre possono fallire gli uomini. Anche Giuda ha fallito, anche gli apostoli sul Golgota hanno fallito, pertanto non si può parlare di un fallimento della Chiesa che è per sua natura infallibile».
Ma dove avrebbero sbagliato i vescovi tedeschi, allora? «Il grande sbaglio – ha proseguito Müller ai microfoni della Bussola – è stato quello di confondere la Chiesa come un’istituzione politica, ma i vescovi sono i successori degli Apostoli» mentre sugli abusi sessuali il porporato ha ricordato che «tanti preti non sono stati fedeli al sesto comandamento, ma non è colpa di Dio, non si deve cambiare la sua legge e la sua Parola. Bisogna invece dire con forza che sono colpevoli quelli che agiscono contro i dieci comandamenti».
Nel corso dell’intervista, l’ex prefetto della CDF ha detto che la crisi della Chiesa in Germania è legata anche alla vicinanza dei protestanti luterani che «per noi non possono essere un esempio dato che hanno una situazione peggiore della nostra, con il sacerdozio femminile e il clero sposato, oltre a non rispettare l’indissolubilità del matrimonio. Queste sono state riflessioni politiche che sono state spacciate come il futuro della Chiesa».
Alla domanda di Cascioli se il comportamento tedesco si configuri come uno scisma, Müller è lapidario: «Questi vescovi non vogliono fare uno scisma, ma si vogliono ergere loro stessi a guida della Chiesa, pensano di essere un’avanguardia, di essere il futuro, ma come ha giustamente detto Sant’Ireneo di Lione nel secondo secolo contro gli gnostici “la fede cristiana è la stessa in tutto il mondo”». Per questo non può esistere una Chiesa tedesca, una Chiesa espressione di una nazione: «Si tratta di un’espressione erronea, esistono le chiese locali che prendono il nome di diocesi, ma abbiamo tutti un solo Spirito. Non può esistere un nazionalismo nella Chiesa. In Germania ci sono ancora tanti cattolici che vogliono essere cattolici, ma risentono di tanti vescovi e funzionari che pensano sotto l’influenza del protestantesimo e impongono una visione ideologica della Chiesa».
A contribuire a questa visione ideologica è anche la stampa che influenza la Chiesa sotto l’influsso di «milionari anti-cattolici che impongono un’agenda omosessualista e femminista che mina l’antropologia naturale strumentalizzando persone con problemi e ferite». Da qui un forte appello al Papa: «Roma ha una grandissima responsabilità di mantenere l’unità della Chiesa universale che è affidata al successore di Pietro per questo deve fare di più per l’unità della fede. Questo è il tema che dovrebbe essere preferito dal Papa, clima e migranti sono senza dubbio tematiche importanti, ma sono secondari rispetto al bisogno di unità nella fede che serve alla Chiesa oggi. Per questo il Papa deve essere il primo testimone nella missione primaria di predicare il Vangelo anche ammonendo i politici che sostengono l’aborto».
Questo slancio è necessario anche nei rapporti col mondo. A proposito della Chiesa al tempo della pandemia, Müller ha affermato che «è stato uno sbaglio obbedire allo Stato e farsi dettare la linea sui Sacramenti e l’Eucarestia. È la Chiesa ad avere la responsabilità esclusiva sulla liturgia, lo Stato non ha alcun potere per proibire la celebrazione della Santa Messa. Certo, si può collaborare con i governi per questioni legate alla sicurezza, ma non si possono accettare limitazioni della libertà religiosa come è accaduto nel corso della pandemia in moltissimi Paesi trasformando la Chiesa in un’istituzione sotto l’autorità dello Stato. Un’autorità che si è fatta autoritarismo».
AGGIORNAMENTO, IL PAPA NON ACCETTA LE DIMISSIONI…. sarebbe stata “troppa grazia santantonio”, non ci eravamo fatti illusione…..
LETTERA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AL CARDINALE REINHARD MARX,
ARCIVESCOVO DI MONACO UND FREISING
Santa Marta, 10 giugno 2021
Caro fratello,
Innanzitutto grazie per il tuo coraggio. È un coraggio cristiano che non teme la croce, non teme di essere travolto dalla tremenda realtà del peccato. Così ha fatto il Signore (Fil 2,5-8). È una grazia che il Signore ti ha fatto e vedo che vuoi assumerla e custodirla perché porti frutto. Grazie.
Mi dici che stai attraversando un momento di crisi, e non solo tu, ma anche la Chiesa in Germania lo sta vivendo. Tutta la Chiesa è in crisi per il problema degli abusi; Inoltre, la Chiesa oggi non può fare un passo avanti senza farsi carico di questa crisi. La politica dello struzzo non porta a nulla, e la crisi va assunta dalla nostra fede pasquale. I sociologismi, gli psicologismi, sono inutili. Assumere la crisi, personale e comunitaria, è l’unica strada fruttuosa perché una crisi non esce da sola ma nella comunità e bisogna anche tenere presente che una crisi esce meglio o peggio, ma mai uguale [1] .
Mi dici che dall’anno scorso stai riflettendo: sei partito, cercando la volontà di Dio con la decisione di accettarla, qualunque essa fosse.
Sono d’accordo con lei nel definire la triste storia degli abusi sessuali e il modo in cui la Chiesa li ha affrontati una catastrofe fino a poco tempo fa. Realizzare questa ipocrisia nel modo di vivere la fede è una grazia, è un primo passo che dobbiamo fare. Dobbiamo assumerci la responsabilità della storia, sia personalmente che come comunità. Non puoi rimanere indifferente a questo crimine. Assumerlo significa mettersi in crisi.
Non tutti vogliono accettare questa realtà, ma è l’unico modo, perché prendere “propositi” che cambiano la vita senza “mettere la carne alla brace” non porta da nessuna parte. Le realtà personali, sociali e storiche sono concrete e non vanno assunte con le idee; perché le idee si discutono (ed è bene che lo siano) ma la realtà va sempre ipotizzata e discernita. È vero che le situazioni storiche vanno interpretate con l’ermeneutica del tempo in cui sono accadute, ma ciò non esime dal farsi carico e assumerle come la storia del «peccato che ci assale». Quindi, secondo me, ogni Vescovo della Chiesa deve assumerlo e chiedersi cosa devo fare di fronte a questa catastrofe?
Abbiamo fatto il “mea culpa” di fronte a tanti errori storici del passato più di una volta in molte situazioni, anche se non abbiamo partecipato personalmente a quella situazione storica. E questo stesso atteggiamento è quello che ci viene chiesto oggi. Ci viene chiesto di riformare , che – in questo caso – non consiste in parole ma in atteggiamenti che hanno il coraggio di mettersi in crisi, di assumere la realtà qualunque ne sia la conseguenza. E ogni riforma comincia da sola. La riforma nella Chiesa è stata fatta da uomini e donne che non hanno avuto paura di entrare in crisi e di lasciarsi riformare dal Signore. È l’unico modo, altrimenti non saremo altro che “ideologi riformatori” che non mettono in gioco la propria carne.
Il Signore non ha mai accettato di fare “la riforma” (consentitemi l’espressione) né con il progetto fariseo né con il sadduceo né con lo zelota né con l’esseno. Anzi, lo ha fatto con la sua vita, con la sua storia, con la sua carne in croce. Ed è questa la strada, quella che tu stesso, caro fratello, prendi quando presenti le tue dimissioni.
Dici bene nella tua lettera che seppellire il passato non ci porta a nulla. I silenzi, le omissioni, il dare troppo peso al prestigio delle Istituzioni portano solo al fallimento personale e storico, e ci portano a convivere con il peso di “avere scheletri nell’armadio”, come si suol dire.
È urgente “aerare” questa realtà degli abusi e di come la Chiesa ha proceduto, e lasciare che lo Spirito ci guidi nel deserto della desolazione, alla croce e alla risurrezione. È la via dello Spirito che dobbiamo seguire, e il punto di partenza è l’umile confessione: abbiamo sbagliato, abbiamo peccato. I sondaggi e il potere delle istituzioni non ci salveranno. Il prestigio della nostra Chiesa che tende a nascondere i suoi peccati non ci salverà; Né il potere del denaro né l’opinione dei media ci salveranno (tanto spesso ne dipendiamo troppo). Ci salverà aprire la porta all’Unico che può farlo e confessare la nostra nudità: “Ho peccato”, “abbiamo peccato”… e piangere, e balbettare come possiamo che “vai via da me che Sono un peccatore”, eredità che il primo Papa i Papi e i Vescovi della Chiesa. E allora sentiremo quella vergogna risanatrice che apre le porte alla compassione e alla tenerezza del Signore che ci è sempre vicino. Come Chiesa dobbiamo chiedere la grazia della vergogna, e che il Signore ci salvi dall’essere la prostituta spudorata di Ezechiele 16.
Mi piace come finisci la lettera: “Continuerò con piacere ad essere sacerdote e vescovo di questa Chiesa e continuerò ad impegnarmi a livello pastorale finché lo manterrò sensato e tempestivo. Vorrei dedicare in modo più intenso i futuri anni del mio servizio alla cura pastorale e ad adoperarmi per un rinnovamento spirituale della Chiesa, come chiedete instancabilmente”
E questa è la mia risposta, caro fratello. Continua come ti proponi ma come arcivescovo di Munchen und Freising. E se sei tentato di pensare che, confermando la tua missione e non accettando la tua rinuncia, questo Vescovo di Roma (tuo fratello che ti ama) non ti comprende, pensa a ciò che ha provato Pietro davanti al Signore quando, a suo modo , ha presentato la rassegnazione: “allontanatevi da me, sono un peccatore”, e ascoltate la risposta: “pascere le mie pecorelle”.
Con affetto fraterno.
FRANCESCO
[1] C’è il pericolo di non accettare la crisi e di rifugiarsi nei conflitti, atteggiamento che finisce per soffocare e impedire ogni possibile trasformazione. Perché la crisi ha un seme di speranza, il conflitto – al contrario – di disperazione; la crisi coinvolge… il conflitto – invece – ci avvince e provoca l’atteggiamento asettico di Pilato: «Io sono innocente di questo sangue. Sono affari tuoi» (Mt 27, 24)… quanto male ci ha fatto e ci sta facendo.
Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede , 10 giugno 2021
Ognuno vedde il mondo soltanto per quello che è. I gintazzi nutuli.. pi chiddu chi su. Larii iddi e vonnu ca lautri su comu a iddi
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