Il sinodo per l’Amazzonia, forse una nuova religione tribale?

Promemoria: In precedenza, il cardinale Burke e il vescovo Schneider, lanciando un appello per un periodo di digiuno e preghiera durante lo svolgimento dei lavori del sinodo perché non vengano approvati errori ed eresie, avevano elencato 6 punti teologicamente da rifiutarsi. Nei suoi numerosi interventi sul sinodo amazzonico, il cardinale Müller ha adoperato parole di grande preoccupazione…. Tempo prima, il cardinale Brandmüller aveva parlato di “apostasia” ed “eresia”. Per l’arcivescovo José Luis Azcona, vescovo emerito della prelatura di Marajó, nella regione amazzonica brasiliana, con il sinodo si rischia lo scisma. (Stefano Fontana)

  • Pochi cardinali e vescovi sembrano disposti a resistere oggi alla politica di papa Francesco con l’eroismo che esigono le circostanze, ma tra i sacerdoti e i laici le manifestazioni di fedeltà alla Chiesa si allargano, non solo in America, come ritiene il Santo Padre, ma in tutti i Paesi del mondo. Siamo figli di una Chiesa militante che non accoglie e include l’errore, ma combatte l’errore e difende la verità. Una Chiesa che vuole conquistare a Cristo le anime e la società intera. Una Chiesa che si separa da chi, al suo interno, professa una religione diversa. Una Chiesa che affidiamo alla Beatissima Vergine Maria, perché con i Suoi angeli la protegga nelle prossime decisive settimane. (Roberto de Mattei)

Riportiamo quanto segue da Corrispondenza Romana: due interventi uno in video del professore Roberto de Mattei, l’altro con testo scritto del professore Stefano Fontana. Includiamo il video dell’intervento a distanza di mons. Schneider.


(Giuseppe Rusconi, Rossoporpora –  6 ottobre 2019Aperto dalla preghiera alla Madonna di Guadalupe condotta dal cardinale Raymond L. Burke e chiuso dall’Angelus serale guidato dal cardinale Walter Brandmüller, si è svolto a Roma per l’intera giornata di ieri, sabato 5 ottobre, un Convegno di notevole spessore sui temi proposti dall’Instrumentum laboris del Sinodo panamazzonico, che si è aperto oggi in Vaticano.

Promosso dall’Istituto Plinio Corrĕa de Oliveira/Tradizione Famiglia Proprietà (Tfp), ha visto succedersi al tavolo dei relatori personalità di varia estrazione culturale che in mattinata hanno illustrato gli aspetti storici, missiologici, identitari, climatici di quella regione latino-americana e nel pomeriggio si sono concentrati sui contenuti del contestato Instrumentum laboris dell’assemblea speciale dei vescovi.

Presentato in pompa magna il 17 giugno in Sala Stampa Vaticana, il 3 ottobre nella stessa sede l’ Instrumentum è stato de facto declassato, con insistita e non casuale accentuazione, dal cardinale Lorenzo Baldisseri (segretario generale del Sinodo) a semplice “documento di lavoro non pontificio, indicazione di lavoro”, addirittura “base per costruire da zero il documento finale”. Una mossa tattica con l’intento di attenuare le gravi preoccupazioni di molti (anche di diversi suoi confratelli)? Purtroppo vicino a lui stava il cardinale brasiliano (e relatore generale del Sinodo) Claudio Hummes che il “documento di lavoro” l’ha definito come “voce della Chiesa, della terra, della gente, della storia dell’Amazzonia”, evidentemente attribuendogli, anche lui de facto, uno status non certo da carta straccia.

E’ un peccato che la sala Verdi (gremita) dell’Hotel Quirinale a via Nazionale non potesse contenere più di 200 persone. Perché il Convegno è stato (per dirla con papa Francesco) “poliedrico”, affrontando con la competenza dei suoi relatori le varie tematiche che sull’Amazzonia sono (per dirla ancora con papa Francesco) “interconnesse”. Non sarebbe certo male se fosse replicato nell’Aula del Sinodo, a beneficio delle conoscenze e delle riflessioni ( non necessariamente della condivisione) dei venerabili partecipanti. O se, ad esempio per la parte ‘climatica’, fosse ripetuto in presenza di Greta Thurnberg e dei suoi tifosi. E’ sempre buona cosa ascoltare le ragioni dell’ altera pars… Insomma un sabato guadagnato per chi ha voluto o potuto convenire presso l’Hotel Quirinale: veramente tanta la carne (appetitosa) al fuoco, ma in ogni caso – per proseguire con calma le opportune riflessioni – gli interessati potranno richiedere la copia delle relazioni ai promotori.

Dicevamo della varietà dei temi affrontati nella giornata moderata da Julio Loredo, (presidente della Tfp italiana), che ha evidenziato come l’associazione segua da vicino da oltre mezzo secolo la loro evoluzione sul terreno (“Non è la freccia che va incontro al bersaglio, ma il bersaglio che viene incontro alla freccia…”). Di storia del cattolicesimo in Brasile, di evangelizzazione dell’Amazzonia, di svolta negativa con l’imporsi della teologia della liberazione ha parlato l’erede al trono imperiale brasiliano Bertrand d’Orléans e Braganza. E’ poi risuonata la voce delle esperienze indie ad opera dell’esponente dell’etnia macuxí di Roraima, Jonas Marcolino Macuxí. Il climatologo Luiz Carlos Molion (laureato in fisica, meteorologia, idrologia delle foreste) è conosciuto come uno dei capifila del fronte scettico verso la teoria del riscaldamento globale (dunque si può immaginare quanto sia contestato…) ed è stato nel 2010 delegato per il Brasile presso l’Organizzazione meteorologica mondiale, agenzia dell’ONU con sede a Ginevra: il suo ampio e dettagliato intervento ha riguardato sia l’andamento climatico mondiale che in particolare la situazione climatica dell’Amazzonia. James Bascon (Tfp di Washington) si è invece soffermato sui legami tra marxismo ed ecologismo. Nel pomeriggio Stefano Fontana (direttore dell’Osservatorio Card. Van Thuăn per la Dottrina sociale della Chiesa) si è chiesto perché mai la Chiesa dovrebbe darsi un ‘volto amazzonico’ e non invece l’Amazzonia un “volto cattolico”. Lo storico Roberto de Mattei (presidente della Fondazione Lepanto) ha evidenziato i pericoli che corre per la sua stessa sussistenza una Chiesa che aderisca alla ‘nuova religione’ postmoderna dell’ambientalismo. Infine José Antonio Ureta (vedi qui), intellettuale e scrittore appartenente alla Tfp francese, ha analizzato in particolare la teologia india come emerge dall’Instrumentum laboris, preludio a un neo-paganesimo. Da notare l’attenzione e la partecipazione con cui il pubblico ha seguito le diverse relazioni, con un crescendo che è culminato in una standing-ovation finale a quelle di de Mattei e di Ureta.

Tra i molti spunti particolari offerti dal Convegno ne proponiamo alcuni per chi ci legge.

BERTRAND D’ORLEANS E BRAGANZA: BRASILE FONDATO SUL CATTOLICESIMO, MA OGGI SOLO IL 50% E’ CATTOLICO

Storia. Il primo monumento innalzato in Brasile è stato una Croce, il primo atto pubblico una santa Messa. (…) Gli indios aiutarono i portoghesi ad innalzare le Croci (…) Già i Papi del tempo difesero gli indios con la Bolla “Sublimis Deus” (Paolo III) e con il Breve “Commissum Nobis”(Urbano VIII). (…) Si può affermare che tutta la conquista dell’Amazzonia si deve ai missionari, dal secolo XVII.(…) Tutte le principali città dell’Amazzonia sorsero attorno a cappelle e insediamenti missionari. (…) Il cattolicesimo è stato il cemento dell’unità del Brasile.

Cattolicesimo moderno. Nell’ultimo mezzo secolo il numero dei cattolici in Brasile è diminuito dal 95% al 50% (‘Un nunzio apostolico in Brasile – NdR: proprio l’odierno cardinale Lorenzo Baldisseri…– mi disse qualche anno fa che stiamo perdendo l’1% dei fedeli ogni anno. E ora organizza i Sinodi’). (…) Le messe tradizionali  sono state sostituite  da una ‘missiologia aggiornata’ che ha cambiato radicalmente la concezione delle stesse. (…) Secondo José Luiz Azcona, vescovo emerito della prelatura di Marajò, in alcune zone amazzoniche i pentecostali sono l’80%.

Amazzonia e indios. Non stiamo distruggendo l’Amazzonia, l’Amazzonia è intatta. Non ha fondamento il mito dell’Amazzonia che brucia. (…) Secondo un recente studio dell’Istituto brasiliano di geografia e statistiche gli indios nel Paese sarebbero 897mila, di cui solo 180mila vivono in Amazzonia. Come si giustifica un Sinodo di fronte a un numero tanto ridotto di popolazione?

JONAS MARCOLINO MACUXI’: LA MAGGIORANZA DEGLI INDIOS VUOLE PROGREDIRE, NON REGREDIRE

Esponente dell’etnia  macuxí. Fino a dodici anni di età cacciavo e pescavo, figlio di genitori analfabeti. Ho studiato matematica e mi sono laureato in diritto. Sono oggi uno degli esponenti della Società di difesa degli indigeni uniti del Roraima settentrionale. I macuxí nella Raposa Serra do Sol sono circa 12mila. Il 70% è contro la delimitazione della riserva (…) Siamo integrati, dal 1988 abbiamo l’energia elettrica, automobili, bus e viviamo in villaggi produttivi. La maggioranza assoluta degli indios dell’Amazzonia brasiliana chiede di progredire. Il problema è che ci sono alcuni che vorrebbero farci tornare ancora all’età della pietra.

Teologia della liberazione, ecologisti, Ong. Tutta la sapiente costruzione di secoli per l’inserimento degli indios nella società nazionale è stata smantellata dai missionari della Teologia della liberazione dagli Anni Settanta, da alcuni membri dei movimenti ecologisti e ambientalisti, da alcune Ong che fanno i propri interessi o quelli dei loro finanziatori. (…) Ci sono missionari che hanno fatto il lavaggio del cervello agli indios, proiettando per ore e ore filmati con bianchi che picchiavano altri indios.

LUIZ CARLOS MOLION: L’AMAZZONIA NON E’ IL POLMONE DEL MONDO

. Riscaldamento globale. Non esistono mutazioni climatiche o riscaldamento globale prodotti dagli uomini. Quella che esiste è una variazione naturale del clima. Ad esempio ci sono argomenti fisici concreti che suggeriscono che il riscaldamento globale tra il 1916 e il 1945 è stato causato dall’attività solare (la maggiore degli ultimi 400 anni). Oppure che il riscaldamento del 1976-2005, attribuito a attività umane, è invece stato causato dalla riduzione della copertura nuvolosa del 5% e dalla grande frequenza di eventi come El Niño.

. Prossimi anni. Da qualche anno c’è una tendenza al raffreddamento (aumenta la copertura nuvolosa) dell’Oceano Pacifico, che è il fattore più importante per il clima globale. In Europa nei prossimi anni ci saranno inverni più lunghi.

. Amazzonia polmone verde del mondo? L’Amazzonia non è essenziale per la distribuzione delle piogge in altre regioni lontane dall’America del Sud, perché l’Amazzonia non è fonte di umidità per l’atmosfera. La foresta consuma più ossigeno di quanto ne produca. La foresta non produce acqua, ricicla appena l’acqua di piogge anteriori.

JAMES BASCON: IL ROSSO E’ DIVENTATO VERDE

. Comunismo ed ecologismo. Contrariamente a quanto sembrerebbe a prima vista (vedi i disastri ambientali nei Paesi comunisti) comunismo ed ecologismo trovano nel loro sviluppo molti principi in comune. Chiedono un egualitarismo radicale, rifiutano il messaggio cristiano, odiano la civiltà occidentale, rifiutano la proprietà privata in ogni forma, perseguono l’utopia. L’ecologismo moderno, de facto, può essere considerato semplicemente come una forma più avanzata di socialismo paludato quasi religiosamente. Il comunismo non è morto, ma vive nella forma dell’ecologismo. Il verde è il nuovo rosso. L’ecologismo è la concretizzazione perfetta del sogno egualitario di Karl Marx.

. Comunismo e indigeni in America latina. Al sesto Congresso mondiale dell’internazionale comunista a Mosca, ai partiti comunisti dell’America latina fu richiesto di lottare per l’autodeterminazione delle tribù indigene, di produrre propaganda in lingua india e di reclutare indios per la causa comunista. Negli Anni Trenta i comunisti peruviani e cileni incominciarono ad agitarsi per la creazione di repubbliche indie indipendenti nei due Paesi. Nel 1950 in Messico i comunisti lanciarono lo slogan per l’autonomia india nelle amministrazioni regionali e locali.

. Comunismo, ecologismo, indios pre-cristiani. L’indio pre-cristiano delle Americhe serve come modello per le due ideologie. Come accadde nell’America latina negli Anni Settanta, in particolare in Brasile, dove tale idea fu adottata e rimpolpata dalla sinistra cattolica, ad esempio con Leonardo Boff.

STEFANO FONTANA: TRE ERRORI NELL’APPROCCIO AL SINODO PANAMAZZONICO

. Approccio al Sinodo sull’Amazzonia/ Primo errore. Considerare il Sinodo, le sue tematiche e l’approccio teologico che emerge dall’Instrumentum laboris come nati da esigenze di questi tempi (…) come un fungo che nasce nel bosco nel giro di una notte.

. Secondo errore. Pensare che la prospettiva teologica emergente dal Sinodo sia nata in Amazzonia o comunque in America latina. La prospettiva teologica è invece tutta europea, elaborata sulle cattedre universitarie delle università renane e dell’Europa centrale.

. Terzo errore. Stupirsi per il Sinodo, meravigliarsi che sia stato possibile scrivere un Instrumentum laboris con tante dottrine inaccettabili dal punto di vista della fede apostolica. L’impostazione di questo Sinodo è perfettamente coerente con la nuova teologia sviluppatasi nei decenni scorsi.

. Amazzonia dal volto cattolico o Chiesa dal volto amazzonico. Se si vuole una ‘Amazzonia dal volto cattolico’ si presuppone che la Chiesa abbia un suo messaggio che rimane sempre uguale, che non dipende dalla lettura fatta a partire dalla situazione amazzonica. (…) In questo caso la cultura e la situazione sociale ed economica dei popoli amazzonici non sono co-autrici del messaggio cristiano. (…) Se invece si vuole una ‘Chiesa dal volto amazzonico’, significa che l’annuncio di Cristo non ha una sua risonanza originaria, fondante, trascendente, assoluta, ma si comunica dentro la storia (…) Sarebbe come dire che la conoscenza del messaggio è sempre mediata dalla situazione di vita in quanto da essa si parte sempre per l’interpretazione di Cristo. (…) La Chiesa deve ascoltare, imparare, accompagnare e non più insegnare. L’Instrumentum laboris è molto chiaro su questa impostazione.

ROBERTO DE MATTEI: IL PROFETA ELIA GLI IDOLI LI ABBATTEVA

. Amazzonia, parola talismano. Tra le parole talismano della nostra epoca c’è anche quella di Amazzonia. I poteri mediatici internazionali, dopo averla lanciata nel 1992, in occasione del V centenario della scoperta dell’America e della Conferenza di Rio, la prima conferenza mondiale dei capi di Stato sull’ambiente, l’hanno rilanciata nelle ultime settimane. Le settimane in cui una sedicenne svedese, Greta Thurnberg, ha portato il vangelo dell’ambientalismo alle Nazioni Unite, e in cui papa Francesco dedica all’Amazzonia addirittura un Sinodo dei vescovi. Oggi l’Amazzonia non è considerata come un territorio fisico-geografico, ma come un paradigma culturale e addirittura, secondo quanto afferma la Instrumentum laboris del Sinodo dei vescovi, un ‘luogo teologico’ (nn. 18-19).

. Amazzonia, un eden? Ai primi missionari che vi penetrarono nel Cinquecento, questa terra non apparve molto diversa da come la descrive Emil Schulthess, un celebre fotografo svizzero che la esplorò nel Novecento. In un suo famoso libro sull’Amazzonia pubblicato negli anni Sessanta del Novecento, Schulthess spiega quanto sia falsa l’immagine idilliaca che molti ne danno. L’Amazzonia non è un romantico Eden, ma una selva inaccessibile, dove vivono legioni di insetti, eserciti di formiche e di zanzare, miriadi di ragni e di serpenti velenosi; le acque che la percorrono sono infestate da feroci piranhas, da alligatori e da anaconda, mentre sugli alberi sono in agguato giaguari e belve feroci. E’ un mondo dove non penetra mai il sole, senza luce e senza stagioni, dove non esiste la frescura della notte, ma solo afa incontenibile. Un paesaggio in cui piove sempre, le acque marciscono e domina l’umidità e la putredine. E’ il regno delle ombre, non un paradiso, ma piuttosto, afferma Schulthess un ‘inferno verde’.

. Europa, foreste, San Benedetto. L’Europa, dopo la caduta dell’Impero romano, era quasi completamente ricoperta di foreste e di boscaglie. I monaci benedettini disboscarono le foreste, prosciugarono le paludi, irrigarono le campagne, lavorarono i terreni per renderli coltivabili, costruirono il paesaggio di un intero continente. L’esistenza delle foreste è permessa da Dio per spingere l’uomo a non sottomettersi alla natura, ma a dominarla e a trasformarla. Alla foresta, che è il regno delle ombre, che ospita gli spiriti delle tenebre, i monaci opposero la terra coltivata, simbolo della cultura dell’uomo, che è vero progresso sulla strada della verità. Così il Medioevo alle tenebre della foresta, abitata da spiriti maligni, oppose la luce delle cattedrali. La deforestazione è simbolo di civiltà, il culto della foresta simbolo di barbarie. Il primo grande deforestatore della storia fu san Benedetto da Norcia, il padre della Civiltà europea.

. Una svolta preoccupante. Questa è la nuova religione che ci viene proposta: una religione dal volto tribale, che è in realtà un’antireligione, una visione idolatrica della natura, davanti a cui dobbiamo chiedere al Signore lo spirito con cui Elia abbatteva gli idoli e sconfiggeva i falsi profeti (1 Re, 18, 20-40).Temiamo che gli idoli siano accolti in Vaticano e di fronte a questa terribile prospettiva dobbiamo ripetere a voce alta le parole che gli Apostoli opposero a chi chiedeva loro di non predicare il Vangelo subito dopo la morte di Cristo: ‘Non possumus’ ‘Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato’ (Atti 4, 20).

JOSE’ ANTONIO URETA: LA ‘CONVERSIONE ECOLOGICA INTEGRALE’ NON E’ PER GLI INDIOS, MA…

. Teologia india. Ciò che la teologia india cerca è di ‘recuperare il pensiero religioso dei popoli indigeni prima del loro incontro con la cristianità’, come spiega il sacerdote indigeno messicano  Eleazar Lopez (tra gli invitati del Sinodo), il quale si autoproclama ‘ostetrico’ di questa scuola teologica.

. Dialogo interculturale e infanticidio. Il dialogo interculturale mira ad avere una ‘presenza solidale e di testimonianza’ accanto a un popolo, a ‘collaborare al rafforzamento della sua identità’ e ad ‘accompagnarlo nella lotta’. Quindi, per esempio, per gli indiani Yanomami e venti altri gruppi etnici, abbandonare l’infanticidio sarebbe anti-evangelico, perché rappresenterebbe una ‘infedeltà ai propri progetti di vita’. Non sorprende quindi che il Consiglio Indigenista Missionario dei Vescovi del Brasile sul suo sito web abbia ancora la difesa dell’infanticidio presentata dall’antropologa Rita Segato presso la Commissione per i Diritti Umani della Camera dei Deputati brasiliana.

. Conversione ecologica integrale. La parola ‘conversione’ appare 34 volte nell’Instrumentum laboris, ma non una volta si riferisce a un’eventuale conversione degli indigeni (come è noto ci sono vescovi come mons. Kräutler e congregazioni missionarie come i  missionari della Consolata di Torino che si vantano di non aver battezzato nessun aborigeno per diversi decenni). La conversione che viene incoraggiata è sempre una ‘conversione ecologica integrale’ dei civilizzati, predatori della natura in nome della loro presunta superiorità.

Durante i lavori del Convegno è stato proiettato anche un video in cui mons. Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Astana, ha illustrato con forza le ragioni per le quali va difeso da un possibile indebolimento – e anzi valorizzato – l’obbligo del celibato ecclesiastico. In serata invece Daniel Martins (del coordinamento della Tfp giovani) ha presentato il video sulla carovana di giovani che ha raccolto oltre ventimila firme in un viaggio di 20 giorni attraverso l’Amazzonia. Le firme sono state consegnate venerdì alla Segreteria del Sinodo.


L’INTERVENTO DEL PROFESSORE STEFANO FONTANA

Tre errori nell’approccio al sinodo

Nell’affrontare il sinodo sull’Amazzonia bisogna porre attenzione a non compiere tre errori.

Il primo errore consiste nel considerare il sinodo, le sue tematiche e l’approccio teologico che emerge dall’Instrumentum laboris (IL), come nati da esigenze di questi nostri tempi, come qualcosa che non ha una storia alle spalle e non risente degli effetti di un lungo periodo di innovazioni teologiche. Il sinodo sarebbe qualcosa di nato dalle esigenze di oggi, come un fungo che nasce nel bosco nel giro di una notte. Andrebbe considerato quindi privo di presupposti e non sarebbe necessaria nessuna retrospettiva per poterlo valutare. Anzi, risalire all’indietro per ricostruire i presupposti teologici errati che ne stanno alla base, vorrebbe dire coltivare dei pregiudizi ideologici. Si evita di incorrere in questo errore esaminando invece come il sinodo dell’Amazzonia sia il punto finale di un lungo periodo teologico o, per meglio dire, di un nuovo quadro teologico che, umanamente parlando, sembra avere la meglio nella lotta tutta teologica tra due quadri in competizione tra loro.

Il secondo errore consiste nel pensare che la prospettiva teologica emergente dal sinodo sia nata in Amazzonia o comunque in America Latina. Si tratterebbe di una elaborazione autoctona, popolare e non accademica, originale e non importata dall’Europa. Ci si preserva da questo errore valutando come invece la prospettiva teologica del sinodo sia tutta europea, elaborata sulle cattedre universitarie delle università renane e dell’Europa centrale. Dietro la prospettiva teologica del sinodo stanno la teologia della liberazione, la teologia del popolo e la nuova eco-spiritualità di Leonardo Boff, ma dietro queste teologie sta la teologia politica di Metz, e dietro Metz sta la svolta antropologica di Rahner e dietro Rahner sta la nouvelle théologie e così via. Né Metz, né Rahner né il loro maestro Heidegger insegnavano in America Latina ma a Friburgo in Brisgovia e a Innsbruck in Austria.

Il terzo errore che può essere fatto a proposito del sinodo è di stupirsi di esso e di meravigliarsi che sia stato possibile scrivere un IL con tante dottrine inaccettabili dal punto di vista della fede apostolica. L’atteggiamento giusto, però, non dovrebbe essere di stupore, come davanti ad un fungo nato in un attimo, ma di constatazione che l’impostazione di questo sinodo è perfettamente coerente con la nuova teologia sviluppatasi nei decenni scorsi. Stupirsi vorrebbe dire non aver capito i due punti precedenti, ossia che questo sinodo è l’esito di un lungo percorso teologico sbagliato e che si tratta di una colonizzazione teologica delle avanguardie europee, oggi non sono più semplici avanguardie ma forze ideali che hanno occupato stabilmente spazi e potere nella Chiesa. Se ci si stupisce, difficilmente si riuscirà a mettere in atto le risposte adeguate, che travalicano i temi del sinodo stesso e riguardano una rivoluzione teologica molto profonda e articolata.

Vorrei quindi dare il mio contributo affinché si possa evitare questi tre errori di impostazione del problema del sinodo. Intendo quindi mostrare: a) come l’IL sia la conseguenza della nuova teologia; b) come questa nuova teologia sia quella elaborata in Europa e poi esportata in America Latina; c) come questo esito fosse ampiamente prevedibile date le premesse e, quindi, è sulle premesse che bisogna intervenire e non solo sugli esiti.

Perché deve essere la Chiesa a darsi un volto amazzonico e non l’Amazzonia a darsi un volto cattolico?

Mi concentrerò su un solo punto del sinodo, appunto quello di questa domanda, perché mi sembra che da esso derivino tutti gli altri. Lo slogan principale del sinodo è: “una Chiesa dal volto amazzonico”. Non si tratta solo di una scelta pastorale, è anche una scelta dottrinale in quanto questa prospettiva si contrappone all’obiettivo opposto di un’Amazzonia dal volto cattolico. Nell’alternativa tra le due espressioni si gioca il conflitto tra due teologie. In gioco c’è il ruolo della situazione storica-culturale non solo per la comunicazione del messaggio cristiano ma per la stessa sua costituzione. Se si vuole una “Amazzonia dal volto cattolico” si presuppone che la Chiesa abbia un suo messaggio che rimane sempre uguale, che non dipende dalla lettura fatta a partire dalla situazione amazzonica, che anzi aiuta a capire più in profondità quella situazione proprio perché getta su di essa una luce che proviene da Oltre. In questo caso, la cultura e la situazione sociale ed economica dei popoli amazzonici non è co-autrice del messaggio cristiano, ma fatta dono di una salvezza che non è in grado di darsi da sé. Vengono applicati anche in questo caso i due grandi principi: “nessuno si dà ciò che non ha”, e “il più non viene dal meno”. In questo caso l’Amazzonia può fare l’esperienza del dono e della gratuità della salvezza di Dio.

Se invece si assume il principio opposto, ossia si vuole una “Chiesa dal volto amazzonico”, significa che l’annuncio di Cristo non ha una sua risonanza originaria, fondante, trascendente, assoluta, ma si comunica dentro la storia e dipende costitutivamente da una precomprensione mondana, in questo caso quella dei popoli amazzonici. Sarebbe come dire che la conoscenza del messaggio è sempre mediata dalla situazione di vita in quanto da essa si parte sempre per l’interpretazione di Cristo, il cui messaggio non ci è dato se non dentro un contesto che contribuisce a costituirlo, a determinarlo, ed anche a relativizzarlo storicamente. “Una Chiesa dal volto amazzonico” significa che la Chiesa non deve pensare di avere una propria verità salvifica da dare al mondo, ma che nel mondo – in questo caso nella situazione storica e sociale dell’Amazzonia – è già all’opera l’auto-comunicazione di Dio e la sua grazia. Per questo la Chiesa non deve avere come obiettivo l’evangelizzazione, ma il dialogo perché anche essa, la Chiesa, è nel mondo, così come l’Amazzonia, e tra Chiesa è mondo c’è pariteticità, secondo i moderati, o prevalenza del mondo per i più radicali: la Chiesa deve ascoltare, imparare, accompagnare e non più insegnare. L’Instrumentum laboris è molto chiaro su questa impostazione.

Il punto di vista dell’Amazzonia riguarda come si deve leggere il Vangelo, ma questo come è costitutivo del cosa: la contestualizzazione storica – che di solito viene chiamata surrettiziamente inculturazione – non riguarda solo l’assunzione dalle culture locali del come per trasferirvi in modo più efficace il cosa, ma riguarda la definizione dello stesso cosa, ossia dei contenuti della dottrina della fede. Se il come è costitutivo del cosa, l’impostazione diventa pienamente storicistica, processuale ed evolutiva.

Alcuni presupposti storico-teologici

Solo esaminando uno degli slogan del sinodo – “Una Chiesa dal volto amazzonico” – abbiamo notato una rivoluzione nella impostazione teologica e una relativizzazione storicistica del deposito della fede. Nel sinodo è implicita una visione della tradizione come evoluzione che non è di origine latinoamericana ma europea e nasce dall’aver dislocato il locus theologicus fuori della fede apostolica, nel mondo e nella storia, nella “situazione” d’esistenza o nella prassi, secondo categorie hegeliane o heideggeriane. Questo aspetto designa tutta la teologia progressista europea che quindi trova nella impostazione del sinodo il suo coronamento, impedendoci, come sopra già sottolineato, di considerarlo con stupore. A mio parere i momenti principali del processo sono i seguenti tre.

Il problema della “natura pura”

Nel suo libro del 1946, il padre gesuita Henri de Lubac pubblicò il libro Surnatuel, che ebbe poi una nuova edizione nel 1965. La sua impostazione caratterizzava tutta la nouvelle théologie ed era stata anticipata dal libro Un école de Theologie del padre M.-Dominique Chenu, poi condannata dal Sant’Uffizio agli inizi degli anni Quaranta. Chenu sosteneva che il luogo teologico è la “vita della Chiesa” che consiste nell’inseguire quanto lo Spirito di Dio suscita nel mondo. Per il padre Chenu la Chiesa deve “uscire” da se stessa per porsi in ascolto di quanto Dio sta già facendo nel mondo. La dislocazione del luogo teologico dalla tradizione apostolica al mondo era quindi già avvenuta. In Surnaturel, padre de Lubac ripensava il rapporto tra natura e sopra-natura in modo da rendere la sopra-natura costitutiva della natura, fino a porre una predisposizione della natura alla salvezza, un diritto naturale alla salvezza. Il pericolo era che la grazia soprannaturale non fosse più gratuita e Pio XII dedicò un passo della Humani generis a condannare una simile posizione. Faccio notare, in ordine al nostro discorso sul sinodo che, già secondo l’impostazione di de Lubac, in ogni situazione naturale è presente la grazia, in ogni contesto storico è presente lo Spirito del quale porci in ascolto, in ogni situazione umana si auto-comunica Dio e la sua salvezza. Per de Lubac una “natura pura” non esiste, la natura è già nella grazia. Dati questi presupposti si comprende come la Chiesa possa, anzi debba, imparare dei popoli indigeni dell’Amazzonia.

Sempre nell’anno 1946, il padre domenicano Réginald Garrigou-Lagrange, esaminava con angoscia queste nuove prospettive teologiche. Egli vedeva già allora il pericolo dello storicismo e dell’evoluzionismo della dottrina della fede e si chiedeva se sarà ancora possibile in futuro ritenere vera una teologia non più attuale, oppure se l’essere attuale non fosse diventato il criterio fondamentale della verità della teologia cattolica. Anche il sinodo intende come vera la teologia che si fa fecondare dalla cultura amazzonica per essere attuale.

Garrigou-Lagrange poneva anche un’altra questione, quella della forma espressiva delle verità di fede. L’accettazione della storia e del mondo come luogo teologico comportava di cambiare anche la forma espressiva delle verità di fede, cosa che egli riteneva dannosissima perché avrebbe cambiato anche il contenuto. Già allora egli vedeva il pericolo del come che si sostituisce al cosa. Il linguaggio dell’Instrumentum laboris si colloca dentro questo pericolo.

Il personalismo cristiano

Un secondo momento è stato il personalismo cristiano con i concetti di priorità della persona e di teologia in ascolto dell’umano. Il luogo teologico diventa qui la persona umana, sicché ogni espressione della dottrina della fede deve assumere un linguaggio umano, in quanto Dio si auto-comunica nell’uomo. L’antropologia diventa il sapere primario, mettendo in secondo piano la teologia. Anzi, la teologia, dicono i nuovi teologi, è antropologia, in fondo esattamente come diceva Ludwig Feuerbach. Si parla di Dio parlando dell’uomo, si incontra Dio nell’uomo. Nell’Instrumentum laboris del sinodo si fa riferimento ad un umanesimo pre-religioso come luogo teologico della rivelazione, e ad un umanesimo post-religioso (eco-logico, eco-spirituale…) come etica del mondo in cui convergono tutte le culture e tutte le religioni.

La svolta antropologica di Karl Rahner

È però con Karl Rahner e la sua “svolta antropologica” che il ciclo si compie e in cui trova piena spiegazione l’Instrumentum laboris del sinodo. Ogni uomo, uditore della Parola, è dentro una situazione dalla quale si pone in ascolto della Parola. Il risultato è sempre un costrutto, non una parola udita ma una parola interpretata. Non nel senso che prima Dio pronunci la sua Parola e poi l’uomo la interpreti, ma in un senso molto più radicale: la Parola risuona solo dentro un contesto esistenziale che anche la costituisce, nasce quindi già situata, potremmo dire già storicamente interpretata. Ciò avverrebbe anche nel sinodo dell’Amazzonia ed è questo il senso profondo dell’espressione “Una Chiesa dal volto amazzonico” da cui siamo partiti. La comunicazione di Dio all’uomo avviene nel contesto apriorico della sua esistenza, la grazia di Dio è presente ovunque ci sia esistenza umana, perché è la prospettiva che rende possibile tale esistenza. La nozione di de Lubac circa una natura che contiene già in sé un debito di salvezza in quanto è già grazia, viene sviluppata da Rahner in modo decisamente più radicale: la grazia di Dio è nel mondo, inteso questo come l’esperienza trascendentale dell’uomo, quella esperienza per cui egli è uomo ma che proprio per questo non può ridursi a nessun momento particolare della vita umana. La grazia è presente anche nel cristianesimo anonimo dell’animismo e del panteismo delle culture indigene e la Chiesa deve “uscire”

Eresie e scismi al sinodo

Sul sinodo dell’Amazzonia sono giunte da diverse parti accuse di “eresia” e previsioni di uno “scisma”[1]. Non so quanto queste denunce tengano conto che il quadro teologico padre del sinodo ha una visione di eresia e di scisma molto diversa da quella di chi denuncia le eresie e paventa lo scisma. Prima dei contenuti eretici dell’Instrumentum laboris c’è una visione eretica dell’eresia che li alimenta.

L’eresia richiede una visione non processuale né dialettica della tradizione. Concezione dialettica della tradizione vuol dire che quanto viene insegnato come parte del depositum fidei in un certo momento può venire negato dalle nuove esigenze storiche nel frattempo sviluppatesi e il magistero dovrà farlo lievitare verso una nuova sintesi. Questo accade quando l’esistenza storica non viene intesa solo come il terreno di un messaggio assoluto e trascendente, ma come co-produttrice del messaggio stesso. Se è co-produttrice, allora il messaggio si evolve, perché la storia cambia, e la rivelazione non si è conclusa ma continua. Le discontinuità negli insegnamenti circa il deposito della fede sono quindi ammesse, anzi sono viste come fisiologiche e salutari. Quando una posizione dottrinale viene messa in discussione dalla storia siamo davanti ad un fatto positivo dato che a ciò seguirà il raggiungimento di una fase più matura. Il deposito della fede non viene considerato prima di tutto nei suoi contenuti, ma nell’autocoscienza che la Chiesa ne ha: è lì, nell’autocoscienza sempre in evoluzione che avviene la rivelazione. Così deve intendersi l’eresia, non come la negazione di una verità cristiana assoluta, ma come il momento negativo di un processo, utile al processo stesso. Chi parte da questa visione dell’eresia considererà irricevibile e addirittura incomprensibile gli allarmi di cui ho parlato sopra. Naturalmente questa visione dell’eresia è fuori della dottrina cattolica. Possiamo dire che sia eretica perché sostiene l’impossibilità dell’eresia: l’errore dottrinale non esisterebbe se non per essere superato dialetticamente nella verità.

Un discorso simile si può fare per lo scisma. Questo concetto presuppone una unità di dottrina che nella visione evolutiva e dialettica ora vista viene meno. Presuppone anche dei “confini” e delle “condizioni” per potersi dire cattolico. Ma la nuova teologia, presente anche nell’Instrumentum laboris del sinodo, sostiene che la grazia di Dio è presente ovunque, in ogni situazione umana, perché Dio si rivela nell’uomo. Rahner diceva che della Chiesa fanno parte anche l’ateo, l’agnostico, il miscredente, il credente di altre religioni, l’animista o il panteista. Oggi si dice che la Chiesa è la casa di tutti. Allora, se la Chiesa ha dei non-confini o ha dei confini tanto porosi da non distinguersi dal mondo, da essa si entra e si esce senza mai veramente uscirne e senza mai veramente entrarvi. La Chiesa ha come delle sliding-doors, delle porte girevoli, come quelle delle banche o delle hall degli alberghi. Chi è “realmente” dentro la Chiesa lo sa solo Dio. Ma la Chiesa possiede una dottrina ecclesiologica derivata dalla rivelazione che ci dice cosa bisogna fare per entrarvi e per rimanervi. A chi la pensa così lo scisma fa paura. A chi la pensa come la nuova teologia lo scisma non fa paura.

Note

1. Per esempio il documento del Gruppo di lavoro Coetus Internationalis Patrum che ha evidenziato quattro espressioni ritenute eretiche. In precedenza, il cardinale Burke e il vescovo Schneider, lanciando un appello per un periodo di digiuno e preghiera durante lo svolgimento dei lavori del sinodo perché non vengano approvati errori ed eresie, avevano elencato 6 punti teologicamente da rifiutarsi. Nei suoi numerosi interventi sul sinodo amazzonico, il cardinale Müller ha adoperato parole di grande preoccupazione. Il cardinale Sarah si è detto “scioccato e indignato per il fatto che il disagio spirituale dei poveri in Amazzonia venga usato come pretesto per sostenere progetti tipici del cristianesimo borghese e mondano”. Tempo prima, il cardinale Brandmüller aveva parlato di “apostasia” ed “eresia”. Per l’arcivescovo José Luis Azcona, vescovo emerito della prelatura di Marajó, nella regione amazzonica brasiliana, con il sinodo si rischia lo scisma.


 

video-intervento di Mons Schneider

 

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