Ma il Papa è eretico: sì o no? Il prof. Radaelli spiega i limiti e invita ad andare alle radici del problema.

Cari Amici, a “Reti unificate” con il sito cooperatoresVeritatis, ed in procinto di diradare sempre più gli articoli in vista della pausa estiva (per tornare a pieno regime, a Dio piacendo, dopo il 25 agosto), vogliamo offrirvi un testo che certamente è lungo, per gli standard di un sito o di un blog, ma che di questo argomento non se ne sa mai abbastanza lo dice il momento critico e confuso che stiamo vivendo.

I recenti “schieramenti” e di “partito” tra chi è favore ora di una teoria, ora di altra… non ci aiutano a concentrarci sempre sulle origini del problema, o dei problemi. A tratti sembrano avere ragione “tutti”, a tratti alcuni… altre volte nessuno. Per non parlare di certa papalatria che impedisce ogni sereno dibattito, ogni onesto confronto, facendosi tutti scudo – all’occorrenza – dell’infallibilità papale… oppure tentando di risolvere i problemi con il sostenere l’ereticità di un Pontefice così da dichiarare, per una ragione o per altra, che egli “non è più Papa“…. Inevitabile la domanda: ma chi ha ragione?

  • Ciò non vuol dire – spiega il prof. Radaelli – che Papa Bergoglio non sia riconosciuto autore di orrende e ingiustificate invenzioni para-teologiche che gridano vendetta a Dio per la loro inaudita violenza concettuale anti-cattolica, per la loro inusitata spericolatezza nel calpestare un articolo di fede dopo l’altro come farebbe una torma di inferociti cinghiali sguinzagliati tra i filari di una vigna: la forma è salva, ma materialmente il Sommo Pastore, tramutato così nel suo nemico più acerrimo, e sappiamo bene tutti di chi si sta parlando, un danno maggiore di certo non lo potrebbe fare.”

Così presenta il testo integrale qui, il sito di cooperatoresVeritatis:

Riceviamo e pubblichiamo la critica e la controproposta del prof. Enrico Maria Radaelli alla Lettera aperta ai Vescovi della Chiesa Cattolica in cui importanti studiosi di tutto il mondo hanno accusato di eresia papa Francesco.

Dopo gli accesi dibattiti sulla questione di un Papa eretico e la Lettera ai Vescovi attraverso la quale si vuole mettere in risalto gli errori dottrinali di questo Pontificato…. il professor Radaelli sollecita ed invita ad andare all’origine del problema, invita a fare qualche “passo indietro” per capire quanto il problema non sia nato “oggi” ma che è la conseguenza di un concilio di stampo “Modernista”, vedi qui… Qualcuno può NON condividere alcune affermazioni o aspetti della critica mossa dal professor Radaelli, ma è senza dubbio efficace ed onesto leggere il contenuto e ragionarci serenamente sopra….

Ricordiamo inoltre che il prof. Radaelli è autore di importanti libri disponibili in molte librerie italiane e che possono essere ordinati anche via email, compresa la richiesta di questo testo che vi proponiamo a lettura.  Qui il suo sito ufficiale.

  • La sacra Ordalia dottrinale: L’UNICA VIA PER RISOLVERE IL PROBLEMA DELLA PRESUNTA ERETICALITÀ DI PAPA FRANCESCO.
    CRITICA DELLA LETTERA APERTA AI VESCOVI DELLA CHIESA CATTOLICA E CONTRO-PROPOSTA IN DUE ATTI: 1°, UNA DOMANDA; 2°, UNA SUPPLICA. di Enrico Maria Radaelli

E dunque: cosa è oggi infallibile e cosa non lo è più? Il prof. Radaelli sollecita ad andare alla radice del problema e spiega:

“… il sensus fidei fidelium ha le sue basi solide e giustificate solo e unicamente se risponde con quell’assenso assoluto e definitivo che si dice appunto de fide a ciò che il Magistero dogmatico della Chiesa richiede loro, e se tale Magistero stabilisce che i decreti e gli insegnamenti di un Papa che parla ex cathedra hanno una valenza veritativa superiore a quelli di un Papa che non parla ex cathedra, perché con essi la suprema autorità Apostolica, come dichiara la Pastor Æternus, si propone di definire una dottrina in materia di fede o di morale che deve essere ammessa da tutta la Chiesa, i primi potranno essere definiti decreti e insegnamenti formali, e i secondi, con i quali la suprema autorità Apostolica non pretende affatto di raggiungere tali obiettivi, dovranno essere definiti decreti e insegnamenti meramente materiali, così da rispettare i due ben diversi obiettivi e le due ben diverse volontà decretati dalla Pastor Æternus e tali nomi dovranno essere applicati anche ai loro correlativi opposti, le eresie appunto: formali se per ipotesi assurda venissero enunciate ex cathedra, e vedremo che non potranno mai esserlo, materiali in tutti gli altri casi, che sono i casi verificatesi nei secoli, come si vedrà più avanti, e la cui presenza rischiò di non permettere a Papa Pio IX di promulgare il decreto dell’infallibilità pontificia proprio a causa dell’incomprensione mostrata da molti vescovi delle due nozioni capitali di ‘eresia formale’ e ‘eresia materiale’.

E questo è il punto: che c’è una connessione decisiva tra infallibilità pontifica, plurimi gradi di magistero, plurimi gradi di erroneità e plurimi gradi di eresia. Cosa che hanno afferrato benissimo i navigati modernisti alla Suenens/Roncalli/eccetera-eccetera/Bergoglio e che non sanno cogliere nemmeno di una ’nticchia gli estensori della Lettera e i tanti “Servodio” in giro per il mondo. Ha ragione Gesù, v. Mt 10,16.
Non sono gli “umili fedeli” a non credere a tali distinzioni, perché gli “umili fedeli” obbediscono di slancio al Magistero dogmatico che gliele insegna, ma sono i teologi-fai-da-te, o, come il Papa felicemente regnante, chi preferisce al dogma una teologia pauperista, sempliciotta, tanto attraente per la sua apparente immediatezza quanto distorta per la sua totale mancanza di previa adesione alla verità dogmatica. Già siamo in pochi. Se poi siamo disattenti, per non dire di peggio, è finita.

Come si è detto al § 0 (B), infatti, la Chiesa ha in cielo, nell’unica e infallibile Parola che essa stessa insegna e che la costituisce, una Stella Polare: la Costituzione dogmatica Pastor Æternus, che ci è stata già utile a chiarire l’atteggiamento corretto e viceversa il riprovevole che i fedeli possono avere verso il Santo Padre anche allorché questi esprima nozioni o dia disposizioni contrastanti in qualche modo il dogma.
Qui essa ci sarà utile per risolvere un secondo problema, perché in essa cogliamo quella regola che nel 1962 i modernisti seppero individuare per volgere ingegnosamente a loro favore l’adamantina dottrina. Cosa stabilisce infatti la definizione d’infallibilità? Stabilisce (Denz 3074):

Il vescovo di Roma, quando parla ex cathedra, cioè quando, adempiendo il suo ufficio di pastore e di dottore di tutti i cristiani, definisce, in virtù della sua suprema autorità Apostolica, che una dottrina in materia di fede o di morale deve essere ammessa da tutta la Chiesa, gode, per quell’assistenza divina che gli è stata promessa nella persona del beato Pietro, di quella infallibilità, di cui il divino Redentore ha voluto fosse dotata la sua Chiesa, quando definisce la dottrina riguardante la fede o la morale. Di conseguenza queste definizioni del vescovo di Roma sono irreformabili per se stesse, e non in virtù del consenso della Chiesa.”

E qual è il ragionamento dei cospiratori? Semplice: se il Papa è infallibile solo quando parla ex cathedra, ciò significa che quando invece non lo fa, non lo è più, ossia che se non parla ex cathedra, cioè nella pienezza del suo e solo suo pronunciamento, o entelechia, può anche sbagliare, ossia, estremizzando, può anche dire eresie.
In sintesi: locutio ex cathedra = infallibilità; non locutio ex cathedra = fallibilità = possibili errori = persino possibili eresie. Ma attenzione: esse non potranno mai essere considerate eresie formali, perché non sono mai pronunciate al livello formale proprio soltanto al Papa, la locutio ex cathe-dra.
Da qui la regola: se il Papa parla al massimo della pienezza consentitagli, non può nel modo più assoluto dire eresie; ma ciò significa, viceversa, che un’espressione papale può essere considerata formalmente una papale eresia soltanto quando è espressa al massimo della pienezza di espressione consentitagli, perché i gradi di espressione inferiori non ricevono la formalità nella pienezza che solo il Papa ha, ma la ricevono nella pienezza che può avere un qualsiasi vescovo; ma, posto che quando il Papa parla al massimo della pienezza d’espressione consentitagli, egli può pronunciare solo verità adamantine e complete in ogni loro aspetto, un Papa non potrà mai incorrere in un’eresia.

Questa regola costituirà la spina dorsale della lobby modernista che, facendo capo ai primitivi Nouveaux Théologiens, nel ’62 aveva preso possesso in senso antidogmatico del Vaticano II e dal ’96 aveva dato vita al “Club di San Gallo”, un ancor più anti-cattolico e ristretto cenacolo di alti prelati tipo i cardinali Danneels, Kasper, Lehman, Martini e Silvestrini, che si incontrava nell’omonima città svizzera per raggiungere di volta in volta gli obiettivi prefissi sempre seguendo la medesima regola. Una regola semplice semplice. E ferrea: se infatti il Papa convoca un concilio cui toglie ogni possibilità di enunciare una locutio ex catedra, p. es. prescrivendogli la forma di magistero cosiddetta “pastorale”, le definizioni che quel Papa esporrà in quel concilio “non correranno mai il ‘rischio’ di essere infallibilmente vere”, ed è questo l’obiettivo che il card. Suenens e Papa Roncalli hanno raggiunto: “Non essere costretti a dire verità infallibili, ma, al contrario, essere certi di poter dire qualsiasi cosa, magari anche delle eresie (purché non si veda, ma per questo basta equivocare sul linguaggio), tanto: primo, il Papa non potrà mai essere accusato di eresia formale, cioè di eresia; secondo, non sarà mai intaccato il dogma dell’infallibilità, che ci garantisce proprio questo”.
Quello che valse per il Concilio si applicherà poi ai vari Conclave puntando su uomini che garantissero l’applicazione della stessa regoletta, come puntualmente avvenne.
Questo perverso meccanismo non fu mai pubblicamente segnalato da nessuno, tranne che da chi scrive, che lo illustra da due decenni sotto il nome di “Guerra delle Forme”, o “Guerra delle due Forme”.
Nessuno ha mai discusso, o comunque trattato pubblicamente la cosa. Sarebbe bene farlo, frigido pacatoque animo, s’intende. Da cui in ogni caso si ricavano la terza e quarta condizione di eresia formale: la congruità con i limiti giuridici cui è sottoposta ogni espressione di magistero e l’entelechia o pienezza di magistero permessa al parlante.”


Fa notare ancor il prof. Radaelli:

“Però si faccia attenzione: a parte il fatto davvero bislacco per cui a dare le regole del gioco qui è il disobbediente e non l’obbediente, il modernista cioè e non il fedele, (..)  cita sempre questo famoso discorso, e pure osannandolo, perché nella sua semplicità parrebbe risolvere tutti i problemi, ma non si citano mai quelle altre righe che si trovano nella stessa allocuzione, in cui quel Papa ammette un fatto gravissimo, cioè tanto grave da tagliare alla radice tutta la potenza del primo: « [In quel Concilio] sono stati emanati dei testi ambigui per giungere ad una più grande maggioranza, ad un consenso maggiore ». (Discorso alla Curia di Benedetto XVI dicembre 2005)

Il già Papa Benedetto XVI ammette qui l’esistenza di quella che mons. Francesco Spadafora avrebbe chiamato una “zeppa” da infilare sotto il portale del Vaticano II così da scardinare l’intero Concilio (e di conseguenza la Chiesa che ne ha seguito gli assunti): l’ambiguità è la dolosa scappatoia, o meglio la machiavellica astuzia, per realizzare il falso ideologico su cui è stato impiantato il Vaticano II e gli anni a seguire; essa è il  – diciamolo pure – truffaldino escamotage che chi scrive denuncia da decenni, raccomandato dal cardinale Suenens all’accorto orecchio del “Papa buono”, di Giovanni XXIII, che lo mise subito in atto: non utilizzare mai il grado dogmatico di magistero, ma sempre e solo il grado detto pastorale, così da non essere costretti in un insegnamento infallibile (sia straordinario e definitorio che ordinario e definitivo), che natura sua deve essere perfettamente vero e sicuro oltre che perfettamente indefettibile.

Utilizzando invece solo il grado pastorale, la Chiesa, e qui si intende la Chiesa modernista e antidogmatica salita sul Trono più alto appunto con Papa Roncalli, si può permettere: primo, di esprimersi nella doppiezza che si è detta; secondo, di non dire poi tutta la verità, ma solo quella che interessa mettere in luce, tralasciando precisazioni e specifiche anche decisive; terzo, di affermare infine, come già accennato e in altre sedi ben documentato, veri e propri errori dottrinali in fide et moribus, vedi i lavori sul Concilio dei prof. Romano Amerio e Roberto de Mattei, di mons. prof. Brunero Gherardini, di S. E. mons. Marcel Lefebvre e di mons. prof. Francesco Spadafora, per dire dei più insigni…”


 

Per leggere integralmente il testo, cliccare qui. Buona lettura e riflessione.

 

8 pensieri riguardo “Ma il Papa è eretico: sì o no? Il prof. Radaelli spiega i limiti e invita ad andare alle radici del problema.

  1. Io non sono in grado di valutare le questioni teologiche, ma diciamo che l’analisi appare molto interessante. In definitiva, nel nucleo essenziale, non mi pare nuova: già da qualche anno ho letto qualche appello a Francesco di risolvere la questione “ex cathedra”.

    Problema pratico: CINQUECENTO vescovi? CINQUANTA vescovi? Dove? Quando? Come? È un sogno… Forse ne troviamo CINQUE, ma poi finirebbe lì, non sarebbero un inizio…

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  2. credo che la foto
    di questo vescovo vestito da damerino con occhiali da sole, pantaloni alla moda, scarponcini di pelle nera, più di ogni altro commento, articolo, analisi, sia l’emblema della Chiesa di oggi…. ma forse ha afferrato la croce per il verso sbagliato…

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    1. Sotto altri papi mai si sarebbe creduto che quel tipo infighettato sia un vescovo (prendo per buono che lo sia per la serietà di Gazzoli).
      Oggi, sotto il governo bergogliano alla rovescia, se non sei strambo a vario titolo (inutile elencare…) non ti fila nessuno.
      E sarai costretto a fare il prete onesto – secondo il Cuore di Nostro Signore Gesù Cristo – per tutta la vita.

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  3. A voi della redazione il merito di pubblicare un testo che il novanta per cento dei cattolici non leggerà mai, a noi forse quel dieci per cento restante l’onere di fare discernimento. Ci state dicendo che è come vincere un terno al Lotto. Non è una critica, il testo è davvero interessante ed apre senza dubbio alcuno altri fronti fino ad oggi inesplorati in rete (o forse poco esplorato, non sono esperto), del tipo cosa è andato storto a quel concilio come la nuova messa filo-protestante di Paolo VI, oppure perché Giovanni XXIII intese disobbedire alla Vergine di Fatima nel 1960 e cosa ci si poteva aspettare da papi che in tutta coscienza ignorarono il terzo segreto di Fatima.
    Alla ermeneutica della continuità di Benedetto XVI ho sempre creduto, ma non mi pare che alla fine abbia funzionato.
    Quanto a Giovanni Paolo II laddove è stato un vero gigante per certe cose come la difesa dell’etica e della morale cattolica, vi è da dire con onestà che è stato scadentissimo a riguardo delle altre dottrine come l’aver fatto diffondere il già dato come indulto sia la comunione alla mano, quanto le donne chierichetto, per non dire della riforma dei seminari mai avvenuta, o come il dilagare di movimenti e cammini, in barba alle più elementari norme di sicurezza dottrinale.
    Insomma, se la vox populi davvero conta ancora qualcosa nella chiesa è evidente che quella che si ascolta è quella del popolo rivoluzionario che pretenderebbe la botte piena e la moglie ubriaca, convivere cioè con i sacramenti e continuare bellamente a peccare, mentre la voce dei pochi resta al confino, ed anzi viene oggi perseguitata. Per non parlare dei sacerdoti che preferiscono rimanere nell’ignoranza piuttosto che affrontare i testi del concilio per valutarne gli errori e ciò che era accettabile. Non sono esperto a discutere queste cose, ma anche un bambino comprenderebbe che il concilio volle una chiesa nuova e, una chiesa nuova, aveva bisogno di una nuova messa, di nuove dottrine, di nuove pastorali, di nuovi paradigmi, di nuove canzoni.
    Buona estate anche a voi, che l’avete guadagnata onestamente.
    Lucio

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  4. A me pare che la questione sia molto, molto complessa e forse per mia mancanza di conoscenza, leggo da poco tale professore Radaelli e da quel che ho capito anche sul blog di chiesaepostconcilio, egli è contro la teologia di Ratzinger che ha definito altre volte eretico, se non ricordo male criticando anche la Spe salvi.
    Mi reputo tra quei cattolici che ringraziano il documento Dominus Jesus che però gli ambienti tradizionalisti criticano, forse non siamo mai contenti. Però è vero che ci è mancato un magistero ex cathedra che ci dicesse con chiarezza che cosa non doveva essere accolto dello spirito del concilio che, secondo gli ultimi papi, avrebbe inflitto al concilio una pessima interpretazione dottrinale.
    Ma oggi papa Francesco è il sostenitore di tale spirito conciliare e allora viene da chiedersi se non sia lui ad aver tagliato le radici dell’albero mentre gli altri papi, per quanto deboli, scardinati, disobbedienti persino a Fatima come è stato ricordato, o persino modernisti, tutti hanno cercato di salvare la dottrina con dei paletti chiarissimi. Del resto noi fedeli semplici che poteri abbiamo di fronte a questo annacquamento? Corriamo davvero il rischio di una chiesa come la vogliamo noi, anche se ancorata al magistero pre concilio. Io penso che se è stata colpa del concilio, tutti i suoi contenuti verranno aboliti in futuro, oppure rimessi in ordine dando un giudizio su tutti questi ultimi papi dopo che saranno deceduti tutti, perché un’altra chiesa non l’abbiamo e solo questa chiesa, con Pietro ravveduto come insegna Gesù in san Luca, potrà tornare a riconfermare i fratelli nella vera fede.
    Buone vacanze a tutti, Alessandro

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  5. chiedo scusa se non sono in grado di fare grandi valutazioni teologiche della vicenda, ho letto tutto il testo di questo professore ma non ci ho capito molto e non voglio dire per sua colpa. Sono una semplice cattolica che già fatica non poco a mantenersi fedele a ciò che la nostra fede chiede e soprattutto per i sacramenti, e lo confesso, ho tanta nostalgia di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI.
    Non capisco nulla di queste discussioni teologiche o che si vogliano dire, ma so che nel pontificato di Giovanni Paolo II io mi sono convertita ritornando alla santa chiesa e con il pontificato di Benedetto XVI ho imparato ad avvicinarmi di più ai sacramenti riscoprendo la bellezza dell’adorazione eucaristica.
    Mentre vedo, sento e so che in questi sei anni si sta perdendo tutto, la priorità non è più Gesù nell’eucaristia e nei sacramenti, ma è l’immigrante, sta nel peccatore non pentito che vuole e pretende tutto e il papa glielo concede. Non so se questo vorrà dire qualcosa o meno, ma non sono la sola a pensarlo. Io credo che la chiesa di Cristo è e sarà sempre questa, l’unica, la nostra santa chiesa, apostolica e cattolica e che anche i papi possono sbagliare, ma non verrà meno la potenza e la guida di Gesù nostro Dio.
    Vi auguro anche io buone vacanze che vi siete meritati, ringraziandovi per tutte le cronache che trattate con pazienza e con scrupolo. Ciao da Carlotta

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  6. Premesso che non conoscevo questo professore Radaelli che anche io ho letto la prima volta su chiesa e post concilio, ma da quanto ho capito ce l’ha con Ratzinger e il concilio. Allora mi permetto di fare due annotazioni brevi, se mi sarà concesso e vi ringrazio se vorrete pubblicare, se è no, vi ringrazio lo stesso.
    A) Per chi volesse capire davvero qualcosa sul concilio vi invito a leggere il libro del professore Roberto de Mattei “Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta”, qui si capiscono tutte le manovre dei modernisti che pilotarono il concilio verso quello spirito che poi i due pontefici succeduti, condannarono e negarono che fu esso l’espressione e la volontà dei padri e del papa stesso.
    Ma resta l’ambiguità gravissima di Paolo VI, il suo essere enigmatico e troppo sprovveduto fino a dare via la tiara quasi fosse un oggetto personale del papa, da farci quel che voleva, fino ad affermare pubblicamente che si assumeva la responsabilità di sacrificare la messa a favore di un rito moderno sia perchè riteneva di attirare così di più il popolo, sia per facilitare i protestanti. In entrambi i casi abbiamo avuto il fiasco completo e, peggio ancora, si è perso il sacro della messa e si sta perdendo la Presenza reale. Poi non entro nel merito del gesuitismo impazzito di cui avete scritto molto voi stessi. Tutto ciò ed altro è atto a dimostrare che qualcosa al concilio è andato storto eccome e di come i papi cercarono però di mettere riparo.
    B) Qui ora non ho spazio per parlare di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI che può ben dirsi un unico grande pontificato fra i due. Entrambi sposarono però le linee guida di un concilio che ribaltava completamente la liturgia, l’essenza della chiesa, la sua missione, l’ecumenismo, il dialogo con il mondo, l’uomo al centro e quant’altro. Capirono che se non si mettevano freni allo spirito del concilio, crollava giù tutto. Benedetto XVI ha poi dato una versione sui fatti del concilio all’ultima udienza al clero prima della dismissione dicendo che si trattava del concilio mediatico quello che aveva vinto, quello spirito che aveva apportato modifiche tali da rimettere in discussione dogmi e dottrine che però difesero, ma troppo debolmente tanto da non riuscire ad uscirne fuori e sapete perché? Perchè pure loro erano convinti che la chiesa doveva cambiare e tutti si illusero che ciò potesse avvenire senza toccare la dottrina. Bergoglio che è rozzo nei modi ma ha un cervello gesuiticamente fine, per non dire perverso e nevrotico (l’ha detto lui in una intervista di avere delle nevrosi), si è stufato dei giochetti che sono stati fatti per cinquant’anni ed ha deciso che fosse giunto il momento di porre la parola fine alle discussioni sul concilio: si fa così e basta. Tutti si devono adeguare al nuovo corso, anche Gesù Cristo.
    Ora le conclusioni traetele voi.
    Sante ferie a tutti voi da AldoKappa

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