Sì, Dio è grande, ma la foresta e la sua legge lo superano (proverbio panteista)

Vogliamo aiutare i Lettori a comprendere certi eventi esposti in questo precedente articolo, sottolineando che si può certamente parlare di buona fede di Paolo VI, ma che per difendere questa sua fede nell’uomo abbia commesso troppi errori è fuori discussione, non dice forse il detto che la strada dell’inferno è lastricata dalle buone  intenzioni?
Paolo VI, ma come anche Giovanni XXIII e persino Giovanni Paolo II erano tutti ed entrambi, con lo stesso Ratzinger, inebriati dalle buone intenzioni, tutti loro non vedevano l’ora di trovare le soluzioni per far amare la chiesa ad un mondo in completa trasformazione sociale e culturale, farla amare a tal punto da svenderla, fare sacrifici non per la chiesa ma per l’uomo, rinunciare alla santa Tradizione come dirà Paolo VI per inventare con i protestanti la messa moderna e la distruzione della lingua latina, pur di andare incontro all’uomo, ma non certo incontro a Dio. Si legga anche qui la “nuova svolta antropologica”.


Giovanni Paolo II e Benedetto XVI lo avevano capito bene che si era fatto il passo più lungo della gamba, lo spiega Ratzinger al meeting di Rimini nel 1990 e lo stesso Giovanni Paolo II che per difendere la dottrina e la Tradizione si era affidato a Ratzinger.
Il problema è sempre stato quello di difendere il concilio piuttosto che la vera Fede in Cristo Gesù.
Nel 2015 per la canonizzazione di Paolo VI ci sono stati molti convegni per riportare il pensiero umanista di Paolo VI tanto che furono espresse queste parole:
“l’interesse per l’arte, la cultura e la comunicazione, considerati come “luoghi” privilegiati di un dialogo sempre più serrato tra Chiesa e mondo contemporaneo. Si potrà così toccare con mano come il Papa bresciano abbia anticipato non poche delle “novità” di pensiero e di azione che avrebbero caratterizzato l’opera dei suoi Successori, preparando il terreno per quel dinamismo missionario cui, da ultimo, lo stesso Papa Francesco – con il Suo costante appello ad una Chiesa “in uscita” – ci invita accoratamente…”
Con questi pensieri inizia la devastazione delle chiese, la costruzione di quelle nuove private della centralità Eucaristica per metterci L’UOMO, il celebrante con l’assemblea, i nuovi protagonisti del nuovo culto.

«Quanto voleva Paolo VI è ben esplicitato già nel ’65, nel discorso di conclusione del Concilio, immagine di una Chiesa china sull’uomo. Sì la storia del Samaritano è stata il paradigma della spiritualità del Vaticano II, ma anche di quella di Paolo VI», così ha affermato il teologo don Ettore Malnati, che aggiungeva «Il cristianesimo non si fida dell’umanesimo naturalista, diceva Paolo VI, consapevole che anche il cristianesimo ha bisogno continuo di tagliandi non sempre graditi. L’umanesimo da lui indicato chiedeva lo sviluppo di tutto l’uomo, di tutti gli uomini. Non un umanesimo esclusivo. Nella certezza che non esiste vero umanesimo se non aperto all’Assoluto, che l’uomo si realizza per davvero solo trascendendosi».

Da queste nuove categorie di pensiero comincia lo strappo vero con la Dottrina sociale della Chiesa; da qui il concetto di un “Assoluto” nel quale però non è più Gesù Cristo il centro, ma una qualsiasi “idea di Dio” della quale il Cristo avrebbe rivelato un volto accomodante ad ogni credo, ad ogni condizione, purché l’uomo non rinunci al suo trascendere. Da qui si sono spalancate le porte all’ecumania, al dialogo interreligioso a discapito della Verità, ed oggi così al sinodo per l’Amazzonia che imporrà una ulteriore visione dell’uomo e del suo umanesimo facendo leva persino, attraverso l’instrumentum laboris, sul ritorno del mito rousseauiano del buon selvaggio e della natura originariamente buona, prima di essere stata inquinata dalla civiltà, naturalmente contaminata dalla civiltà cristiana che avrebbe imposto per troppo tempo, la propria cultura cristologica….

Non è un caso se Paolo VI viene ricordato proprio quale papa del “nuovo umanesimo”, una aberrazione in termini, per quanto si sia faticato per non far dimenticare che tale misura è il Cristo, come ricordava Ratzinger nell’omelia prima di diventare pontefice, sulla scia della Dominus Jesus che portò ad un duro attacco contro Ratzinger e Wojtyla accusati di aver tarpato le ali, con quel documento, alle idee innovative di Paolo VI, all’ecumenismo, al nuovo umanesimo e via dicendo.

Papa Francesco non ha fatto altro che riprendere da sei anni quel filone interrotto dai paletti imposti dal magistero di Giovanni Paolo II e, dalla ferrea custodia dottrinale di Ratzinger, è se vogliamo dare colore ai fatti, il “salto della quaglia” espressione che viene usata anche per riferirsi alla manovra messa in atto da un partito per contrastare l’azione di un altro partito senza dare a quest’ultimo la possibilità di mettere in atto manovre ostruzionistiche… è quanto sta facendo Bergoglio nei confronti della sua applicazione definitiva alle innovazioni dello “spirito” del concilio, abbattendo tutti i paletti posti in difesa della sana dottrina, dai suoi predecessori.

Per non dilungarci poi sul concetto della nuova Messa definita da Paolo VI, all’udienza generale del 17 marzo 1965 “NUOVO ORDINE”, con queste espressioni:
“…non si deve credere che dopo qualche tempo si ritornerà quieti e devoti o pigri, come prima; no, il nuovo ordine dovrà essere diverso, e dovrà impedire e scuotere la passività dei fedeli presenti alla santa Messa”, come se per duemila anni i fedeli fossero stati “passivi” alla Messa, mentre così si sottolinea la pertinace aberrazione di come la Messa sarebbe dovuta essere proprio “diversa”, un nuovo ordine imposto dalla sua idea di “nuovo umanesimo”, nuovo Cristo, nuovo Logos, nuova chiesa, nuove dottrine.
Salvo contraddirsi all’udienza del 19 novembre 1969 quando afferma: “…vedrete illustrate altre meravigliose proprietà della nostra Messa (..) Non diciamo dunque “nuova Messa”, ma piuttosto «nuova epoca» della vita della Chiesa…”

“…All’indomani del Concilio ecumenico Vaticano II, una rinnovata presa di coscienza delle esigenze del messaggio evangelico le impone di mettersi al servizio degli uomini, onde aiutarli a cogliere tutte le dimensioni di tale grave problema e convincerli dell’urgenza di una azione solidale in questa svolta della storia dell’umanità”: così iniziava l’enciclica ‘Popolorum Progressio’ emanata il 26 marzo 1967 la quale però fu corretta in molti punti dal cardinale Siri su richiesta dello stesso pontefice e tuttavia, come racconta lo stesso Siri si veda qui, di quella correzione non se ne fece più nulla, venne stracciata…

LA NUOVA ERA, la nuova pentecoste, la nuova Chiesa… Un capovolgimento, un ribaltamento che Giovanni Paolo II e Benedetto XVI avevano capito benissimo ma non ebbero il coraggio di denunciare e condannare, tentando di apportarvi solo alcune modifiche, i paletti detti dottrinali, oggi annientati da papa Francesco che ha fatto proprie le innovazioni embrionali nel pensiero montiniano, portandole alle estreme conseguenze.
Papa Francesco ha preso da Paolo VI l’aspetto che più si conforma al suo stesso carattere: APRIRE PROCESSI….
Mentre Giovanni Paolo II insieme a Ratzinger-Benedetto XVI accantonarono questa idea dedicandosi più all’aspetto correttamente formativo per una applicazione più ortodossa dei contenuti del concilio, Bergoglio-papa Francesco rompe gli indugi fin dalla sua elezione facendo fare alla chiesa un salto indietro nel tempo per tagliare ponti e paletti imposti da Wojtyla e Ratzinger, e ripartire da ciò che voleva – in buona fede – Paolo VI: la rivoluzione umanista!
E se per Paolo VI c’era la buona fede di quell’audacia ( come in Giovanni Paolo II e Benedetto XVI) di chi intende la fedeltà alla tradizione secolare della chiesa come inseparabilmente legata alla ricerca di vie nuove per far giungere il messaggio evangelico all’umanità di oggi… Bergoglio sfrutta gli stessi espedienti ma non con gli stessi intenti.

E’ Papa Francesco ad aver affermato il 16 settembre 2016 al Consiglio delle Conferenze Episcopali in Europa, IL SUO SOGNO, ecco le sue parole:
“un nuovo umanesimo europeo”, cui servono “memoria, coraggio, sana e umana utopia”…..
sana ed umana UTOPIA? Il Cristianesimo non è utopia e l’utopia non può essere sana perché, l’utopia costituisce l’oggetto di un’aspirazione ideale non suscettibile di realizzazione pratica… l’utopia è un ideale etico-politico destinato a non realizzarsi sul piano istituzionale, ma che ha funzione stimolante nei riguardi dell’azione politica, nel suo porsi come ipotesi di lavoro o, per via di contrasto, come efficace critica alle istituzioni vigenti…. è l’deale di quell’aprire processi che è tipico del Modernismo gesuita degli ultimi tempi, cattolicizzando ciò che non cattolico attraverso LA PRASSI, illudendosi di non toccare così la dottrina.

Oscar Wilde affermava: «Una cartina del mondo che non contenga Utopia non è degna neppure di uno sguardo, perché tralascia il paese nel quale l’umanità continua ad approdare. E, quando vi approda, l’umanità si guarda intorno, vede un paese migliore e issa nuovamente le vele. Il progresso è la realizzazione di Utopia.»
Nella religione i famosi NOVISSIMI rischiano senza dubbio di diventare utopia laddove venisse meno l’ossatura DOTTRINALE E DOGMATICA dell’insegnamento sul nostro fine ultimo, ed è quanto sta già avvenendo oggi nella chiesa nella sua grave apostasia dalla retta dottrina.

Diverso fu Utopia – un non-luogo, a luogo inesistente o immaginario (di san Tommaso Moro, infatti mai citato da Bergoglio) – nel cui romanzo esprime il sogno rinascimentale di una società pacifica dove è la cultura a dominare e a regolare la vita degli uomini… l’opera infatti narra di un’isola ideale (l’ottimo luogo), pur mettendone in risalto il fatto che esso non possa essere realizzato concretamente (nessun luogo)… un luogo felice INESISTENTE….

Tornando al discorso di papa Francesco del 2016 sopra citato, ha affermato anche: “È con le opere di misericordia che la Chiesa, madre premurosa, si sforza di andare incontro con amore alle ferite dell’umanità per poi risanarle col balsamo della misericordia europea”. …. “MISERICORDIA EUROPEA” (???)

Per concludere questa lunga presentazione alle riflessioni dell’amico ingegnere Claudio Gazzoli, è necessario perciò avere bene a mente il quadro generale della situazione che non è di oggi, ma ha le sue radici ben radicate in una utopia descritta in questo “nuovo umanesimo” che ha messo da parte il Cristo-Dio per promozionalizzare L’UOMO a prescindere dal suo peccare e dalla fede che professa.
Oggi non è più importante quanto Paolo VI fosse in buona fede o meno, i risultati li vediamo… continuare a negarli è pretendere di vivere “nell’isola che non c’è”….

«L’antica storia del samaritano è stata il paradigma della spiritualità del concilio» affermava Paolo VI nel discorso di chiusura al concilio, sparando la sua idea di “nuovo umanesimo”. Ma la storia del buon Samaritano non è ciò che oggi pretendono imporre con la nuova visione di una prassi privata della dottrina… la Chiesa infatti, come e con il suo Divin Sposo, ha soccorso da sempre, spiritualmente e materialmente, l’uomo che lungo la via di ogni tempo viene aggredito e spogliato dai briganti.
Sant’Agostino spiega chi sono i briganti, essi sono l’uomo iniquo, LE ERESIE, GLI SCISMI, L’APOSTASIA dalla sana dottrina che aggrediscono il viandante bisognoso di essere salvato, emendato dai suoi peccati, curato nelle ferite del peccato dalla sua penitenza e dal suo pentimento, introdotto così nella Chiesa per essere nutrito dai Sacramenti della salvezza. Ma l’utopia del nuovo umanesimo montiniano “dell’uomo divinizzato” (mentre la Chiesa ha sempre insegnato la sacralità dell’uomo da redimere, che è ben diverso) è senza dubbio quella Gnosi che è il brigante dietro il quale, invece, il concilio con papa Francesco oggi, sono scesi a patti, a compromessi lasciando piuttosto il malcapitato a morire di stenti per la strada dell’inferno….


IL RICHIAMO DELLA FORESTA

 di Claudio Gazzoli

  • Tu che produci l’ovulo nelle donne,
  • che crei il seme negli uomini,
  • che nutri il figlio nel grembo di sua madre
  • che lo calmi perché non pianga,
  • tu, nutrice anche nel grembo,
  • che dai l’aria per mantenere in vita tutto ciò che hai creato.
  • Come sono numerose le tue opere!
  • sono nascoste alla vista degli uomini,
  • o dio unico, a cui nessuno è uguale.
  • Hai creata la terra secondo il tuo desiderio,
  • quando eri solo,
  • e gli uomini e il bestiame e ogni animale selvatico,
  • tutto ciò che è sulla terra, camminando sui suoi piedi,
  • e tutto ciò che è nel cielo, volando con le sue ali,
  • i paesi stranieri, la Siria e la Nubia, e il paese d’Egitto.
  • Tu hai messo ogni uomo al suo posto,
  • provvedendo a ciò che gli è necessario.
  • Ognuno ha il suo cibo ed è contata la durata della sua esistenza.
  • Le loro lingue sono differenti idiomi,
  • e diversi sono anche i loro caratteri e la loro pelle,
  • giacché tu hai differenziato i popoli stranieri.
  • I tuoi raggi nutrono tutte le piante:
  • quando sorgi vivono e crescono per te.
  • Tu fai le stagioni per far crescere tutto ciò che hai creato,
  • l’inverno per rinfrescarlo,
  • la calura perché ti gustino.
  • Sei la durata della vita
  • perché si vive di te.
  • Gli occhi vedono la bellezza finché non tramonti,
  • ogni lavoro è deposto quando tramonti a occidente.
  • Ti levi per tuo figlio
  • che è uscito dal tuo corpo………

Questo brano (da “Letteratura e Poesia dell’antico Egitto” di Edda Bresciani) che sembra tratto dall’Antico Testamento, è l’Inno ad Aton del Faraone Amenofi IV, vissuto un paio di secoli prima dell’esodo del popolo ebraico. Esso esprime, sul piano della fede, il rapporto dell’uomo con Dio creatore, nella mediazione fondamentale della natura. Eppure quello è un “popolo barbaro” come recita il salmo 113. Anche se oggi può sembrare “politicamente scorretto” non è il popolo eletto da Dio. La nostra appartenenza alla Chiesa di Gesù quali figli di Dio, in virtù del Battesimo, anche se nessuna goccia di sangue ebraico scorre nelle nostre vene, ci pone sulla via di quella tradizione, dispone tutti i nostri antichi geni allineati lungo il percorso dalla Creazione alla Città di Dio.

A leggere il documento “Instrumentum laboris” in preparazione del Sinodo per l’Amazzonia si rimane “sconcertati”, come dice Aldo Maria Valli.  A me ha dato un senso iniziale di tristezza ma poi ha contribuito a chiarire gli ultimi lati oscuri di questo pontificato, anche se occorre riconoscere che i germi, pur se molto mistificati, di tutto questo e altro, vanno ricercati nel documento “Nostra Aetate” del Concilio Vaticano II.

Come sostiene Freud, da loro molto amato, tanto da farne oggetto di studio nei moderni seminari, la nostra cultura occidentale ha origini ancestrali nei miti greci. Allora non ci resta che tornare alle origini inserendo nelle nostre liturgie magari libagioni, danze dionisiache, possessioni rituali… ma oibò!  lo stanno già facendo!

Dal primo al terzo secolo molti dei nostri antenati hanno volontariamente aderito al Cristianesimo e volontariamente abbandonato quei riti, al prezzo di terribili persecuzioni. Anche se l’intellighenzia non vuole riconoscerlo siamo figli di quella cultura nata sulle ceneri di quella antica… altrimenti staremmo qui a sacrificare caproni.

Gesù non si è mai pronunciato sulla perdita, da parte del popolo ebraico, delle antiche tradizioni rimpiazzate da quelle ellenistiche. Non si è pronunciato sugli enormi squilibri della società ebraica del tempo soggetta ad una doppia dominazione, non sempre in armonia, quella di un re di origine non ebraica e quella Romana. Non ha mai direttamente condannato pratiche sociali che, oggi, sarebbero considerate “barbare”. La sua è PAROLA, rivolta all’anima di ciascuno di noi, non ideologia.

Nei suoi tre anni di vita pubblica ha dato modelli di comportamento che sono entrati nella prassi dei primi cristiani per il tramite dei suoi discepoli.

Questa Amazzonia felix descritta nel documento non esiste nella realtà. Basta leggere i rapporti di quelli che in passato l’hanno studiata o il classico “Tristi Tropici” del grande antropologo Claude Lévi-Strauss. Basta, ma tant’è, se il mito non esiste bisogna inventarlo come fondamento di una nuova religione naturalista, come hanno fatto i nazisti con i miti germanici o le pratiche magico-rituali introdotte da Lenin sulla base di antiche usanze russe.

Ora accade che, da una parte, in occidente, si mostrano tremendamente complici (e non è il caso di ricordarne qui le innumerevoli manifestazioni) di chi vuole, distruggere, ma lo hanno già compiuto, le nostre consuetudini strutturali a partire da quella primaria della famiglia. I Romani, che pure non rifiutavano i rapporti con lo stesso sesso, non si sarebbero mai sognati di legalizzare queste pratiche, dando a loro la dignità di “famiglia”. La struttura della famiglia romana, che ha le sue origini nella organizzazione delle comunità pre-storiche come quella villanoviana, ha costituito il nucleo che, per mille anni, ha tenuto salda la organizzazione dello Stato. La stessa struttura sulla quale sono poi sorte le prime comunità Cristiane. La famiglia, quella normale, fa parte della nostra TRADIZIONE ancestrale che la Chiesa attuale sta contribuendo a distruggere, arrivando persino (questo sarebbe esilarante se non fosse tremendamente tragico) a proibire di pregare nelle chiese in riparazione delle invasate manifestazioni anti-famiglia oggi così diffuse.

Dall’altra parte, invece, difendono strenuamente le culture indigene dei popoli extraeuropei andando a riscoprire la “saggezza ancestrale, riserva viva della spiritualità e della cultura indigena”.

Da una parte hanno fatto scempio, negli ultimi 60 anni, delle tradizioni liturgiche e dottrinali che si erano formate per intervento inequivocabile dello Spirito Santo nei 2000 anni di Cristianesimo, dall’altra propongono una “liturgia inculturata” che abbia la “il coraggio di trovare i nuovi segni, i nuovi simboli, una nuova carne per la trasmissione della Parola, le diverse forme di bellezza che si manifestano in vari ambiti culturali…” per intervento dello Spirito, parola che, da sola, compare 12 volte nel documento.

Da una parte si respinge tutto quello che viene considerato conservatore sostituendolo con il modernismo più sfrenato dall’altra si propone un ritorno allo stato originario di natura dando a questo il primato nel percorso verso la Rivelazione, sostituendo la Legge di Dio con la legge della foresta.

Sempre nel documento si legge:

“..ci sviluppiamo come esseri umani sulla base dei nostri rapporti con noi stessi, con gli altri, con la società in generale, con la natura/ambiente e con Dio”.

Una Chiesa che mette al primo posto la “Ecologia integrale” e considera Dio come una delle tante relazioni possibili per un essere umano non è più la Chiesa di Gesù Cristo.

Sarebbe ora che qualche prelato di rango elevato prenda una posizione chiara, non quella, contraddittoria, di chi pur constatando che l’allenatore tifa palesemente per la squadra rivale, festeggiando con gli avversari, dimostrando sciatteria e inettitudine nel disporre i propri giocatori in campo, ostinandosi a proporre schemi di altre discipline a lui congeniali, denigrando i colori societari, sostiene però che “… l’allenatore non si tocca!”. Sarebbe ora, perché il danno che ne deriverebbe avrebbe un effetto enormemente inferiore a quello che si sta facendo alla moltitudine di anime di chi in buona fede (??) o per autogiustificazione sta seguendo, imperturbabile e ammaliato, il pifferaio magico.

Claudio Gazzoli – Monterubbiano (Blog dell’Autore)

7 pensieri riguardo “Sì, Dio è grande, ma la foresta e la sua legge lo superano (proverbio panteista)

  1. Salve! Non voglio mettere in discussione nè il vostro preambolo di chiarimento alla buona fede dei pontefici passati, così come non metto in discussione il racconto dell’ingegnere Gazzoli, che ringrazio per le sue riflessioni sul grave problema che è il contenuto preparatorio al sinodo per l’Amazzonia.
    Vorrei solo segnalare il testo integrale qui http://w2.vatican.va/content/paul-vi/it/audiences/1969/documents/hf_p-vi_aud_19691001.html – della udienza di Paolo VI di ottobre 1969: Difendere la dignità umana e cristiana dalla perfida licenza ammantata di libertà.
    Un testo del discorso che va letto integralmente e dove afferma: “L’umanesimo non ci basta, perché non riconosce la sopraelevazione dell’uomo, a noi rivelata e comunicata dal disegno divino (cfr. Eph. 1, 18-19); e perché alla fine esso si dimostra inetto a realizzare se stesso; nel suo sforzo di raggiungere la statura alla quale si sente chiamato, fallisce (cfr. Rom. 1, 24 ss.); gli manca quel supplemento di forza e di sapienza, che solo nell’ordine della Redenzione possiamo trovare.”
    Tra questa frase e il discorso iniziale sulla Chiesa e su certe derive, sembra chiaro che Bergoglio non stia affatto seguendo il vero Paolo VI. Forse Montini era enigmatico, amletico come qualcuno ha detto, ma leggendo questa udienza le cose che dice sono condivisibili, o mi sbaglio?
    Grazie per il lavoro che svolgete.
    Massimo

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      1. Alla “buona fede” di paolo VI io non ci credo proprio.
        È ora di finirla con questo “ingenuismo” cronico che ci prende ogni qualvolta si parla di paolo VI o francesco.
        Apriamo gli occhi e ammettiamolo una volta per tutte: consapevolmente, questi pontefici MODERNISTI hanno agito per scardinare, tradire, protestantizzare la Chiesa.
        Non si meritano questo continuo credito che viene ancora dato a loro, perché durante il loro pontificato ogni tanto dicevano qualcosa di cattolico… per bollire la rana la ricetta prevede questo.

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      2. Gentile Alfa,
        il problema è che ne lei e neppure noi, nessuno può fare il processo alle intenzioni. Seguendo l’insegnamento di Gesù ci è dato di giudicare non secondo le apparenze ma secondo giustizia, ossia secondo dottrina ed è quello che tentiamo di fare.
        Parlare di “buona fede” non si intende giustificare, al contrario…. ed essere in buona fede non esclude gravi responsabilità di chi ha agito in tal modo.
        Parlare di buona fede ci consente, invece, di agire secondo giustizia, senza partitismi, senza odio, senza acredine, valutare liberamente senza rimanere incastrati nel soggettivismo lasciando a Dio, come è giusto che sia e la Scrittura insegna, di giudicare i cuori, di giudicare LE INTENZIONI degli altri….
        Nessuno merita nulla, neppure noi, neppure lei…. il “credito” che concediamo è onestà perché non possiamo giudicare le intenzioni a meno che… esse non siano esplicite come fece infatti Lutero e compagnia….. La Chiesa concesse a Lutero due anni di “crediti” prima di giungere alla scomunica…. e nessuno di noi può giudicare un Pontefice, possiamo solo discutere sui contenuti dei loro insegnamenti e fare DISCERNIMENTO senza scartare tutto a priori o per partito preso.
        Capiamo bene che procedere in questo modo è molto più difficile anzichè chiudere la partita come pretenderebbe lei 😉
        Buona Solennità dei Cuori di Gesù e Maria

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    1. Gentile Massimo, ringraziandola per il contributo e la sua domanda, proviamo a rispondere.
      La questione è molto complessa e questo non significa non voler rispondere, ma che non si può rispondere con un sì o un no…. parliamo infatti di “buona fede” soprattutto riguardo a tutti gli ultimi Pontefici e se vuole possiamo partire da Pio XI fino a Benedetto XVI con la “leggera” differenza che… mentre Pio XI e Pio XII avviarono con incoscienza ciò che è stata la deriva che oggi stiamo vivendo perché DISOBBEDIRONO ALLE RICHIESTE DI FATIMA…. da Giovanni XXIII in poi, invece, ci troviamo davanti a UOMINI inebriati (in buona fede) da quella smania di innovazione e riforme che tutti aveva influenzato e contagiato da almeno 50 anni prima del concilio stesso, quando questi futuri pontefici erano “apprendisti”, ossia, giovani sacerdoti in carriera ecclesiastica….
      In sostanza, tutti loro e basta leggere bene le loro biografie per apprenderlo, furono segnalati in quanto “garantisti” delle nuove riforme che già si pretendevano portare avanti, ma che i Pontefici come Pio XI e Pio XII, tentarono però di frenare….
      Leggiamo questa frase:
      «Fino ad oggi si voluto riformare Roma senza Roma, o magari contro Roma. Bisogna riformare Roma con Roma; fare che la riforma passi attraverso le mani di coloro i quali devono essere riformati. Ecco il vero ed infallibile metodo; ma è difficile. Hic opus, hic labor. Il culto esteriore durerà sempre come la gerarchia, ma la Chiesa, in quanto maestra dei sacramenti e dei suoi ordini, modificherà la gerarchia e il culto secondo i tempi; la gerarchia diventerà più semplice, più liberale e il culto più spirituale; per questa via Essa (la Chiesa) diventerà un protestantesimo; ma un protestantesimo ortodosso, graduale, non violento, aggressivo o rivoluzionario»

      è la famosa affermazione del sacerdote scomunicato Ernesto Buonaiuti: https://cooperatores-veritatis.org/2019/05/06/bisogna-riformare-roma-con-roma-quel-modernismo-che-governa-oggi-la-chiesa/
      definito a ragione il fondatore del Modernismo in Italia…. insieme ad alcuni personaggi gesuiti…. Il Buonaiuti fu amico di seminario del giovane Roncalli al quale piacevano le sue idee di riforma (di rivoluzione per la verità), ma davanti alle quali, il futuro Giovanni XXIII seppe resistere riguardo appunto le questioni dottrinali. Insomma pur affermando che il Buonaiuti non avesse tutti i torti, perché la dottrina non doveva toccarsi, Roncalli riteneva che la strada intrapresa dal Buonaiuti andasse portata avanti diversamente ma ufficialmente…. maturando certamente in questo clima l’idea del suo concilio ecumenico…. aprendo il quale Roncalli mise sì i paletti in difesa della dottrina, ma che di fatto avvenne poi ciò che il Buonaiuti aveva auspicato.

      Venendo così alla sua domanda, se il testo di Paolo VI da lei riportato è sbagliato, ovvio che no! Ma si deve tenere a mente tutto il contesto appena esplicitato. Montini era all’epoca un uomo di Curia che veniva lasciato fare in molte piccole iniziative come la fondazione della FUCI ed altre attività POLITICHE atte a portare, dentro la chiesa, tutte quelle innovazioni auspicate dal Buonaiuti. Non dimentichiamo che sia Roncalli quanto Montini entrambi non amavano molto LA PASCENDI DOMINICI GREGIS DI SAN PIO X ossia, quella condanna del Modernismo che, secondo loro, era esagerata… e tarpava le ali alla riforma della chiesa tanto auspicata dai tempi che stavano velocemente cambiando.
      Di questo parere, spiegherà lo stesso Ratzinger nella sua autobiografia e in molte interviste rilasciate, era TUTTA la fascia di giovani teologi come lui e… persino nell’entroterra dell’Est cristiano, dalla Polonia con un giovanissimo Wojtyla che, appena fatto vescovo (nel 1958) scoprirà gli scritti su La Chiesa (per altro messi all’indice dal Sant’Ufficio) del gesuita de Lubac…. innamorandosi DELLA NUOVA IMMAGINE DI CHIESA…. ed anche lui sempre con quella attenzione “purché non si tocchi la dottrina”….
      Insomma, tutti loro avevano in comune LA SIMPATIA VERSO LA RIFORMA MODERNISTA DELLA CHIESA, quella che san Pio X definiva una utopia… una illusione… e loro sostenevano che il Papa Santo avesse un tantino esagerato con le sue paure… e che una riforma si poteva fare senza intaccare la dottrina.

      Per questo troveremo, in tutti i loro testi, pagine MERAVIGLIOSE, dottrinali ed ortodosse…. e tuttavia proiettate inesorabilmente AL FALLIMENTO….
      Ed è questo IL FALLIMENTO che stiamo subendo oggi: fallimento della riforma liturgica che ha trasformato il culto cattolico in una vera oscenità, blasfemia, profanazioni a catena; fallimenti di molte pastorali come ha affermato lo stesso Bergoglio, per esempio, a riguardo della pastorale sul matrimonio…. fallimenti sulla preparazione dei sacerdoti nei seminari…. CINQUANT’ANNI di fallimenti contro i quali si continua a dire: “state esagerando voi che volete vedere solo ciò che è andato storto, mentre il concilio ha fatto tante cose belle”… ma se chiedessimo quali sono questi frutti buoni del concilio, nessuno sa descriverli!
      Tutti questi ultimi Pontefici animati dallo spirito delle “buone intenzioni”, hanno di fatto FALLITO nella riforma che volevano e pretendevano…. e Bergoglio non è altro che uno di questi frutti…. solo che lui, a differenza di loro, ha capito perfettamente che questo tipo di riforma-rivoluzione può essere fatta SOLO se si metterà da parte la dottrina, dando libero sfogo ALLA PRASSI, ALLA PASTORALE non più subordinata alla dottrina, al dogma come di fatto deve essere ed è dal tempo apostolico, ma RIBALTANDO la priorità: la prassi al di sopra della dottrina…. In tal senso, per Bergoglio, si rispetterebbe il fatto di NON toccare la dottrina, ma attraverso la prassi INNOVARE, RIVOLUZIONARE per portare a compimento L’ERA DELLA FRATERNITA’ TRA I POPOLI…
      La dottrina è L’OSTACOLO a questo progetto che per loro è diventato prioritario… illudendosi (ecco Utopia) che tutto ciò possa essere davvero il progetto Divino e la missione NUOVA della Chiesa…. evangelizzare sì, ma non il Catechismo e la dottrina, quanto la CIVILTA’ DELL’AMORE… con un dio accomodante, che tutti possano sentire come amico, indipendentemente dallo stato d’animo in cui vivono, fossero anche nel peccato mortale, o che adorassero chissà quali divinità, perché tanto abbiamo tutti un solo Dio creatore e padre di tutti….. Certamente NON era questo che volevano da Giovanni XXIII a Benedetto XVI, ma è questo che essi hanno permesso, in buona fede….
      E c’è tanto altro da dire, ma ci fermiamo qui perché è questa la risposta alla sua domanda, non ce ne sono altre.

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  2. @cronicasdepapafrancisco
    Capisco che non si possa giudicare le intenzioni e le persone…
    Ma, questo non toglie che si possano giudicare i frutti e i fatti del suo operato. E ad esempio è un dato di fatto che paolo VI voleva avvicinarsi ai protestanti, e solo questo fatto mi induce a dire che agisse in malafede.
    Detto questo so che il giudizio sulla persona spetta solo a Dio, ma non chiedetemi di considerare un simile pontefice un santo.

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