La “torta” avvelenata: la marcia gay studiata a tavolino
L’operazione del docufilm “Francesco” non nasce a caso. Parte da lontano con un regista che gira un film omosessualista e viene premiato dalla critica omo e ora approda da star sulla tv dei vescovi e in Vaticano, dove il Papa gli offre persino la torta di compleanno. I gay scelti accanto al Papa non sono gay qualunque, ma militanti noti e discussi. È l’ultimo miglio, lo scalpo definitivo di una lobby gay che è riuscita nel suo intento: mostrare che la Chiesa “finalmente” è cambiata, che il Papa segue e sposa l’agenda Lgbt.
di Andrea Zambrano (23-10-2020)
Era tutto preparato. Le parole del Papa non arrivano improvvisamente da Marte e il regista Evgeny Afineevsky che le ha diffuse con un sapiente gioco di taglia & cuci non sbarca da Venere. Mentre tutto il mondo parlava dell’apertura di Papa Francesco alle unioni civili, lui, poche ore prima accoglieva trionfante il regista russo naturalizzato americano con una torta di compleanno poco prima della presentazione del suo docufilm alla mostra del cinema di Roma. Dove, evidentemente, non arrivi per caso, così come non arrivi così per caso davanti ai portoni di Santa Marta per chiedere e ottenere di fare un film sul Papa. E altrettanto non per caso puoi diffondere un film sul papa senza che uno stuolo di addetti alla comunicazione, minutanti di camera, segretari, monsignori possano prima vederlo, sottoporlo a critica e infine approvarlo.
È un’immagine che spiega tutto e che mette a tacere in un solo colpo i normalisti e i benaltristi di casa cattolica che in queste ore si sono arrampicati sugli specchi per cercare di dire che in fondo il Papa ha detto che la dottrina non cambia, che è stato ingannato. Un autoconvincimento semmai. Quella foto del successore di Pietro ridotto a macchietta, con in mano una torta di compleanno dove è lui a rendere omaggio a chi di lì a poco lo avrebbe proiettato nel mondo con quelle parole così dirompenti e sconclusionate sull’omosessualità.

Un regista acclamato in Vaticano dopo aver girato un documentario dal vago sapore coreano, dove Francesco è la star indiscussa dell’umanità, dove l’adulazione si mescola alla strumentalizzazione dei gesti, delle parole, delle intenzioni. Bè, è tutto un po’ grottesco e segna l’ultimo miglio lo scalpo definitivo di una lobby gay che è riuscita nel suo intento: mostrare che la Chiesa “finalmente” è cambiata, che il Papa segue e sposa l’agenda Lgbt a cui nessuno ormai potrà più opporsi. Pena l’esclusione dalla comunità cattolica, pena la riprovazione di nemico del popolo perché nemico di Francesco.
Anche Afineevsky è funzionale a questo progetto. D’altro canto, in Vaticano non possono non sapere chi fosse. Nel 2009 gira un film chiamato Oy Vey! My Son Is Gay!!, una indigesta pellicola di un omosessuale ebreo che cerca di farsi accettare dalla famiglia evidentemente retrograda. Una pellicola omosessualista premiata dalla critica militante con svariati premi, tra cui il Boston LGBT Film Fest 2010 e il Charlotte Gay & Lesbian Film Festival 2010. Rassegne per “specialisti”, certo, ma servono a bucare la cortina dello stigma, ad avvicinare il pubblico a certe tematiche a stimolare il sentimentalismo del love is love. E se in dieci anni si è passati dalle kermesse gay al Festival del Cinema di Roma con la green card del Papa significa che di strada ne è stata fatta. Questo pedigree gli ha consentito di ottenere anche dei premi in ambito cattolico.
È la stessa strada percorsa dai cattogay e dalla omoeresia di un piccolo drappello che ha portato alla ribalta i James Martin in questi anni con una campagna teologica e pastorale martellante e asfissiante.
I due gay scelti per mostrare la bontà assoluta di Papa Francesco non sono neppure loro partiti da Saturno. Sono militanti conosciuti e straconosciuti nell’ambiente, famosi perché consideravano la madre un concetto antropologico e hanno fatto la battaglia perché loro dopo essere ricorsi all’utero in affitto potessero essere considerati genitori in ambito cattolico.
Afineevsky dunque, per poter essere ricevuto come un capo di Stato oltre Tevere e omaggiato come un Papa nella sala della Grandi occasioni dal protagonista del suo film, deve aver toccato le corde giuste per farsi accreditare e mostrare che il suo progetto di documentazione cinematografica era quello che serviva a Papa Francesco per presentarsi come eroe del nuovo millennio.
Eppure, a ben guardare il trailer del documentario si intravedono quelle prosopopee da Istituto Luce che abbiamo visto già all’opera: tanta retorica, tanto ambientalismo, mondialismo, buonismo, pauperismo. Insomma, tutto ciò che c’è nell’agenda globalista e nessuno spazio a quel Cristo al quale – volendo raccontare il suo vicario in terra – ci si dovrebbe umilmente ispirare.
Tutto è stato preparato, nessuno si stupisca.

È il 17 aprile 2018 e negli studi di Tv 2000, la televisione dei vescovi, il conduttore del Diario di Papa Francesco presenta al pubblico Afineevsky: «Ecco un regista candidato all’Oscar che ci racconta il suo progetto su Papa Francesco», spiega Gennaro Ferrara. «Tornerà quando il documentario sarà pronto». Detto, fatto.
Il 16 ottobre scorso, Afineevsky è a Roma per presentare il suo lavoro. E spiegarlo agli spettatori: «Papa Francesco è una bussola morale, ci insegna la coesistenza per unire le persone, è la speranza per l’umanità (che evidentemente non è Cristo ndr) e il film (umiltà ndr) è una speranza per l’umanità».
Perché? Semplice. Ecco l’idea del regista del mondo immerso nel peccato: «Parlavamo del peccato, ma il peccato è creato dall’umanità e per quello che mi riguarda ho messo insieme le cose create dall’umanità: la Siria, i rifugiati, i cambiamenti climatici, gli abusi sessuali, i conflitti, le guerre, il tema del dare più forza alle donne. Io ho cercato di metter insieme tutti gli elementi del peccato umano dando una visione del Papa, del suo essere un navigatore e una speranza».
Parole che sembrano mostrare una idea del Papa come una superstar. «No – dice – lui – lui è semplice, è un padre, un maestro, è umile, è attivo».
Il docufilm si svolge seguendo le linee del condottiero che guida il popolo alle magnifiche sorti e progressive di un’umanità ferita dal peccato visto però solo in chiave eco-clima-mondialista. Un peccato che è visto solo come non un’offesa a Dio, ma un’offesa generica a una natura totalizzante. In mezzo c’è il passaggio sui gay, che sono il trait d’union e a ben vedere sono il vero obiettivo dell’operazione “Francesco”.
Un’operazione costruita a tavolino che parte da lontano e che sarebbe ridicolo bollare come un incidente di percorso e nemmeno come un tranello teso al Papa per ingannarlo. Con una presentazione del genere è francamente discutibile che Bergoglio, che pure è noto per essere un decisionista, si lasci abbindolare da queste operazioni senza sapere minimamente che dietro ci sono proprio quelle operazioni di colonizzazione ideologica che lui stesso ha denunciato. Dipingerlo come un ingenuo sarebbe un affronto peggiore del saperlo consapevole di quanto è accaduto.
(Fonte: LaNuovaBQ)
– C’È ANCHE IL PROBLEMA DELLE ADOZIONI, di Benedetta Frigerio
– “I VESCOVI CHIARISCANO”, di Raymond L. Burke
– FRANCESCO E I GAY, PAROLE GIÀ SCRITTE (TRE ANNI FA), di Gianfranco Amato
Papa e gay, frasi sconcertanti, ma il fedele è obbligato a pensare il contrario
La frase pronunciata da papa Francesco sulle unioni civili è priva di verità e quindi falsa. Non obbliga l’assenso di un fedele, anche se l’ha detta il papa. Anzi il fedele è obbligato a pensare il contrario, anche se non lo dice questo papa, perché lo hanno detto tutti gli altri papi prima di lui. Il fedele non si deve sentire a disagio rifiutando questo insegnamento sbagliato. Così viene travolto il diritto naturale e divino, scardinata la legge morale naturale, sconvolto il concetto di legge e l’autorità viene fatta coincidere con il potere.
di Stefano Fontana (22-10-2020)
Ieri è stata resa nota la seguente frase pronunciata da papa Francesco:
“Gli omosessuali hanno diritto di essere una famiglia. Sono figli di Dio e hanno diritto a una famiglia. Nessuno dovrebbe essere buttato fuori o essere infelice per questo. Ciò che dobbiamo creare è una legge sulle unioni civili. In questo modo sono coperti legalmente. Mi sono battuto per questo”.
Si tratta di una frase priva di verità e quindi falsa. Essa non obbliga l’assenso di un fedele come per esempio il sottoscritto, anche se l’ha detta il papa. Anzi il fedele è obbligato a pensare il contrario, anche se non lo dice questo papa, perché lo hanno detto tutti gli altri papi prima di lui. Il fedele non si deve sentire a disagio rifiutando questo insegnamento sbagliato. Deve essere molto preoccupato, perfino angosciato per la situazione della Chiesa che questa frase mette a nudo, questo sì, ma non a disagio. A disagio deve sentirsi il papa per avere detto una cosa opposta a quella detta da tutti gli altri papi.
Non esamino qui tutti i problemi che derivano da questo sconcertante intervento di papa Francesco. Non esamino di che livello di magistero si tratti, ci penseranno i canonisti. Non esamino la spaccatura verticale che viene provocata nella Chiesa, ci penseranno i teologi. Non esamino lo scandalo provocato in tante anime, specialmente dei giovani. Non esamino le aperture che questa frase comporta: la procreazione artificiale, il sacrificio di embrioni umani, la filiazione in laboratorio, il sacrificio di bambini dati in adozione sull’altare di desideri innaturali, l’utero in affitto e così via.
Sono conseguenze aberranti implicite in quella frase, ma se ne parlerà, non ora. Non esamino le contraddizioni con altre affermazioni dello stesso papa Francesco, del quale non vado alla ricerca della coerenza logica. Non esamino ora niente di tutte queste tragedie che ieri hanno avuto inizio con quella frase. Né mi interessano ora le eventuali possibili precisazioni degli addetti vaticani alla stampa. Cosa c’è mai da precisare davanti ad un cataclisma di questo genere? Né per ora possiamo indagare il mistero di cosa abbia permesso ad un papa di dire cose di questo genere. Qui ora mi interessa solo una cosa: affermare che quella frase è falsa e ingiusta e dire perché io non la accetto né la applicherò mai.
La rivelazione, l’insegnamento perenne della Chiesa e la retta ragione hanno sempre concordato nel dire che la famiglia è l’unione indissolubile di un uomo e di una donna fondata sul matrimonio e aperta alla vita. Questo è di diritto naturale e divino e nessuno lo può cambiare, nemmeno un papa. Per farlo deve farci credere che la tradizione della Chiesa sia caduta in errore e che la stessa ragione umana su questo si è sempre sbagliata. Ad una autorità della Chiesa che mi vuole far credere questo io non posso aderire, ed essa, chiedendomi questo, cessa di essere autorità.

Ora il papa sostiene che anche le persone omosessuali [credo che si intenda “dalla condotta omosessuale”] hanno diritto ad avere una famiglia, con il che chiama famiglia anche queste unioni alla pari di quella vista sopra. Egli quindi accetta l’esistenza di più tipi di famiglia, il che è inaccettabile. Sarebbe come dire che la creazione su questo punto è stata zoppa, che i testi sacri sono caduti in errore e che l’ordine naturale e sociale non è più finalistico ma convenzionale in dipendenza dalle situazioni esistenziali. Tutte cose che un papa non può sostenere, pensando, così facendo, di fare il papa.
L’autorità politica non può riconoscere per legge ciò che non rispetta l’ordine naturale e finalistico della società umana, perché in questo caso lavorerebbe per il male comune e non più per il bene comune. Non basta un desiderio per fare di due individui una famiglia, né se questo desiderio è naturale né, a maggior ragione, se è innaturale. Occorre invece una vocazione che faccia in modo che le due persone non si accostino come due individui, ma si uniscano completandosi secondo un ordine che non dipende da loro. Ammettere una famiglia di due persone omosessuali significa considerare la società come una somma di individui accostati l’uno all’altro sulla base di desideri individuali, e questo nessuna legittima autorità politica può ammetterlo. La famiglia e poi la società non sono un mucchio di individui asessuati o dalla sessualità diversamente fungibile, ma nascono da una complementarietà polare maschio-femmina aperta alla vita.
Nessuno ha diritto ad una famiglia. Essere figli di Dio, come dice papa Francesco, non ci dà il diritto ad avere una famiglia. La famiglia è un dovere e il dovere è vocazione e non un diritto, i doveri non li definiamo noi, ci si impongono per la loro moralità e ci attraggono per la loro bontà. Cosa che l’omosessualità non permette. La frase di papa Francesco sconvolge il rapporto tra diritti e doveri ed è incapace di fondare i doveri nell’ordine finalistico delle cose. L’idea di diritto contenuta in questa frase del papa è radicale e anarchica, non è cristiana né conforme alla tradizione filosofica e teologica cristiana.
In quelle poche righe viene travolto il diritto naturale e divino, scardinata la legge morale naturale, sconvolto il concetto di legge e l’autorità viene fatta coincidere con il potere. Tutte le basi della Dottrina sociale della Chiesa vengono così negate in poche battute e oltre cento anni di insegnamenti vengono cancellati con un colpo di spugna.
Il papa non parla di matrimonio ma di unioni civili per tutelare giuridicamente la coppia omosessuale. Ma questo punto è già stato chiarito dalla Chiesa e dalla retta ragione: non è possibile tutelare giuridicamente la relazione omosessuale, è possibile tutelare gli individui che, in quanto tali, sono già tutelati dall’ordinamento giuridico. Non solo quella omosessuale ma nessuna unione “di fatto”, anche eterosessuale, può avere il riconoscimento giuridico, perché o è tra due persone dello stesso sesso oppure perché rifiuta il matrimonio o per ambedue i motivi.
Quando l’autorità politica dà questo riconoscimento è come se attestasse che quella relazione è funzionale al bene comune, cosa impossibile perché solo l’unione familiare vera e propria è capace di questo ruolo, le altre provocano sempre sopraffazione e violenza. Bisogna essere ciechi per non vederlo. Quando questo viene trascurato la società si disgrega. Papa Francesco in quella frase nega la tradizione, rifiuta la retta ragione, mina la Chiesa e dissolve la società.
(Fonte: LaNuovaBQ)
– «SERVE UNA LEGGE». TSUNAMI “FRANCESCO” di Nico Spuntoni
– PAROLE INEDITE DI UN’INTERVISTA TAGLIATA di Andrea Zambrano