Abbiamo tradotto quest’ottima intervista che S. E. mons. Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Astana, Kazakistan, ha rilasciato al giornale americano The Remnent sull’enciclica Fratelli tutti di Papa Francesco.
di Diane Montagna
Roma, 13 ottobre 2010 (The Remnant) — Anche se la nuova enciclica Fratelli Tutti di Papa Francesco contiene elementi positivi, nel complesso «manca un orizzonte chiaramente soprannaturale», nonché la proclamazione della verità che Cristo è «la fonte indispensabile della vera fraternità», ha detto monsignor Athanasius Schneider.

In un’intervista esclusiva con The Remnant, il vescovo ausiliare di Astana, Kazakistan, critica il documento per aver descritto male San Francesco, aver promosso il relativismo religioso e aver costruito realtà spirituali e teologiche in un «modo naturalistico e razionalistico» che esacerba la «crisi pluridecennale dell’indebolimento della prospettiva soprannaturale nella vita della Chiesa».
Il Vaticano ha pubblicato l’enciclica Fratelli Tutti. Sulla fraternità e l’amicizia sociale, nella festa liturgica di San Francesco del 4 ottobre.
Invitando alla «rinascita di un’aspirazione universale alla fraternità», la lunga enciclica papale approfondisce i temi ripresi nel Documento sulla fratellanza umana e la convivenza, che Papa Francesco ha co-firmato con il Grand Imam el-Tayeb ad Abu Dhabi, il 4 febbraio 2019. Il documento di Abu Dhabi ha suscitato notevoli controversie per aver affermato che «il pluralismo e la diversità di religioni, colore, sesso, razza e lingua sono voluti da Dio nella Sua saggezza».
Secondo il vescovo Schneider, Fratelli Tutti «non ha corretto Abu Dhabi ma l’ha solidificato» e «rivela un certo tipo di relativismo religioso» dipingendo la religione come un «mezzo per la fraternità naturale». La fede cristiana, insiste il vescovo ausiliare, «non può essere messa indiscriminatamente sullo stesso piano delle altre religioni; sarebbe un tradimento del Vangelo».
Il vescovo Schneider nota anche come la visione della fraternità della nuova enciclica — una visione naturalistica piuttosto che centrata su Cristo — sia simile al pensiero massonico. Al prezzo di un’«universale aspirazione alla fraternità per la pace nel mondo», osserva, Cristo come unico Salvatore e Re di tutta l’umanità viene «sacrificato».
Egli apprezza parti del documento che mettono in guardia contro un «falso universalismo» e la costruzione di «una società disumana» che accetta solo i forti e rifiuta i deboli, ma dice anche che offre una «soluzione di emergenza meramente umana».
Il vescovo Schneider conclude facendo appello, per intercessione di San Francesco, che Papa Francesco si allontani da tale «eccessivo assorbimento [negli] affari temporali» e, citando sant’Ilario di Poitiers, avverte che «non accettare Cristo è il pericolo più grande per il mondo».
Di seguito la nostra intervista al vescovo Athanasius Schneider.
Eccellenza, quali sono le sue impressioni generali sulla nuova enciclica di Papa Francesco, Fratelli Tutti?
Questa nuova enciclica dà l’impressione generale di essere un’istruzione prolissa sull’etica della convivenza pacifica basata sui termini chiave di “fratellanza” e “amore” intesi in modo fortemente temporale e in prospettiva altamente politica, per «contribuire alla rinascita di un’aspirazione universale alla fraternità» (Fratelli Tutti, n. 8). Sebbene l’enciclica utilizzi passaggi chiave del Vangelo, come la parabola del buon Samaritano (cfr. Lc 10, 25-37) e le parole di Cristo nel giudizio finale, che si identifica con i bisognosi come «l’ultimo dei miei fratelli» (cfr. Mt 25, 40), ne applica il significato, tuttavia, in un orizzonte più umanistico e questo mondano. Vista nel suo insieme, l’enciclica manca di un orizzonte chiaramente soprannaturale; manca qualsiasi riferimento a parole come “soprannaturale”, “Incarnazione”, “Redentore”, “Pastore”, “evangelizzazione”, “battesimo”, “filiazione divina”, “perdono divino dei peccati”, “salvezza”, “eternità”, “Cielo”, “immortale”, “Regno di Dio/Cristo”.
Pur affermando lodevolmente che «Cristo ha versato il suo sangue per ciascuno di noi e che nessuno è al di là della portata del suo amore universale» (n. 85), l’enciclica riduce poi purtroppo il significato della redenzione soprannaturale alla prospettiva nebulosa e secolare di “comunione universale”. Si legge: “Per il pensiero cristiano e per l’azione della Chiesa, [sorge] come vocazione di tutti il primato dato alla relazione, all’incontro con il mistero sacro dell’altro, alla comunione universale con l’intera famiglia umana» (n. 277). Il primato, però, in tutti i rapporti umani, va dato all’incontro con Gesù Cristo, Dio-Uomo, e con la Santissima Trinità, mediante la grazia santificante e il dono della virtù soprannaturale dell’amore. Papa Francesco afferma giustamente in Fratelli Tutti, n. 85: «Se andiamo alla fonte ultima di quell’amore che è la vita stessa del Dio uno e trino, incontriamo nella comunità delle tre Persone divine l’origine e il modello perfetto di tutta la vita nella società». Altrove, dice: «Altri bevono da altre fonti. Per noi la fonte della dignità umana e della fraternità è nel Vangelo di Gesù Cristo» (n. 277). Tuttavia, la perfetta dignità umana e la fraternità per tutti gli esseri umani possono avere una sola fonte, e cioè Gesù Cristo, poiché è solo attraverso il Figlio di Dio incarnato che la dignità umana è stata restaurata in modo ancora più mirabile di quanto non fosse stata creata (Ordine di Messa, Preghiera all’Offertorio). Sarebbe stato di grande beneficio se Fratelli Tutti avesse sottolineato la necessità che tutti gli uomini credessero in Gesù Cristo, Dio e Uomo, per trovare la fonte indispensabile della vera fraternità e la chiave per risolvere i problemi delle società temporali.
Papa Francesco apre la nuova enciclica rilevando che il suo titolo, Fratelli Tutti, è tratto dalle Ammonizioni di san Francesco, rivolte ai suoi confratelli. Nel suo libro Christus Vincit, Lei ha detto che san Francesco l’ha ispirata a seguire Cristo nella vita religiosa. Secondo Lei, l’uso di questi testi da parte di Papa Francesco è fedele al significato di San Francesco?
Papa Francesco qui usa l’espressione “Fratelli tutti” in un modo che è chiaramente diverso da San Francesco. Per san Francesco “tutti fratelli” sono quelli che seguono e imitano Cristo, cioè tutti i cristiani, e certamente non semplicemente tutti gli uomini, e ancor meno gli aderenti alle religioni non cristiane. Possiamo vederlo guardando il contesto più completo da cui sono tratte queste parole:
«Fratelli tutti, guardiamo con attenzione il buon pastore che per salvare le sue pecore sostenne la passione della croce. Le pecore del Signore l’hanno seguito nella tribolazione e persecuzione, nell’ignominia e nella fame, nella infermità e nella tentazione e in altre simili cose; e ne hanno ricevuto in cambio dal Signore la vita eterna. Perciò è grande vergogna per noi servi di Dio, che i santi abbiano compiuto queste opere e noi vogliamo ricevere gloria e onore con il semplice raccontarle».
San Francesco, infatti, non «appianò le colpe di alcuno, ma le colpì, né lusingò la vita dei peccatori, ma piuttosto le apostrofò con severi rimproveri. A grandi e piccoli ha parlato con lo stesso spirito fermo» (Legenda Maior, 12, 8) Papa Francesco presenta San Francesco come se fosse stato un sostenitore della diversità delle religioni. Lo scopo della visita di san Francesco al sultano Malik-el-Kamil in Egitto, tuttavia, non era quello di mostrare «la sua apertura di cuore, che non conosceva confini e trascendeva le differenze di religione» (Fratelli Tutti, n. 3). Piuttosto, il suo scopo preciso era predicare il Vangelo di Gesù Cristo al Sultano. Rammarica che Papa Francesco riduca San Francesco in Fratelli Tutti a un uomo che «cercava di abbracciare tutti» e un esempio di «sottomissione umile e fraterna a chi non condivideva la sua fede» (n. 3). San Bonaventura attesta nella Legenda Maior che san Francesco ha predicato esplicitamente il Vangelo al Sultano, invitando lui e tutto il suo popolo a convertirsi a Cristo, scrivendo: «Con una tale fermezza di mente, con un tale coraggio di anima e con un tale fervore di spirito egli predicò al Sultano Dio Tre e Uno e al Salvatore di tutti, Gesù Cristo» (Legenda Maior, 9, 8). Inoltre, mentre San Francesco predicava il Vangelo al Sultano, inviò cinque frati a predicare il Vangelo ai musulmani in Spagna e in Marocco. Quando San Francesco ha sentito la notizia del loro martirio, ha gridato: «Ora posso davvero dire di avere cinque fratelli» (Analecta Franciscana, III, 596).
L’intera tradizione cattolica ha sempre presentato San Francesco come un santo apostolico e veramente missionario. Scriveva Papa Pio XI: «S. Francesco era un uomo veramente cattolico e apostolico, nello stesso modo ammirevole con cui aveva assistito alla riforma dei fedeli, così pure si mise personalmente in cammino e comandò ai suoi discepoli di occuparsi prima di tutto della conversione dei pagani alla Fede e alla Legge di Cristo» (Enc. Rite Expiatis, 37).
Quali sono i punti di forza o gli elementi positivi di questa nuova enciclica?
Uno dei passaggi più luminosi e teologicamente sani di Fratelli Tutti è la seguente affermazione di Papa Francesco: «Se andiamo alla fonte ultima di quell’amore che è la vita stessa del Dio uno e trino, ci incontriamo nella comunità dei tre divine Persone origine e modello perfetto di tutta la vita nella società» (n. 85). Quest’affermazione è una vera luce in mezzo al ristretto orizzonte naturalistico, al relativismo religioso e alla carente prospettiva soprannaturale di questa enciclica. Un altro elemento importante è il rifiuto di Papa Francesco di ogni tentativo di costruire una società contro il piano di Dio. Scrive: «Il tentativo di costruire una torre (Torre di Babele)… è stato un tentativo maldestro, nato dall’orgoglio e dall’ambizione, di creare un’unità diversa da quella voluta da Dio nel suo piano provvidenziale per le nazioni (cfr. Gen 11, 1-9)» (n. 144). Altrettanto significative sono le seguenti affermazioni, che riflettono l’insegnamento di Papa Benedetto XVI: «Senza verità, l’emozione manca di contenuto relazionale e sociale» (n. 184); «La carità ha bisogno della luce della verità che cerchiamo costantemente. “Quella luce è sia la luce della ragione che la luce della fede (Benedetto XVI, Lett. Enc. Caritas in veritate)” e non ammette alcuna forma di relativismo» (n. 185). Papa Francesco ricorda anche l’importanza di verità oggettive sempre valide, basate sulla natura umana secondo il piano di Dio nella creazione, affermando che ci sono «verità fondamentali da sostenere sempre, … trascendono le nostre situazioni concrete e rimangono non negoziabili, … in essi stessi, sono ritenuti duraturi in virtù del loro significato intrinseco» (n. 211), e che «non c’è bisogno, quindi, di opporsi agli interessi della società, al consenso e alla realtà della verità oggettiva» (n. 212).
Fratelli Tutti mette inoltre in guardia da un falso universalismo e dal virus di un individualismo radicale (vedi n. 100). A tal proposito, Papa Francesco scrive: «Un modello di globalizzazione infatti mira consapevolmente a un’uniformità unidimensionale e cerca di eliminare tutte le differenze e le tradizioni in una ricerca superficiale di unità … Se un certo tipo di globalizzazione pretende di uniformare tutti, per livellare tutti, la globalizzazione distrugga i ricchi doni e l’unicità di ogni persona e di ogni popolo» (n. 100). Anche le seguenti affermazioni in Fratelli Tutti mirano a tutelare il diritto delle nazioni alla propria identità e tradizioni: «Non ci può essere apertura tra i popoli se non sulla base dell’amore per la propria terra, la propria gente, le proprie radici culturali» (n. 143); «Posso accogliere altri che sono diversi… solo se sono saldamente radicato nella mia gente e nella mia cultura» (n. 143); e «allo stesso modo il bene comune esige che proteggiamo e amiamo la nostra patria» (n. 143). Anche Fratelli Tutti parla giustamente di «diritto alla proprietà privata e suo significato sociale» (n. 123).
Papa Francesco alza la sua voce contro una società disumana, che accetta solo i forti e i sani e disprezza ed elimina chi è malato e debole. Scrive: «Le persone hanno questo diritto anche se sono improduttive o sono nate con o sviluppate limitazioni. Ciò non toglie nulla alla loro grande dignità di persone umane, una dignità basata non sulle circostanze ma sul valore intrinseco del loro essere. Se questo principio fondamentale non sarà rispettato, non ci sarà futuro né per la fraternità né per la sopravvivenza dell’umanità» (n. 107). Sono anche lodevoli le seguenti importanti affermazioni di Papa Francesco in Fratelli Tutti: «Va riconosciuto che tra le cause più importanti delle crisi del mondo moderno vi sono una coscienza umana desensibilizzata, un allontanamento dai valori religiosi e l’individualismo prevalente accompagnato da filosofie materialistiche che deificano la persona umana e introducono valori mondani e materiali al posto dei principi supremi e trascendentali» (n. 275); e «Il bene e il male non esistono più in se stessi; c’è solo un calcolo dei benefici e degli oneri. Come risultato dello spostamento del ragionamento morale, la legge non è più vista come il riflesso di una nozione fondamentale di giustizia, ma come il riflesso delle nozioni attualmente in voga. Segue la rottura: tutto viene “livellato” da un consenso barattato superficiale. Alla fine prevale la legge del più forte» (n. 210).
Papa Francesco ha presentato la Fratelli Tutti come una riflessione sul Documento di Abu Dhabi, che ha firmato con il Grande Imam el-Tayeb nel febbraio 2019. Lei ha apertamente espresso preoccupazione per quel documento, in particolare sull’affermazione che la “diversità delle religioni” è “voluta da Dio”. Questa nuova enciclica ha attenuato o approfondito queste sue preoccupazioni?
La Fratelli Tutti dedica un intero capitolo al tema “Le religioni al servizio della fraternità nel nostro mondo” (cap. 8). Già il titolo rivela un certo tipo di relativismo religioso. Le religioni sono viste qui come un mezzo di fraternità naturale. Quindi si è portati a capire la religione come mezzo per promuovere il naturalismo. Ciò è contrario all’essenza del cristianesimo, che è l’unica vera religione veramente soprannaturale. La fede cristiana non può essere messa indiscriminatamente sullo stesso piano delle altre religioni; sarebbe un tradimento del Vangelo. L’affermazione secondo cui «dalla nostra esperienza di fede … noi, credenti delle diverse religioni, sappiamo che la nostra testimonianza a Dio giova alle nostre società» (n. 274) promuove il relativismo religioso, poiché il concetto di “Dio” è sicuramente diverso tra le varie religioni. Ci sono anche alcune religioni in cui vengono adorati gli spiriti maligni. Non si può mettere il concetto di Dio nella religione cristiana allo stesso livello di una religione che pratica l’idolatria. La Sacra Scrittura dice che «tutti gli dèi delle nazioni sono demoni» (Sal 96, 5), e San Paolo insegna che «i sacrifici dei pagani sono offerti ai demoni, non a Dio» (1Cor 10, 20). Secondo la Divina Rivelazione e il costante insegnamento della Chiesa, il concetto di “fede” significa quanto segue:
«Essendo l’uomo, in tutto il suo essere, dipendente da Dio, suo Creatore e Signore, ed essendo la ragione creata completamente soggetta alla Verità increata, noi siamo tenuti a prestare con la fede il nostro pieno ossequio di mente e di volontà a Dio rivelante. La Chiesa cattolica professa che questa fede, che è l’inizio della salvezza dell’uomo, è una virtù soprannaturale, con la quale, sotto l’ispirazione e la grazia di Dio, crediamo che le cose da Lui rivelate sono vere… (…) Poiché senza la fede è impossibile piacere a Dio e giungere all’unione con i suoi figli, così senza di essa nessuno potrà mai essere assoluto, come pure nessuno conseguirà la vita eterna senza aver perseverato in essa sino alla fine» (Concilio Vaticano I, Dei Filius, cap. 3).
Quindi, gli aderenti alle religioni non cristiane non hanno il dono della virtù soprannaturale della fede e quindi non possono essere chiamati “credenti” nel senso proprio di questa parola. I non cristiani non accettano la rivelazione divina data tramite Gesù Cristo. Quindi, la loro conoscenza di Dio e la loro pratica religiosa sono solo un’espressione della luce della ragione naturale, e non della fede. Lo insegna l’infallibile Magistero della Chiesa, dichiarando:
«L’ininterrotto pensiero della Chiesa cattolica sostenne e sostiene che esiste un duplice ordine di cognizioni, distinto non solo quanto al principio, ma anche riguardo all’oggetto; quanto al principio, perché in uno conosciamo con la ragione naturale, nell’altro con la fede divina; quanto all’oggetto perché, oltre le cose a cui la ragione naturale potrebbe arrivare, ci viene proposto di credere misteri nascosti in Dio: misteri che non possono essere conosciuti senza la rivelazione divina. (…) Se qualcuno dirà che la fede divina non si distingue dalla conoscenza naturale di Dio e delle cose morali, e che perciò non si richiede alla fede divina che la verità rivelata sia creduta per l’autorità di Dio rivelante: sia anatema» (ibid., ch. 4 and can. 3 de fide).
I cristiani non sono semplicemente «compagni di viaggio» insieme ad aderenti alle false religioni (Fratelli Tutti, n. 274) — religioni che Dio proibisce. Memorabile al riguardo è la seguente affermazione teologicamente precisa di Papa Paolo VI: «(…) la nostra religione instaura effettivamente con Dio un rapporto autentico e vivente, che le altre religioni non riescono a stabilire, sebbene esse tengano, per così dire, le loro braccia tese verso il cielo» (Es. Ap. Evangelii nuntiandi, n. 53).
Diverse espressioni nella Fratelli Tutti trasmettono sostanzialmente lo stesso relativismo religioso esposto nel Documento di Abu Dhabi, in cui si afferma che «il pluralismo e la diversità di religioni, colore, sesso, razza e lingua sono voluti da Dio nella Sua saggezza». La Fratelli Tutti non ha corretto Abu Dhabi ma l’ha solidificato. La verità che Nostro Signore ha rivelato, e la Sua Chiesa ha proclamato immutabilmente e costantemente, rimane per sempre valida: «Il dovere principale di tutti gli uomini è di aggrapparsi alla religione sia nella sua portata che nella sua pratica, ma non la religione che si preferisce, ma la religione che Dio comanda, e che alcuni e più chiari segni mostrano essere l’unica vera religione» (Papa Leone XIII, Enc. Immortale Dei, 4).
Il seguente insegnamento infallibile della Chiesa nella Costituzione dogmatica, Dei Filius, del Concilio Vaticano I, rifiuta l’insegnamento fallibile sulla “diversità delle religioni” espresso nel Documento di Abu Dhabi e nella Fratelli Tutti: «Non c’è parità tra condizione di coloro che hanno aderito alla verità cattolica mediante il dono celeste della fede, e la condizione di coloro che, guidati da opinioni umane, seguono una falsa religione» (cap. 3); e «Se qualcuno dirà che la condizione dei fedeli e quella di coloro che ancora non sono arrivati all’unica vera fede sono pari… sia anatema» (ibid., can. 6 de fide).
Conosciamo due tipi di fraternità: quella del sangue, in Adamo ed Eva, e quella della grazia, in Gesù Cristo, attraverso la Chiesa e i sacramenti. Quale “nuova visione” (n. 6) della fraternità propone Papa Francesco in questa enciclica? E come Vescovo e Successore degli Apostoli, potete incoraggiare i fedeli ad aspirare alla visione di fraternità che Papa Francesco propone in questa enciclica?
La vera fraternità, come piace a Dio, è la fraternità in e per Cristo, il Figlio di Dio incarnato. Il cardinale Ratzinger (Papa Benedetto XVI) ha delimitato giustamente il concetto cristiano di fraternità, quando ha detto: «”Uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli” (Mt 23, 8). Con questa parola del Signore si determina il rapporto tra i cristiani come rapporto di fratelli e sorelle, come nuova fratellanza dello spirito, contrapposta alla fratellanza naturale, che nasce dalla relazione di sangue» (Die Christliche Brüderlichkeit, München, 1960, 13). Indispensabile è il riconoscimento della differenza tra una fraternità basata sulla natura, cioè il vincolo di sangue, e una fraternità basata sull’elezione e rivelazione divina: «Mentre Dio è il Padre dei popoli del mondo solo per la creazione, è Padre di Israele per elezione» (ibid., 20).
Fin dall’inizio, i cristiani conoscevano la differenza essenziale tra la semplice fratellanza naturale e la fratellanza tramite il battesimo. San Giovanni Crisostomo ha detto: «Perché cos’è che fa la fratellanza? Il lavaggio della rigenerazione e l’essere abilitati, quindi, a chiamare Dio nostro Padre» (Omelia 25 sugli Ebrei, 7). In modo simile, sant’Agostino scrisse: «Allora cesseranno di essere nostri fratelli, quando cesseranno di dire: “Padre nostro”. Non chiamiamo i pagani fratelli secondo la Scrittura e il modo di parlare ecclesiastico» (En. In Sal. 32, 2, 29).
Ogni cattolico e tutti i pastori della Chiesa, primo fra tutti il Papa, devono ardere di zelo e di amore per tutti coloro che, purtroppo, sono solo nostri fratelli secondo la carne e il sangue, affinché nascano da Dio nella filiazione soprannaturale in Cristo e diventino veramente fratelli in Cristo. Se chi oggi governa la Chiesa si accontenta della fratellanza di carne e sangue, “fratelli tutti” in carne e ossa, stanno trascurando il comandamento di Dio nel Vangelo, cioè il comandamento di rendere i membri di tutte le nazioni e religioni discepoli di Cristo, figli nell’Unigenito Figlio di Dio, fratelli in Cristo, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, e insegnando loro ad osservare tutte le cose che Cristo ha comandato (cfr. Mt 25, 19-20). Tale zelo è, per un’anima cristiana, l’espressione più profonda dell’amore del prossimo: amarlo come ami te stesso. Se la tua filiazione divina in Cristo rappresenta per te il più grande concepibile dono di Dio – è lo veramente – allora ti manca il vero amore e la carità per il tuo prossimo se non ardi dal desiderio di comunicargli questo dono, con delicatezza e rispetto. Non conoscere Cristo, non avere il dono divino della fede cattolica soprannaturale e non essere battezzato, significa che non si è veramente illuminati, che non si possiede la vera vita dell’anima. Significa rimanere nelle tenebre e nell’ombra della morte, come dice il Vangelo (cfr. Lc 1, 79; Mt 4, 16; Gv 9, 1-41).
Nella Chiesa antica, il Battesimo era giustamente chiamato “illuminazione” (photismós) e “rigenerazione” (anagénnesis). Sant’Agostino mette in luce la differenza essenziale tra la vita mortale data attraverso la carne e il sangue e la vita eterna data attraverso il battesimo: «Abbiamo trovato altri genitori, Dio nostro Padre, e la Chiesa nostra Madre, dalla quale siamo nati alla vita eterna. Consideriamo quindi di chi abbiamo cominciato a essere figli» (Sermone 57, Ad competente, 2). Che prospettiva temporale angusta, puramente terrena e impoverita rivela la seguente affermazione della Fratelli tutti: «Sogniamo dunque come un’unica famiglia umana, come compagni di viaggio che condividono la stessa carne, come figli della stessa terra che è la nostra casa comune, ognuno di noi portando la ricchezza delle proprie convinzioni e convinzioni, ciascuno con la propria voce, fratelli e sorelle tutti» (n. 8)! Una fraternità di sangue, una fraternità limitata al qui e ora, che è deperibile, una fraternità limitata alla pacifica convivenza nella gentilezza, implica una straordinaria povertà spirituale, una vita carente, una felicità carente, poiché in tale prospettiva manca la cosa più importante nel mondo intero e in tutta la storia umana, cioè Cristo, il Dio incarnato, l’Unigenito ed Eterno Figlio di Dio, il fratello, l’amico e lo sposo dell’anima di tutti coloro che sono rinati in Dio.
Quanto è urgente che il Vicario di Cristo in questi giorni proclami di nuovo al mondo intero le parole del suo predecessore, Giovanni Paolo II: «Tutti voi che cercate ancora Dio, tutti voi che avete già l’inestimabile fortuna di credere, e anche voi che siete tormentati dal dubbio: ascoltate ancora una volta le parole pronunciate da Simon Pietro. In quelle parole è la fede della Chiesa. In quelle stesse parole sta la nuova verità, anzi, la verità ultima e definitiva sull’uomo: il Figlio del Dio vivente: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”» (Omelia per l’inaugurazione del Pontificato, 22 ottobre 1978) Quanto coraggioso, quanto apostolico, quanto sarebbe magnifico, se queste parole fossero risuonate anche in Fratelli Tutti!
Lei ha detto spesso che oggi la Chiesa manca di prospettiva soprannaturale. In che modo questa nuova enciclica rimedia o aggrava questo problema?
L’enciclica Fratelli Tutti, purtroppo, inasprisce la crisi pluridecennale dell’indebolimento della prospettiva soprannaturale nella vita della Chiesa, con il conseguente abbraccio eccessivo delle realtà temporali, e la tendenza – che è pure peggiore – a interpretare in chiave naturalistica e in modo razionalistico anche le realtà spirituali e teologiche. Ciò significa diluire il Vangelo, cioè le verità rivelate, in un umanesimo naturalistico: racchiudere la propria prospettiva sulla vita della Chiesa nell’orizzonte ristretto di queste realtà mondane. Significa trasformare il vero Vangelo, che è il Vangelo della vita eterna, in un nuovo Vangelo falsificato della vita temporale e corporale.
L’attuale tendenza al naturalismo, e la mancanza del soprannaturale nella vita della Chiesa, corrisponde a quanto diceva San Paolo: «Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini» (1Cor 15, 19). Per contenuto e orizzonte intellettuale, l’enciclica Fratelli Tutti si può riassumere in queste parole: “la nostra patria è sulla terra”. La nuova enciclica aggrava il naturalismo che regna oggi nella Chiesa, che può essere descritto come una mancanza di amore per la Croce di Cristo, per la preghiera, una mancanza di consapevolezza della gravità del peccato e la necessità di riparazione. In una certa misura Fratelli Tutti è in contrasto con quanto scrisse san Paolo agli inizi della Chiesa: «La nostra patria è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo» (Fil 3, 20). Memorabili sono le parole della prima enciclica sociale del Magistero, Rerum Novarum, dove Papa Leone XIII insegna che la Chiesa deve sempre guardare alle realtà anche temporali con una prospettiva soprannaturale. Lui scrive:
«Le cose del tempo non è possibile intenderle e valutarle a dovere, se l’animo non si eleva ad un’altra vita, ossia a quella eterna, senza la quale la vera nozione del bene morale necessariamente si dilegua, anzi l’intera creazione diventa un mistero inspiegabile. Quello pertanto che la natura stessa ci detta, nel cristianesimo è un dogma su cui come principale fondamento poggia tutto l’edificio della religione: cioè che la vera vita dell’uomo è quella del mondo avvenire. Poiché Iddio non ci ha creati per questi beni fragili e caduchi, ma per quelli celesti ed eterni; e la terra ci fu data da Lui come luogo di esilio, non come patria. Che tu abbia in abbondanza ricchezze ed altri beni terreni o che ne sia privo, ciò all’eterna felicità non importa nulla; ma il buono o cattivo uso di quei beni, questo è ciò che sommamente importa. Le varie tribolazioni di cui è intessuta la vita di quaggiù, Gesù Cristo, che pur ci ha redenti con redenzione copiosa, non le ha tolte; le ha convertite in stimolo di virtù e in maniera di merito, tanto che nessun figlio di Adamo può giungere al cielo se non segue le orme sanguinose di Lui» (n. 18).
Libertà, fraternità, equità. Questi tre temi attraversano la Fratelli Tutti. I cattolici dovrebbero preoccuparsi che un Papa abbia ripreso il motto della Rivoluzione francese nella sua ultima enciclica?
Di per sé, i tre concetti “Libertà, Fraternità, Equità” hanno un significato cristiano e sono stati usati in modo improprio dalla Rivoluzione francese massonica.
Riguardo al concetto di “libertà”, la Sacra Scrittura insegna che la vera libertà è la libertà dalla più grande schiavitù, cioè la schiavitù del diavolo e del peccato, e l’ignoranza delle verità divine: «Conoscerete la verità e la verità vi renderà liberi» (Gv 8, 32); «Se il Figlio vi rende liberi, sarete veramente liberi» (Gv 8, 36). La libertà che Gesù Cristo dà è un dono della sua opera redentrice: «La creazione stessa sarà liberata dalla schiavitù della corruzione e otterrà la libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8, 21). La libertà che Dio concede è un dono soprannaturale dello Spirito Santo, lo Spirito di Verità: «Il Signore è lo Spirito e dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà» (2Cor 3, 17). La vera fraternità non è la fratellanza di coloro che sono nati di sangue, la carne e la volontà del vecchio Adamo, ma piuttosto la fraternità di coloro che sono nati da Dio (cfr. Gv 1, 13) che sono fratelli in Cristo, il nuovo Adamo (cfr. Rom 5, 14). Questi sono «quelli che ha prescelti, e li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine di suo Figlio, affinché Egli fosse il primogenito tra molti fratelli» (Rm 8, 29).
Il concetto cristiano di vera “uguaglianza” significa che tutti i peccatori hanno ugualmente bisogno di salvezza in Cristo: «Non c’è distinzione: perché tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio» (Rm 3, 22-23). Tutti i battezzati hanno la stessa dignità oggettiva dei figli adottivi di Dio: «In Cristo Gesù siete tutti figli di Dio, mediante la fede. Non c’è più né giudeo né greco, non c’è più né schiavo né libero, non c’è più maschio e femmina, perché siete tutti uno in Cristo Gesù» (Gal 3, 26.28). Pertanto, «spogliatevi dell’uomo vecchio e delle sue opere, rivestitevi dell’uomo nuovo, colui che è rinnovato alla conoscenza, secondo l’immagine di colui che lo ha creato. Non c’è più né gentile né ebreo, circoncisione né incirconcisione, barbaro né scita, schiavo né libero. Ma Cristo è tutto e in tutto» (Col 3, 9-11). Anche tutti gli uomini staranno ugualmente davanti al giudizio di Dio, poiché «nessuna creatura è nascosta alla vista di Dio, ma tutti sono nudi ed esposti agli occhi di Colui al quale dobbiamo rendere conto» (Eb 4, 13). E «qualunque cosa di buono faccia qualcuno, questa la riceverà dal Signore, sia che sia schiavo o libero. Non c’è parzialità con Dio» (Ef 6, 8.9).
Il significato distorto del concetto di libertà e uguaglianza introdotto dall’Assemblea nazionale della Rivoluzione francese è stato immediatamente condannato da Papa Pio VI. Nel condannarlo, il magistero della Chiesa ha fornito contemporaneamente il vero significato di libertà e uguaglianza. Pio VI scriveva:
«Che queste affermazioni, certamente strane, discendano propriamente e derivino dall’uguaglianza degli uomini fra di loro e dalla libertà naturale, lo ha dichiarato la stessa Assemblea. Ma quale stoltezza maggiore può immaginarsi quanto ritenere tutti gli uomini uguali e liberi in tal modo che nulla venga accordato alla ragione, di cui principalmente l’uomo è stato fornito dalla natura e per la quale si distingue dalle bestie? Quando Dio ebbe creato il primo uomo e lo collocò nel Paradiso terrestre, non gli intimò nello stesso tempo la pena di morte se avesse gustato i frutti dell’albero della scienza del bene e del male? Con questo primo precetto non ne pose egli tosto in freno la libertà? E dopo che l’uomo con la sua disubbidienza si era fatto colpevole, non aggiunse Iddio molti altri precetti, che vennero da Mosè promulgati? … Ove è dunque quella libertà di pensare e di operare, che i decreti dell’Assemblea attribuiscono all’uomo vivente in società come un diritto immutabile della natura? Dunque, per ciò che risulta da tali decreti, a tenore di essi converrà contraddire al diritto del Creatore, per mezzo del quale noi esistiamo, e dalla cui liberalità si deve riconoscere tutto ciò che siamo e che abbiamo. Oltre ciò, chi non sa che gli uomini sono stati creati non semplicemente per vivere ciascuno come singolo, ma per vivere anche ad utilità e giovamento degli altri? Pertanto, debole come è l’umana natura, è scambievole il bisogno dell’altrui opera per la propria conservazione; ed è per questo che Iddio fornì gli uomini di ragione e di parola, perché sapessero e potessero chiedere aiuto e, richiesti, porgerlo. Pertanto, dalla natura stessa furono indotti ad accomunarsi e ad unirsi in società. Ora, siccome all’uomo appartiene l’uso della ragione, in modo che egli non solo riconosca il Supremo suo creatore, ma lo rispetti e lo veneri con ammirazione, e riconosca che egli stesso e tutte le sue cose derivano da Lui, ed è necessario che fin dal principio del suo vivere egli stia soggetto ai suoi maggiori, che lo possano regolare e ammaestrare, onde gli sia agevole il conformare il tenore della sua vita ai lumi della ragione, ai principi della natura e alle massime della Religione, deriva che il nascere stesso che fa ciascun uomo al mondo prova ad evidenza essere vana e falsa quella così vantata eguaglianza fra gli uomini, e la libertà» (Breve Quod Aliquantum, 10-03-1791).
Nella sua monumentale enciclica sulla massoneria, Humanum Genus, Papa Leone XIII ha spiegato il vero significato cristiano di “libertà, fraternità e uguaglianza”, come realizzato nel Terz’Ordine di San Francesco, respingendo così esplicitamente il significato distorto massonico. Leone XIII ha scritto:
«(…) torniamo non senza ragione a ricordare la opportunità inculcata altra volta, di promuovere caldamente e proteggere il Terz’Ordine di San Francesco, di cui recentemente con prudente condiscendenza mitigammo la regola. Imperocché, secondo lo spirito della sua istituzione, esso non mira ad altro, che a trarre gli uomini all’imitazione di Gesù Cristo, all’amore della Chiesa, alla pratica di tutte le cristiane virtù: e però tornerà efficacissimo a spegnere il contagio delle sette malvagie. Cresca dunque di giorno in giorno questo santo sodalizio, da cui, tra molti altri, può anche sperarsi questo prezioso frutto, di ricondurre gli animi alla libertà, alla fraternità, alla uguaglianza: non quali va sognando assurdamente la setta massonica, ma quali Gesù Cristo recò al mondo e Francesco nel mondo ravvivò. La libertà diciamo dei Figli di Dio, che affranca dal servaggio di Satana e dalle passioni, tiranni pessimi: la fraternità, che da Dio prende origine, Creatore e Padre di tutti: l’uguaglianza che, fondata sulla giustizia e carità, non distrugge tra gli uomini tutte le differenze, ma dalla varietà della vita, degli offici, delle inclinazioni forma quell’accordo e quasi armonia, voluta da natura a utilità e dignità del civile consorzio».
È deplorevole che Papa Francesco abbia utilizzato questo motto ideologico centrale della massoneria anche come sottotitolo in un capitolo di Fratelli Tutti (cfr. nn.103-105), senza presentare i chiarimenti e le distinzioni necessari per evitare malintesi e strumentalizzazioni.
Lei ha parlato spesso di come i papi, nel corso dei secoli, compreso Papa Francesco (Discorso ai giovani a Torino, 15-06-2015), abbiano condannato la massoneria. Vede somiglianze o sovrapposizioni tra l’idea massonica di fraternità e quella proposta in questa nuova enciclica?
In una dichiarazione ai media, la Gran Loggia di Spagna ha espresso la sua soddisfazione per l’ultima enciclica di Papa Francesco, Fratelli Tutti, dichiarando che il Papa ha adottato il concetto massonico di fraternità e allontanato la Chiesa cattolica dalle sue precedenti posizioni. La loro dichiarazione recita:
«Trecento anni fa è nata la massoneria moderna. Il grande principio di questa scuola iniziatica non è cambiato in tre secoli: la costruzione di una fratellanza universale dove gli esseri umani si chiamano fratelli al di là dei loro credi specifici, delle loro ideologie, del colore della loro pelle, della loro estrazione sociale, della loro lingua, della loro cultura o la loro nazionalità. Questo sogno fraterno si è scontrato con il fondamentalismo religioso che, nel caso della Chiesa cattolica, ha portato a duri testi che condannano la tolleranza della massoneria nel XIX secolo. L’ultima enciclica di Papa Francesco dimostra quanto sia lontana l’attuale posizione Chiesa cattolica da quelle precedenti. Nella Fratelli tutti il Papa abbraccia la fraternità universale, il grande principio della massoneria moderna».
Le somiglianze e le sovrapposizioni tra l’idea massonica di fraternità e quella proposta nella Fratelli Tutti sono sorprendenti. In sostanza, Papa Francesco presenta una fraternità di carne e sangue meramente terrena e temporale a livello naturale. In definitiva è una fraternità basata e nata dal primo Adamo, e non da Cristo, il nuovo Adamo. Questa prospettiva è formulata nelle seguenti affermazioni della Fratelli Tutti: «È mio desiderio contribuire alla rinascita di un’aspirazione universale alla fraternità» (n. 8); e «il numero sempre crescente di interconnessioni e comunicazioni nel mondo di oggi ci rende fortemente consapevoli dell’unità e del destino comune delle nazioni. Nelle dinamiche della storia, e nella diversità delle etnie, delle società e delle culture, vediamo i germi di una vocazione a formare una comunità composta da fratelli e sorelle che si accettano e si prendono cura gli uni degli altri» (n. 96).
Una fraternità universale e meramente naturalistica basata sui legami del sangue e della natura è il nucleo della teoria e della prassi della massoneria. Un famoso massone francese, il marchese de La Tierce, ha scritto nella sua introduzione alla traduzione delle prime costituzioni dei massoni di Anderson, che fraternità universale significa «una religione universale, su cui tutti gli uomini sono d’accordo. Consiste nell’essere buoni, sinceri, modesti e persone d’onore, per qualunque denominazione o particolare convinzione che si possa distinguere» (cfr. Revue d’Histoire Moderne et Contemporaine, 1997/44-2, 197). Secondo La Tierce, l’obiettivo della massoneria consiste nel permettere a individui di tutte le nazioni di entrare in un’unica fraternità (cfr. Histoire de Franc-maçons contenant les sugli obblighi et statuts de la très vénérable confraternité de la Maçonnerie, 1847, I, 159). Lo stesso autore ha scritto in modo molto esplicito che «è per ravvivare e diffondere queste massime essenziali prese dalla natura dell’uomo, che la nostra società è stata fondata» (cfr. ibid., 158).
Papa Leone XIII indicava proprio il naturalismo come la caratteristica centrale della massoneria, poiché perseguono come obiettivo «la sostituzione di un nuovo stato di cose secondo le loro idee, le cui basi e leggi devono essere tratte dal mero naturalismo» (Enc. Humanum Genus, 10). Questo è il dogma principale della massoneria: «C’è solo una religione, solo una vera, solo una naturale, la religione dell’umanità» (cfr. Henri Delassus, La Conjuration Antichretienne, Lille 1910, tomo 3, p. 816). Dal punto di vista religioso e spirituale, il naturalismo è una delle più grandi tentazioni e inganni con cui Satana allontana gli uomini dal Regno di Cristo, il regno della grazia e la vita soprannaturale. Senza proclamare i diritti di Dio, i diritti di Cristo Re su tutti gli uomini e le nazioni, i diritti degli uomini, il benessere sociale, la giustizia e la pace mancheranno di una solida garanzia. Papa Leone XIII scrive:
«Il mondo ha sentito abbastanza parlare dei cosiddetti “diritti dell’uomo”. Lasciate che ascolti qualcosa dei diritti di Dio. Possa Dio guardare con misericordia questo mondo, che ha davvero molto peccato, ma che ha anche sofferto molto in espiazione! E, abbracciando nella Sua amorevole benignità tutte le razze e le classi dell’umanità, possa Lui ricordare le Sue stesse parole: “Io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutto a Me” (Gv 12, 32)» (Enc. Tametsi Futura Prospicientibus, n. 13).
La Fratelli Tutti offre una critica alla politica, sia del liberalismo che del populismo, e include numerose retoriche anti-Trump. Lei pensa che questo sia un documento politico programmato per le elezioni presidenziali statunitensi di novembre?
Penso che papa Francesco farebbe bene a seguire l’esempio degli Apostoli e la grande tradizione della Chiesa nel non proporre modelli politici ed economici concreti e transitori. Papa Giovanni Paolo II ha detto giustamente: «La Chiesa non propone sistemi o programmi economici e politici». E che «la Chiesa offre il suo primo contributo alla soluzione dell’urgente problema dello sviluppo quando proclama la verità su Cristo, su se stessa e sull’uomo» (Enc. Sollicitudo Rei Socialis, 41). Papa Leone XIII ha insegnato che «i cattolici, come tutti i cittadini, sono liberi di preferire una forma di governo a un’altra» (cfr. Enc. Immortale Dei). Lo stesso insegnamento lo ritroviamo nei documenti del Concilio Vaticano II: «La Chiesa, in ragione del suo ruolo e della sua competenza, non si identifica in alcun modo con la comunità politica, né è vincolata ad alcun sistema politico» (Gaudium et Spes, n. 76).
Eccellenza, ci sono delle considerazioni finali che desidera aggiungere?
Vista nel suo insieme, la Fratelli Tutti dà la triste impressione che, a prezzo di un’aspirazione universale alla fraternità per la pace nel mondo e la convivenza (intesa come buona e sincera), sacrifica l’annuncio dell’unicità di Gesù Cristo come unico Salvatore e Re di tutta l’umanità e di tutte le nazioni. Quanto sarebbe stato necessario e benefico, per l’intera umanità, se Papa Francesco avesse proclamato in questa sua enciclica sociale ciò che avevano fatto tutti gli Apostoli, i Padri della Chiesa e i Papi, dichiarando agli uomini di tutte le nazioni e religioni questa verità: «Il più grande beneficio e la più grande felicità consistono nell’accettare Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, l’unico Salvatore, e credere in Lui». Una nuova enciclica sociale oggi dovrebbe riecheggiare anche queste parole della prima enciclica sociale della Chiesa, la Rerum Novarum:
«Avendo il mondo mediante la luce evangelica appreso il gran mistero dell’incarnazione del Verbo e dell’umana redenzione, la vita di Gesù Cristo Dio e uomo si trasfuse nella civile società che ne fu permeata con la fede, i precetti, le leggi di lui. Perciò, se ai mali del mondo v’è un rimedio, questi non può essere altro che il ritorno alla vita e ai costumi cristiani. È un solenne principio questo, che per riformare una società in decadenza, è necessario riportarla ai principi che le hanno dato l’essere, la perfezione di ogni società è riposta nello sforzo di arrivare al suo scopo: in modo che il principio generatore dei moti e delle azioni sociali sia il medesimo che ha generato l’associazione. Quindi deviare dallo scopo primitivo è corruzione; tornare ad esso è salvezza. E questo è vero, come di tutto il consorzio civile, così della classe lavoratrice, che ne è la parte più numerosa».
Quest’insegnamento riecheggia l’intera tradizione cattolica, che risale già a Sant’Agostino, che scrisse:
«Chi dice che la dottrina di Cristo è incompatibile con il benessere dello Stato, ci dia un esercito composto di soldati come la dottrina di Cristo richiede loro di essere; lasciamo che ci diano tali soggetti, tali mariti e mogli, tali genitori e figli, tali padroni e servi, tali re, tali giudici – in fine, anche tali contribuenti e esattori delle tasse, come la religione cristiana ha insegnato che gli uomini dovrebbero essere, e poi lasciate che osino dire che è contrario al benessere dello Stato; sì, piuttosto, che non esitino più a confessare che questa dottrina, se fosse obbedita, sarebbe la salvezza del Commonwealth» (Ep. 138 ad Marcellinum, 2, 15).
L’enciclica Fratelli Tutti rappresenta una soluzione di emergenza puramente umana, e limita l’umanità all’orizzonte di un’aspirazione universale alla fraternità naturalistica. Una tale soluzione non avrà effetti di guarigione duraturi, poiché non è costruita sull’esplicita proclamazione di Gesù Cristo come Dio incarnato e l’unica via per la salvezza. La Chiesa, anche nel suo insegnamento sociale, deve edificare la Casa di Dio, che è il Regno di Gesù Cristo nel mistero della Sua Chiesa e della Sua Regalità Sociale. Non è missione della Chiesa costruire una “nuova umanità” sul piano naturalistico (cfr. Fratelli Tutti, n. 127), o «lavorare per la promozione dell’umanità e della fraternità universale» (Fratelli Tutti, n. 276), ovvero per costruire un “mondo nuovo” per la giustizia e la pace temporali (cfr. Fratelli Tutti, n. 278). In una certa misura si possono applicare alla Fratelli Tutti queste parole della Sacra Scrittura: «Se il Signore non costruisce la casa, invano faticano i costruttori. A meno che il Signore non vegli sulla città, la sentinella rimane sveglia invano» (Sal 126, 1).
Piene di vero potere profetico e rilevanza per la situazione attuale della Chiesa e del mondo sono le seguenti parole del Servo di Dio, il sacerdote italiano don Dolindo Ruotolo (†1970), nella sua lettera a Papa Pio XI:
«Mali gravissimi minacciano la Chiesa e il mondo. Questi mali non sono scongiurati da soluzioni umane di emergenza, ma unicamente con la vita divina di Gesù in noi. Inizia una grande battaglia tra il bene e il male, tra l’ordine e il disordine, tra la verità e l’errore, tra la Chiesa e l’apostasia. I sacerdoti gemono sotto la desolazione di una vita inerziale, i religiosi sono diventati poveri nella vita santa. I pastori, i vescovi, dormono. Si trascinano e non hanno la forza di animare il loro gregge, che è disperso» (Lettera del 23-12-1924).
San Francesco una volta pregò notoriamente nella cappella di San Damiano, ad Assisi, e sentì Cristo dirgli dal crocifisso di «riparare la mia Chiesa, che sta cadendo in rovina» (cfr. Legenda maior 2, 1). San Bonaventura attesta che Papa Innocenzo III, «in sogno vide, come racconta, la Basilica Lateranense sul punto di cadere, quando un poveretto, di statura meschina e di aspetto umile, la appoggiò con le proprie spalle, salvandola dalla caduta. “In verità”, dice, “egli è che con la sua opera e il suo insegnamento sosterrà la Chiesa di Cristo”» (Legenda major 3, 10). Oggi la Chiesa di Roma si trova in una simile situazione di collasso spirituale, a causa del torpore spirituale della maggioranza dei Pastori della Chiesa, dell’eccessivo assorbimento dello stesso Papa nelle questioni temporali, e dei suoi sforzi per realizzare la rinascita di un’aspirazione universale a una fraternità mondana e naturalistica (Fratelli Tutti, n. 8).
Il Signore conceda, per intercessione di san Francesco, che papa Francesco possa venire ad offrire un esempio a tutti i vescovi, proclamando ancora una volta con vigore queste parole di Nostro Signore: «A che serve conquistare il mondo intero se si perde la propria anima?» (Mc 8, 36), e ripetendo con Sant’Ilario di Poitiers: «Non accettare Cristo, è il pericolo più grande per il mondo! [quid mundo tam periculosum, quam non recepisse Christum!]» (In Mt. 18).
(Fonte: TheRemnant)
Forse sono il primo che dice “mi piace”… il commento di Mons. Schneider. Ma ribadisco con tristezza che si continua a girare intorno al problema principale: questo vicario è il vicario di Cristo o il vicario di tutto/tutti meno che di Cristo? Dopo sette anni alcuni pochi Pastori (cardinali e vescovi), tra cui Mons. Schneider, hanno lungamente e doviziosamente spiegato, provato e concluso che la Chiesa Cattolica ha un vicario non all’altezza del compito, tanto da meritare continue critiche, correzioni, spiegazioni, richieste di scioglimento di equivoci … senza mai risposta, ma sul silenzio-rifiuto su materie di Fede. Ad ogni sua omelia quotidiana, intervista aerea, scritto, intervista, ci sono migliaia di critiche sempre più gravi per dirimere i suoi equivoci, le sue affermazioni contrarie al dottrina del Nostro Unico Maestro: CRISTO, ai Concili Ecumenici dogmatici, ai Dogmi di Fede, ecc., tanto che è stato accusato di eresia (dai 4 Cardinali dei 5 dubia-eresie, diventate sette eresie nella Correctio filialis de haeresibus propagatis), per continuare con l’accusa di apostasia, di sincretismo, di idolatria, di rivalutazione dell’eresiarca principe (Lutero: “medicina per la Chiesa”, ma vera “cicuta” condannata solennemente dal Concilio di Trento!)… per arrivare a porre la Chiesa Santa di Cristo Gesù sullo stesso piano di ogni altra religione umana con i documenti “Fratellanza umana” (“… Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani”, ora rafforzati da “Fratelli tutti”, scritta a sei mani (“…ho avuto una fonte di ispirazione nel mio fratello Bartolomeo, il Patriarca ortodosso che ha proposto con molta forza la cura del creato, in questo caso mi sono sentito stimolato in modo speciale dal Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb, con il quale mi sono incontrato ad Abu Dhabi per ricordare che Dio «ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro». Non si è trattato di un mero atto diplomatico, bensì di una riflessione compiuta nel dialogo e di un impegno congiunto. Questa Enciclica raccoglie e sviluppa grandi temi esposti in quel Documento che abbiamo firmato insieme… [i.e. Fratellanza umana). Dal sereno commento di Mons. Schneider, si può evincere che a queste fonti si è sancito il sincretismo a danno del dogma cattolico, oggi rafforzato da altri due elementi che bene ha descritto Mons. Schneider: una “fratellanza” senza Cristo e “massonica”. Mi domando cosa ci rimane della nostra Santa Fede in Cristo, unica Via, Verità e Vita, dopo che il vicario Bergoglio quotidianamente da sette anni tenta di condurre la Sua Chiesa fuori strada? I pochi iniziali buoni pastori, si assottigliano sempre più e si perdono per strada o sfiniti o disperati o sfiduciati o paurosi dell’ira bergogliana. Quei pochi rimasti continuano a disquisire, commentare le sue eresie, apostasie, idolatrie, aggiungendo, ora, la fonte sincretista, massonica, di una Buona Novella di Cristo senza Cristo, senza mai concludere per l’unica conclusione corretta alle loro giuste e crescenti dimostrate accuse, di cui Bergoglio ne viene rafforzato con il suo silenzio, con la difesa del suo cerchio magico, che suda per correggere le sue stesse espressioni blasfeme e volgari. E la gramigna delle sue eresie, apostasie, idolatrie di pachamama, di sincretismo e di approdo alla massoneria, si sta radicando a danno delle anime dei più ingenui cattolici, che vedono nel Vicario di Cristo la loro certezza nella Fede, mentre, al contrario, è il peggior nemico della loro anima e della loro salvezza… tanto da far dichiarare ad un Pastore della Chiesa Cattolica che siamo in presenza dell’ANTICRISTO (Jan Pawel Lenga, Arcivescovo-Vescovo emerito di Karaganda, e che insieme a Mons. Thomas Peta e allo stesso Athanasius Schneider aveva siglato una pubblica ammonizione per porre termine ad un vicario eretico [e dimostrato dal card. Danneels: invalido e, quindi, scomunicato; ammonizione ancora chiusa in qualche cassetto, forse in attesa dei continui aggiornamenti di eresie, apostasie, idolatrie…). Gli unici che rimangono a difesa della Santa Fede e della Santa Chiesa di Cristo, sono i siti cd. laici, ma privi di alcuna autorità, se non con la preghiera per la fine di questo “abominio della desolazione” o “De bergogliana desolatione”. Solo qualche raro pastore-kamikaze-intrepido, si erge a difendere Cristo e la Santa Madre di Dio, con le parole e con i fatti.
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Umilmente rimango – rimaniamo, in attesa di un risposta da Mons. Schneider: perché non si procede dopo sette anni di dubia, eresie, apostasie, negazionismo di dogmi, canonizzazione dell’eresiarca Lutero, sincretismo di Fratellanza universale, di Fratelli tutti, di massoneria…di invalidità nella elezione… non si ritiene di procedere ad un solenne “ammonimento pubblico”, come da Lei stesso previsto? Noi semplici laici siamo capaci da soli a capire la differenza tra grano e zizzania, ma non abbiamo alcuna autorità per concludere per una ammonizione solenne e pubblica contro un vicario eretico… Voi che avete perché non concludere in maniera coerente alle vostre stesse giuste critiche e non invitate, costringete, a porre termine ad un vicario che da sette anni non è pastore ma lupo del gregge santo del Signore?
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