Vi proponiamo nella nostra traduzione le riflessioni di Peter Andrew Kwasniewski, giornalista e scrittore, riguardo l’omelia del mattino di papa Francesco di lunedì 4 maggio.
Il Papa in un’omelia distorce l’insegnamento cristiano di base
Sembra che Francesco abbia confuso la redenzione con la giustificazione.
Peter Andrew Kwasniewski (LifeSiteNews, 4 maggio 2020)
Nella sua omelia alla messa del 4 maggio 2020, papa Francesco, partendo dalla consolante verità che Cristo è morto per tutti gli uomini, ha in qualche modo raggiunto una conclusione doppiamente falsa: non dobbiamo convertire i non credenti poiché la morte di Cristo “giustifica” tutti:
Grandi e piccoli, ricchi e poveri, buoni e cattivi. Tutti. Questo “tutti” è un po’ la visione del Signore che è venuto per tutti ed è morto per tutti. “Ma è morto anche per quel disgraziato che mi ha reso la vita impossibile?”. È morto pure per lui. “E per quel brigante?…”. È morto per lui. Per tutti. E anche per la gente che non crede in Lui o è di altre religioni. Per tutti è morto. Questo non vuol dire che si deve fare proselitismo, no. Ma Lui è morto per tutti, ha giustificato tutti.
Ci sono alcuni problemi piuttosto basilari con queste affermazioni fuori dal comune.
In primo luogo, sembra che il Papa abbia confuso la redenzione con la giustificazione.
La redenzione è il “pagamento” da parte di Cristo del debito di giustizia dell’umanità verso il Padre. Questo lo compie nel suo sanguinoso sacrificio sulla Croce, che è il solo e l’unico accettabile sacrificio di espiazione.

La redenzione oggettiva si applicata all’anima di ogni essere umano; la redenzione soggettiva, è la condivisione degli individui alla redenzione di Cristo per mezzo della fede e dei sacramenti. In altre parole, il fatto che Cristo abbia dato al Padre tutto ciò che l’umanità gli deve, non cancella automaticamente il debito che ogni individuo incorre da Adamo e dai suoi peccati personali. Ogni individuo deve entrare liberamente nella morte e risurrezione di Cristo per essere completamente redento.
La giustificazione, nota anche come rigenerazione, descrive l’applicazione dei frutti della Passione di Cristo ai singoli uomini mediante il potere dello Spirito Santo. Questo è il motivo per cui possiamo davvero dire che Cristo è morto per tutti, ma non tutti saranno salvati, non tutti saranno giustificati, ma solo coloro che si uniscono a Cristo nella fede, nella speranza e nella carità. Questo, inoltre, è precisamente il motivo per cui sono necessari sforzi missionari ed evangelici. Come insegna San Paolo:
Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Ora, come potranno invocarlo senza aver prima creduto in lui? Eccome potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi? E come lo annunzieranno, senza essere prima inviati? Come sta scritto: Quanto son belli i piedi di coloro che recano un lieto annunzio di bene! Ma non tutti hanno obbedito al vangelo. Lo dice Isaia: Signore, chi ha creduto alla nostra predicazione? La fede dipende dunque dalla predicazione e la predicazione a sua volta si attua per la parola di Cristo (Rm 10, 13-17).
In altre parole, dobbiamo invocare il nome del Signore per essere salvati, dobbiamo credere nel Vangelo. Per San Paolo – che è stato il più grande missionario nella storia della Chiesa, e che cercava instancabilmente la conversione di ogni ebreo e gentile con cui veniva in contatto – l’unica via per la salvezza è ascoltare il Vangelo e darli il consenso, il che significa che non è sufficiente dire che si acconsente ad Esso, ma che è necessario sforzarsi di vivere secondo l’insegnamento di Cristo.
L’esposizione più autorevole dell’insegnamento cattolico sulla giustificazione è quella data nella sesta sessione del Concilio di Trento, che è anche di gran lunga l’insegnamento più ampio e dettagliato del Magistero sull’argomento, che fu provocato dalle distorsioni eretiche che hanno prevalso nel XVI secolo.
Il capitolo 1° ribadisce: tutti abbiamo peccato in Adamo; siamo tutti impuri e meritevoli dell’ira di Dio; tutti siamo nel potere del peccato, del diavolo e della morte. Il capitolo 2° afferma che Cristo è venuto proprio per salvarci da quest’abietta schiavitù.
I capitoli 3° e 4° sono in diretto contrasto con l’affermazione di papa Francesco:
Ma benché Egli sia risorto per tutti (cfr. 2Cor 5, 15), tuttavia non tutti ricevono il beneficio della Sua morte, ma solo quelli cui viene comunicato il merito della Sua passione. Come infatti gli uomini, in concreto, se non nascessero dalla discendenza del seme di Adamo, non nascerebbero ingiusti, proprio perché con questa propagazione, quando vengono concepiti, contraggono da lui la propria ingiustizia: così se essi non rinascessero nel Cristo, non potrebbero mai essere giustificati, proprio perché con quella rinascita viene attribuita loro, per il merito della sua passione la grazia per cui diventano giusti. […].
[…] la giustificazione dell’empio è il passaggio dallo stato, in cui l’uomo nasce figlio del primo Adamo, allo stato di grazia e di adozione dei figli di Dio (cfr. Rm 8, 23), per mezzo del secondo Adamo, Gesù Cristo, nostro Salvatore. Questo passaggio, dopo la promulgazione del Vangelo, non può avvenire senza il lavacro della rigenerazione o senza il desiderio di esso, conformemente a quanto sta scritto: “Se uno non rinascerà per acqua e Spirito Santo, non può entrare nel regno di Dio” (Gv 3, 5).
Il Concilio di Trento prosegue dicendo, nel capitolo 6°, che gli uomini si dispongono alla giustificazione ascoltando la predicazione del Vangelo e rispondono ad esso con il pentimento e il desiderio del Battesimo.
Il capitolo 7° ci fornisce una chiara definizione della giustificazione:
[…] Essa non è solo remissione dei peccati, ma anche santificazione e rinnovamento dell’uomo interiore, attraverso l’accettazione volontaria della grazia e dei doni, per cui l’uomo da ingiusto diviene giusto, e da nemico amico, così da essere erede secondo la speranza della vita eterna (cfr. Tt 3, 7). […]
Questo capitolo c’insegna quali sono le cause della giustificazione:
- causa finale (scopo): la gloria di Dio e del Cristo e la vita eterna;
- causa efficiente (origine dell’azione): la misericordia di Dio, che gratuitamente lava (cfr. 1Cor 6, 11) e santifica, segnando ed ungendo (cfr. 2Cor 1, 21-22) con lo Spirito della promessa, quello santo che è pegno della nostra eredità (cfr. Ef 1, 13-14);
- causa meritoria: Gesù Cristo, pur essendo noi suoi nemici (cfr. Rm 5, 10), per l’infinito amore con cui ci ha amato (cfr. Ef 2, 4), ci ha meritato la giustificazione con la Sua santissima passione sul legno della croce e ha soddisfatto per noi Dio Padre;
- causa strumentale: il sacramento del Battesimo, che è il sacramento della fede (cfr. S. Agostino, 98 ad Bonifatium, 9), senza la quale a nessuno, mai, viene concessa la giustificazione (enfasi dell’Autore, ndt);
- causa formale (ciò che rende l’anima giusta): la giustizia di Dio.
Alla luce di ciò, le parole del Papa – «(Cristo) ha giustificato tutti» – potrebbero, con un po’ di strabismo, avere un’interpretazione ortodossa se li prendessimo nel senso: “È la causa meritoria della giustificazione di tutti coloro che sono giustificati”. Tuttavia, le parole così come sono – particolarmente adiacenti all’affermazione di non convertire i non credenti, che implicitamente chiama in causa la causa strumentale del Battesimo – sembrano suggerire una visione più affine all’universalismo, cioè che tutti gli uomini saranno salvati indipendentemente dalla loro fede o dalla mancanza di essa, perché Cristo giustifica semplicemente tutti, tout court.
Trento, nel capitolo 14°, ci ricorda anche che coloro che cadono nel peccato mortale perdono la grazia santificante – «sono venuti meno alla grazia della giustificazione» – e vengono riportati alla giustificazione dal sacramento della Penitenza, che Cristo istituì proprio per darci una «seconda tavola dopo il naufragio della grazia perduta».
In altre parole, a differenza della visione protestante “salvato una volta, salvato sempre”, la Chiesa cattolica insegna che dobbiamo rimanere liberamente nella grazia di Dio e perseverare in Essa fino alla morte; che possiamo davvero cadere, ma pure essere riportati alla vita spirituale. Come dice Agostino: «Colui che ti ha creato senza di te, non ti salverà senza di te». Non è una specie di processo automatico o meccanizzato.
Nel suo Dizionario di teologia, l’eminente teologo oratoriano Louis Bouyer aggiunge queste preziose precisazioni:
Quanto alla fede per cui riceviamo la giustificazione, è la fede di Cristo (Rm 3, 22; cfr. Gal 2, 16), cioè la fede che ci porta a essere giustificati in Lui (Gal 2, 17), giustificati nel Suo sangue (Rm 5, 9). Il quinto capitolo della Lettera ai Romani fa luce su quest’ultimo versetto mostrandoci la Croce di Gesù come radice della nostra giustificazione, proprio come il peccato di Adamo era stato la radice del nostro peccato. Dobbiamo inoltre vederlo in relazione al capitolo seguente, in cui San Paolo ci mostra come è attraverso il Battesimo che la fede prende possesso del dono di Dio, il che ci porta giustificazione nella misura in cui siamo battezzati (cioè immersi) nella sua morte, «così che come Cristo risuscitò dai morti dalla gloria del Padre, anche noi potremmo camminare nella novità della vita» (v. 4). L’intero contesto mostra come la giustificazione, mediante la fede nella grazia di Dio in Cristo, è lontana dal scusarci dal vivere senza la santità di Cristo, anzi ci richiede costantemente di farlo (n. 255).
Bouyer osserva che la sesta sessione di Trento «espone una dottrina particolarmente dettagliata e delicatamente formulata dei diversi aspetti inerenti alla giustificazione»:
In conformità con la concezione più unificata di San Paolo, il Concilio ha affermato che esiste una sola giustificazione, che deriva interamente dai meriti del solo Cristo crocifisso, ma che si realizza nella giustificazione positiva che la grazia genera in noi, il principio di buone opere che ne saranno il frutto e, immediatamente, il principio di carità inseparabile dallo stato di grazia (n. 257).
L’insegnamento dogmatico di Trento riassunto sopra è stato espresso innumerevoli volte in altri documenti del Magistero della Chiesa ed è stato esposto da rinomati teologi di tutti i periodi. I lettori possono consultare, ad esempio, l’indice sistematico degli insegnamenti magisteriali nell’Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum del Denzinger, e la presentazione approfondita in Fundamentals of Catholic Dogma di Ludwig Ott.

Quando si ascoltano le omelie di Papa Francesco – o si leggono le trascrizioni –, si ha spesso la sensazione di un uomo che, non appena parla a braccio, rivela l’inadeguatezza del propria preparazione teologica e la sciattezza del suo pensiero. Raramente suona come qualcuno che tenta deliberatamente di smantellare la teologia tradizionale con l’intelligenza di un Karl Rahner; piuttosto, si presenta come una dimostrazione imbarazzante del crollo della sana teologia dogmatica e morale tra la metà e la fine del ventesimo secolo.
Tutti i papi farebbero bene a parlare solo quando i loro pensieri sono stati correttamente formulati – non è stata per un ragione banale che i discorsi e i documenti pontifici di qualsiasi tipo sono sempre stati esaminati attentamente dai teologi della casa pontificia – e parlare in pubblico solo quando è pastoralmente necessario, piuttosto che farlo giorno dopo giorno, come in un talk show radiofonico, o un appuntamento quotidiano di buoni sentimenti. Se i papi si limitassero a fare questo, le loro affermazioni avrebbero una forza risonante più intensa e una maggiore possibilità di feconda accoglienza ecclesiale.
Concordo in pieno con tutto il testo dello Staff, al quale sono immensamente grato, e tante volte avevo io stesso concluso con le stesse riflessioni dell’ultimo paragrafo. Proverbs 10:19 19 Troppe parole non son senza colpa, ma chi frena la lingua è un uomo prudente. La sua scarsa teologia mi è stata confermata dai suoi confratelli: ai tempi di Bergoglio si dovette inviare un corpo insegnante in Argentina dalla Spagna, nelle case della Compagnia, per elevare l’insegnamento teologico, soprattutto, del tutto carente. A quanto pare con scarsi risultati. Oggi ne paghiamo le conseguenze in un profluvio a getto continuo ed a braccio che spiegano tanta confusione dottrinale, con l’aggiunta di equivoci voluti e di chiusura ad ogni legittima richiesta di chiarificazione (cfr. 5 Dubia presentati da 4 Cardinali del 19/11/16, seguita da altre e da altre richieste e aperte accuse di eresie di Teologi, ecc. : tutte rimaste da anni senza mai una risposta di chiarimento). Il tutto condensato e previsto dal giudizio che diede di lui lo stesso Preposito Generale della Compagnia, Han Peter Kolvenbach: “Il Generale dei Gesuiti così delineò l’inidoneità di Bergoglio, essendo il suo carattere: linguaggio volgare, mancava di equilibrio psicologico, era di carattere subdolo, ed era stato una figura divisiva quando era provinciale gesuita in Argentina”. Dopo il primo sconcerto, meraviglia, incredulità…, pochi Cardinali e Vescovi coraggiosi e caritatevoli, seguiti da siti di laici (Teologi, studiosi, ecc.) hanno confermato nella vera Fede il santo gregge di Dio, confuso ed incredulo di una negazione quotidiana della santa Dottrina e Tradizione da parte proprio di chi era stato scelto per confermarli ancora di più nella Fede in Cristo, nostro Dio, Salvatore Redentore. O Signore Gesù, o Vergine Santissima, proteggi sempre questi Maestri nella Fede, che con tanto amore e carità ci sostengono, noi semplici laici cattolici, per rimanere fermi in Te, e mandaci un Buon Pastore perché noi oltre ad essere in una “valle di lacrime” quotidianamente rimaniamo sconcertati da chi dovrebbe guidarci con umiltà, chiarezza, certezza sulla via della Vera Via, per arrivare ad abbracciare la Vera Verità, quando saremo chiamati alla Sua presenza. Maria SS.ma, Madre di Dio, Immacolata Vergine, ti supplichiamo, proteggici fino all’istante ultimo in cui potremo riabbracciare il nostro Dio Creatore, Maestro, Redentore, Salvatore.
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