“La Chiesa di Gesù Cristo non può dunque cedere il proprio governo in mano d’altri, non può vendere né alienare in alcun modo a chicchessia l’elezione dei propri pastori, perché non può distruggere se medesima; e qualunque cessione assoluta in questo proposito sarebbe irrita per sé, sarebbe un contratto viziato all’origine, un patto nullo, a quel modo che è nullo qualsiasi vincolo d’iniquità… (..) Non è un esigere che non s’abbia più bisogno dagli uomini d’aver confidenza nei ministri della religione, cioè che s’abbia rinunziato ai bisogni ed ai rimorsi dell’anima, che insomma si possa far senza religione, o accontentarsi tutt’al più della esteriorità e materialità di essa? E che è questo se non l’aver imposto al popolo un obbligo di una cieca, o per meglio dire irragionevole obbedienza, che è un sinonimo perfettissimo di indifferenza religiosa? Quando si riesce ad ottener questo dal popolo cristiano, allora si riesce a pervertirlo, a distruggere nella sua anima il cristianesimo, lasciandolo solo nelle abitudini…..” (beato Antonio Rosmini da le 5 piaghe della Chiesa, quando i Vescovi vengono lasciati al potere LAICALE…)
Il beato Antonio Rosmini (1797-1855) è stato davvero profetico con il suo libro “Delle cinque piaghe della Santa Chiesa” e che gli costò ai suoi tempi, una dura repressione, perchè egli chiedeva semplicemente che la Santa Madre Chiesa non accondiscendesse AI COMPROMESSI col potere del mondo…. ed istruisse dottrinalmente e culturalmente sia il Clero quanto il Popolo. Rosmini parla di una storia, quella della Sposa del Cristo data in gestione dal Cristo ai Pastori, in uno sviluppo storico in Occidente, un percorso di successi e di difficoltà, di santità e di tradimenti… del messaggio del Cristo, ma che riscontra una grande attualità perché, queste piaghe di cui si parla …. non possono mai essere dichiarate sconfitte fino alla fine del mondo, e necessitano di attenzione continua e di uno sforzo costante teso alla continua vigilanza e autoriforma sotto la spinta dello Spirito Santo, ben sapendo che quelle porte degli inferi non prevarranno mai su di Essa.
Rosmini denuncia, con fare davvero profetico, il CEDIMENTO del governo della Chiesa ai poteri forti, ai poteri del mondo e, queste cinque piaghe, possiamo sintetizzarle così:
1. la divisione del popolo dal Clero nel pubblico culto;
2. l’insufficiente FORMAZIONE CATTOLICA del Clero (preoccupazione fatta propria da san Pio X che fece infatti il famoso Giuramento antimodernista, da parte dei seminaristi ammessi al sacerdozio);
3. la disunione dei Vescovi, specialmente in campo dottrinale e magisteriale;
4. le nomine dei Vescovi lasciate ai poteri del mondo e politicizzate;
5. l’asservimento dei beni della Chiesa in mano al potere politico….
Per il beato Rosmini le ultime piaghe sono causa delle prime e tutte, nell’insieme, sono correlate l’una all’altra, è il CEDIMENTO, IL COMPROMESSO con il mondo. Essendo il problema di carattere politico, politicamente egli venne censurato dalla Chiesa del suo tempo.
Ma Rosmini non brandiva la bandiera della rivoluzione… egli ribadiva che il Cristiano, specialmente il Clero e i Vescovi, sono “nel mondo, ma non del mondo…” e quel FORMARE il Clero e gli stessi Vescovi intendeva per lui la formazione ad un pensiero CATTOLICO all’interno di un mondo che andava verso una scristianizzazione, e che questa formazione doveva prevalere per far fronte anche ad un mondo laico maggiormente sbattuto dalle tempeste rivoluzionarie, e spesso confuso su ciò che dovesse fare.
Forse è utile ricordare che già sotto il Concilio di Trento la Chiesa aveva iniziato a lavorare sulle sue “piaghe” evidenziandone ben tre riprese poi dal Rosmini:
1. l’ignoranza del Clero e del popolo;
2. lo scollamento tra Clero e popolo tanto da penalizzare la questione sociale la quale, infatti, rimaneva un campo nel quale vi lavorarono i più grandi Santi e Fondatori nella Chiesa;
3. il cedimento emotivo e supino del Clero al potere politico…
Trento reagì in modo forte con tre riforme che diedero una svolta alla Chiesa di quel tempo:
1. la nascita e lo sviluppo dei seminari per la formazione del Clero e l’avvicinamento del popolo alla Catechesi. Il domenicano san Pio V fu il primo Pontefice a consegnare ai Laici, specialmente ai genitori, la prima educazione catechetica in famiglia.
2. uso dei sinodi per restaurare la disciplina nel Clero e tra i Vescovi per riportare la Chiesa al posto che le competeva nel mondo e a servizio del popolo;
3. riappropriarsi di quella libertà sociale, per poter ridare alla Chiesa la libertà di azione per portare al mondo la Missione affidatale dal Cristo.
Rosmini aveva capito bene che quelle vere riforme non furono portate a compimento, e aveva profeticamente fiutato questi stessi pericoli nel Clero e nel laicato cattolico rimproverando, però, la latitanza dei Vescovi troppo spesso manovrati da poteri politici in lotta tra di loro (una continua minaccia alla comunione della stessa Chiesa cattolica, come sommamente temuto anche dal beato Papa Pio IX). In un vecchio articolo pubblicato in tempi non sospetti e sotto il pontificato di Benedetto XVI quando nel 2007 beatificò Rosmini, leggiamo:
- “La nomina dei vescovi e l’amministrazione dei beni ecclesiastici da parte dello Stato sono un esempio lampante, denunciato da Rosmini. Non possiamo però credere che questo problema non riguardi più la vita della Chiesa oggi. Non riguarda più la vita della Chiesa nell’Occidente liberale…. La Chiesa, sparsa nel mondo, deve fare ancora i conti con il controllo e le ingerenze, a volte feroci, di un potere politico violento e dispotico. E quasi sempre i cristiani sono i primi a ricevere persecuzioni. C’è chi resiste eroicamente, come la Chiesa “sotterranea” cinese guidata dal cardinale Joseph Zen, ma c’è anche la Chiesa “ufficiale”, anch’essa formata da cattolici, che ha deciso di scendere a patti con il regime di Pechino, e ne subisce il forte condizionamento. Non è che un esempio: se ne potrebbero fare molti...”
Scriveva il beato Rosmini: Nel Concilio di Arles dell’anno 314 si ordina «che anche i governatori delle province, giunti a quelle cariche mentr’erano fedeli, devono come gli altri ricevere lettere di comunione dai loro vescovi e il vescovo del luogo dove esercitano la carica, deve aver pensiero d’essi, e se fanno qualche cosa contro la disciplina, e la dottrina, scomunicarli».
Il 22 settembre 2018 la Repubblica Popolare Cinese e la Santa Sede hanno reso noto in un comunicato congiunto di aver firmato un accordo provvisorio sulle modalità di nomina dei vescovi cattolici in Cina. Qual è il contenuto di tale testo? che conseguenze per la Chiesa cattolica? Ascoltiamo il commento per radiromalibera.org del prof. Roberto de Mattei.
Se aggiungiamo anche questo:
- “Se un uomo venerabile come il Cardinale Joseph Zen Ze-Kiun, contrario da sempre a ogni genere di cedimento da parte della Santa Sede al Governo della Cina, afferma «Stanno dando il gregge in pasto ai lupi» e che ciò è un incredibile tradimento», ed infine aggiungendo: «La firma di un accordo con il regime ateo di Pechino mina la credibilità del Papa» , qualcuno, vuol porsi per caso perlomeno delle domande?”
( Padre Ariel S. Levi di Gualdo – leggi qui)
… è evidente che qualcosa – di questo accordo – proprio non torna…. Tutta questa premessa ci conduce, infatti, a quanto ha deciso questo Pontificato oggi -politicamente parlando – per la Chiesa in Cina…. ed espresso tristemente, ma molto realisticamente, dal professor Stefano Fontana al quale lasciamo, ora, la parola attraverso un interessante articolo pubblicato su La NBQ. Buona riflessione.
Cina-Vaticano, una lettera che sa di fideismo (1)
Nella Lettera ai cattolici cinesi, seguita all’accordo con il regime di Pechino, il papa esorta i cattolici cinesi a pregare, ad aprirsi, ad accogliere, a riconciliarsi, ma senza che l’oggetto sia conosciuto. Ci si deve solo fidare del papa. Chiede loro di muoversi al buio, cosa che sta diventando una costante di questo pontificato.
di Stefano Fontana (direttore dell’ Osservatorio Card. Van Thuan)
Il Messaggio che papa Francesco ha rivolto ai cattolici cinesi due giorni fa, dopo la notizia dell’accordo tra Cina e Vaticano sulle nomine episcopali, stupisce per diversi motivi e in diversi punti.
La prima cosa che il lettore si chiede è quale sia il senso di un Messaggio su una cosa che è tuttora sconosciuta. Come si sa, infatti, i contenuti dell’accordo sono secretati. Il Messaggio del Papa è quindi privo di contenuto. A cosa si riferisce? Di cosa parla? Non lo si capisce non per difficoltà di parola – al contrario il testo è ricco di belle parole e belle frasi – ma per mancanza di contenuto. Il papa esorta i cattolici cinesi a pregare, ad aprirsi, ad accogliere, a riconciliarsi, ad accettare la sofferenza … ma l’oggetto non lo dice. Chiede una specie di atto di fiducia verso se stesso, avendo egli rivendicato a sé – nella conferenza stampa di ritorno dai Paesi baltici – la responsabilità dell’accordo.
C’è da sperare che i contenuti dell’accordo vengano resi noti e che i cattolici cinesi fedeli a Roma sappiano, come si dice in gergo, “di che morte moriranno”. Ma intanto come si devono comportare i cattolici della Chiesa clandestina fedele a Roma? Per aprirsi, uscire e riconciliarsi dovranno riconoscere i vescovi della chiesa patriottica come vescovi autentici, anche se sanno che sono spie? Anche se sanno che hanno donne e figli? Anche se sanno che sono lì per pura carriera politica? Stupisce molto che il papa chieda loro qualcosa senza informarli veramente sulla situazione in cui si troveranno a vivere. Che chieda loro di muoversi al buio. Muoversi al buio è fede o fideismo?
Spingere perché ci si muova al buio è un frequente atteggiamento di questo pontificato. Il caso più evidente è l’Esortazione apostolica Amoris Laetitia. Essa è “al buio”. Non dice cosa fare in ordine ad un contenuto definito. Invita a muoversi intorno ad un contenuto impreciso. Con Amoris Laetitia non è nata una nuova teologia del matrimonio, del divorzio, dei Sacramenti della Comunione e della Confessione precisata e definita dal magistero. Sono nati dubbi e incertezze – molti punti di domanda – sulla teologia tradizionale. Su questo è stata però chiesta la mobilitazione dei fedeli, senza aver precisato i contenuti di questa mobilitazione. Ora, in modo simile, ci si rivolge ai fedeli cinesi senza chiarire con loro di cosa si stia parlando.
Nel Messaggio ai cattolici cinesi stupisce poi anche che ci si rivolga – almeno sembra di capire – in via prioritaria ai fedeli della Chiesa clandestina e fedele a Roma, chiedendo loro di “farsi artefici di riconciliazione”, ponendo sullo stesso piano le due chiese, quella fedele a Roma e quella emanazione del partito comunista al potere. Ora, tutti sanno che gli esatti confini tra le due chiese sono difficilmente precisabili. C’è un andirivieni di vescovi e di sacerdoti dall’una all’altra. Questo però non autorizza a metterle sullo stesso piano e a rivolgersi indistintamente agli uni e agli altri come quando si chiede che “Tutti i cristiani, senza distinzione, pongano ora gesti di riconciliazione e di comunione”.
Il papa chiede una Chiesa cinese “in uscita”. Ma la Chiesa cinese dovrebbe uscire verso una non-Chiesa. Ove manca la successione apostolica non c’è Chiesa e nella chiesa patriottica che non è in comunione con Roma non c’è la successione apostolica. A meno che l’accordo secretato non preveda che tutti i vescovi cattolici della chiesa patriottica passino ope legis in quella fedele a Roma, trasformandosi così automaticamente da inautentici ad autentici. E magari senza alcun pentimento, come invece è avvenuto per il Figliol Prodigo citato dal papa nel Messaggio come esempio appunto di riconciliazione. Ma, come ripeto, ciò non ci è dato di sapere. Sicché questo invito alla riconciliazione e alla comunione è, per il momento, privo di contenuto e invita a riconciliare due chiese di cui una è Chiesa e l’altra no.
Nel corpo del Messaggio, Francesco si rivolge anche ai cattolici – vescovi, sacerdoti e laici – che hanno subito la persecuzione del regime proprio per la volontà di rimanere fedeli al papa: “Sono sentimenti di ringraziamento al Signore e di sincera ammirazione per il dono della vostra fedeltà, della costanza nella prova, della radicata fiducia nella Provvidenza di Dio, anche quando certi avvenimenti si sono dimostrati particolarmente avversi e difficili”. Prosegue poi dicendo che “Tali esperienze dolorose appartengono al tesoro spirituale della Chiesa in Cina e di tutto il Popolo di Dio pellegrinante sulla terra”. Tuttavia occorre cambiare ed affrontare le nuove sfide, come per esempio la volontà espressa da tanti cattolici della chiesa patriottica di unirsi a Roma.
Stupisce molto questa valutazione del martirio in relazione con la situazione dei tempi, come se la Chiesa non fosse ontologicamente – e non secondo un vago spiritualismo – là dove ci sono i martiri per la fede. Se chi è ucciso in odium fidei (il martire) è santo anche senza miracolo e senza processo, vuol dire che i martiri sono il cuore della Chiesa e che la Chiesa è là dove essi sono perché essi sono là dove essa è. C’è un nesso profondo tra i martiri, la Chiesa e il papa. Non può esistere motivo pastorale per metterli da parte, per collocare la Chiesa altrove da dove essi sono. I martiri sono fedeli alla Chiesa e la Chiesa deve essere fedele ai martiri.
(1) fideismo s. m. [dal fr. fidéisme, der. del lat. fides “fede”]. – 1. (filos., teol.) [sistema o orientamento che considera la fede come forma di conoscenza anteriore e superiore alla ragione] ≈ ↓ fede. 2. (estens.) [atteggiamento fondato sulla fede acritica in una determinata dottrina] ≈ dogmatismo. ↑ fanatismo.
Ricordiamo infine che, il fideismo, è sempre stato condannato dalla Chiesa, come ricordava Giovanni Paolo II nella enciclica Fides et ratio, rinnovando questa medesima condanna. Il paradosso di questo ventennio sta nel fatto che, sia nell’insegnamento teologico sia nella vita capillare della Chiesa, quanto più Hegel è maestro di tutti e quanto più si parla di cultura, tanto più l’esperienza cristiana è snaturata e ridotta a emozioni sentimentali e a gesti teatrali… E vogliamo sintetizzarla con questa battuta:
- «Il dottore si chinò sulla persona che giaceva immobile nel letto. Poi alzò la testa e disse:
“Mi duole comunicarle, signora, che suo marito è passato a miglior vita”.
La creatura, inerte, distesa sul letto emise un debole suono di protesta:
“Non è vero, sono ancora vivo!”.
Replicò la moglie:
“Sta’ zitto; il dottore ne sa più di te!”.
La fiducia cieca nell’autorità compromette la nostra percezione della realtà».
(Brano tratto dal libro Papa Luciani racconta. Esempi e aneddoti narrati da Giovanni Paolo I, a cura di Francesco Taffarel, Edizioni Messaggero Padova 1998)
PER CHI VOLESSE APPROFONDIRE MAGGIORMENTE, CONSIGLIAMO DI LEGGERE ANCHE QUANTO SEGUE:
ACCORDO GRAVE E SCONSIDERATO…..

Dopo la notizia pubblicata dalla Sala Stampa vaticana che ufficializza l’esistenza di un “Accordo Provvisorio” raggiunto tra il Vaticano e la Repubblica Popolare Cinese sulla nomina dei Vescovi molti sono i commenti negativi che vedono in questo accordo un tradimento dei cristiani cinesi fedeli a Roma e un piegarsi della Chiesa alle richieste del Partito Comunista. Da tempo il cardinale Zen, vescovo emerito di Hong Kong, ha alzato la voce per cercare di scongiurare questo tipo di accordo, da lui ritenuto “suicida” per la Chiesa di Roma.
Ora è la volta di George Weigel jr, giornalista di fama internazionale e biografo del papa san Giovanni Paolo II che sul National Review tuona contro un accordo che – a suo dire – consegna i cattolici in mano ai burocrati del partito comunista cinese. Per Weigel, questo accordo (i cui dettagli sono rimasti “segreti”) rappresenta una «chiara violazione dell’attuale legislazione ecclesiastica» (Canone 337 del Codice di Diritto Canonico), è frutto di una cattiva politica estera vaticana riconducibile al card. Casaroli (sulla cui bontà sarebbe proibito dissentire) e rappresenta un tradimento dei fedeli cattolici perseguitati in questo momento dal governo cinese. Oltre a sottolineare la continua ed enorme erosione – subita in questi ultimi anni – dell’autorità morale della Chiesa Cattolica sul piano internazionale, Weigel ricorda che la storia del Reichskonkordat – accordo stipulato da Pio XI e il Terzo Reich, puntualmente disatteso dai nazisti – dovrebbe aver insegnato alla diplomazia vaticana a diffidare dei regimi dittatoriali come quello comunista vigente in Cina. Eppure si sta commettendo lo stesso errore…
Ecco la traduzione del testo di George Weigel:
Niente meno che nell’85° anniversario del Reichskonkordat.
Ottantacinque anni fa, il 20 luglio del 1933, un concordato che definiva la posizione della Chiesa Cattolica nel Terzo Reich fu firmato dal segretario di Stato Vaticano card. Eugenio Pacelli (in seguito Papa col nome di Pio XII) e il vice cancelliere tedesco Franz von Papen. Il Reischskonkordat fu poi ratificato dal parlamento della Germania nazista circa sei settimane dopo, il 10 settembre. Papa Pio XI, sotto la cui autorità il cardinale Pacelli aveva negoziato questo trattato, non si faceva illusioni sul Socialismo Nazionale tedesco; detestava la sua ideologia razzista. E, a differenza di alcuni diplomatici vaticani che sembrano aver immaginato che il Terzo Reich sarebbe una cosa a breve termine, il papa probabilmente pensava che Hitler e i suoi “gangster” sarebbero stati al potere per un bel po di tempo.
Per questo volle negoziare una protezione legale per la Chiesa in modo da poter operare pastoralmente sotto un regime totalitario che, con il passaggio del famigerato “Decreto dei pieni poteri” del 23 marzo 1933, aveva assunto dei poteri praticamente dittatoriali. L’unica condizione per il Reichskonkordat era la distruzione di fatto del partito di Centro Cattolico era evidentemente un prezzo che Pio XI pensava fosse degno di essere pagato se il risultato fosse la protezione delle istituzioni cattoliche e della vita pastorale.

Questa strategia legale-diplomatica – che sembra essere stata basata sulla convinzione che anche un regime totalitario avrebbe onorato un impegno preso sotto contratto – non ha funzionato. Il Terzo Reich iniziò a violare il Reichskonkordat poco dopo che l’inchiostro si fosse asciugato sul trattato. In seguito, dopo che alcune dozzine di rigide note diplomatiche inviate a Berlino (redatte da mons. Pacelli) non avevano prodotto risultati, un irato Pio XI pubblicò l’enciclica Mit brennender Sorge [Con viva ansia] nel 1937, fece stampare clandestinamente in Germania e ordinò che fosse letta da tutti i pulpiti tedeschi. Nell’enciclica Pio denunciava il “culto idolatrico” che sostituiva la fede in Dio con una “religione nazionale” e il “mito della razza e del sangue”; il suo accento sul perenne valore dell’Antico Testamento rendeva abbastanza chiaro ciò che pensava della svastica nazista e ciò che rappresentava.
È al di là dell’ironia, e confina con lo scandalo, il fatto che la lezione di questa debacle – promesse di carta non significano nulla per i regimi totalitari – non è stata appresa in Vaticano, che ora sembra essere sul punto di ripetere il suo errore completando un accordo con il governo della Repubblica Popolare Cinese proprio nel ottantacinquesimo anniversario del Reichskonkordat.
Fonti vaticane definiscono l’accordo “una svolta storica”, ma l’unica cosa “storica” a riguardo è l’incapacità della diplomazia vaticana di imparare qualcosa dalla storia. A peggiorare le cose, altri in Vaticano ammettono che l’accordo “non è un buon accordo”, ma poi continuano a suggerire che potrebbe aprire la strada a qualcosa di meglio in futuro. Veramente? Non abbiamo mai attraversato quella strada? Il Reichskonkordat fallito non è forse un racconto ammonitore? Nella Pontificia Accademia Ecclesiastica (la scuola di specializzazione della Chiesa per diplomatici papali) la Storia viene insegnata?
Secondo l’accordo – così come descritto in varie da alcuni media – i candidati vescovo in Cina saranno scelti dai sacerdoti e dai laici di una diocesi, da un elenco di potenziali vescovi presentati dalle autorità cinesi. Il risultato di queste “elezioni” sarà inviato a Pechino, che presenterà un candidato in Vaticano. Roma avrà quindi il tempo di controllare il candidato, che può accettare o rifiutare. Nel caso di rifiuto del candidato da parte del Vaticano, ne conseguirà un “dialogo”, presumibilmente per fare in modo che Pechino invii un altro nome. Ma anche quest’altro nome sarà prodotto dallo stesso sistema truccato, perché è impossibile immaginare che qualsiasi candidato proposto dalle autorità cinesi a livello locale non sia stato accuratamente controllato riguardo la sua affidabilità come un “burattino comunista”.
Come descritto sulla stampa, questo accordo è una chiara violazione dell’attuale legislazione ecclesiastica. Il canone 377 par. 5 del Codice di Diritto Canonico afferma chiaramente: «non verrà concesso alle autorità civili alcun diritto e privilegio di elezione, nomina, presentazione o designazione dei Vescovi» – una clausola inequivocabile che dà forma giuridica all’insegnamento del Concilio Vaticano II nel suo decreto sull’ufficio pastorale dei Vescovi nella Chiesa. Ancora peggio, la responsabilità per gli affari della Chiesa nella Repubblica Popolare Cinese è stata presa dallo stato cinese e consegnata a un ufficio del Partito comunista cinese – il che significa che il Vaticano sta proponendo di dare un diritto di “presentazione… dei vescovi” ai burocrati comunisti, i cui interessi, si può tranquillamente ipotizzare, non sono quelli della Chiesa e della sua missione di evangelizzazione.
Peggio ancora, in termini di erosione dell’autorità morale di un Vaticano che armeggia la sua risposta agli abusi sessuali del clero e ai vescovi malfunzionanti, questo accordo arriva in un momento in cui il governo cinese sta scatenando la persecuzione dei gruppi religiosi in tutta la Cina, demolendo chiese cattoliche, spogliando altri di statue religiose, consegnando i capi delle chiese domestiche protestanti ai campi di lavoro forzato e conducendo ciò che alcuni considerano una campagna di genocidio contro i musulmani uiguri. La Cina intensifica la persecuzione religiosa e il Vaticano firma un accordo con la Repubblica Popolare Cinese? Per favore!
Per quanto riguarda l’idea che questo accordo contribuirà a colmare il divario tra una Chiesa cattolica largamente sotterranea fedele al Vescovo di Roma e l’Associazione Patriottica Cattolica Cinese (APC) sponsorizzata dal regime, non vi è alcuna voce conosciuta dalla Chiesa perseguitata in Cina che sostiene la accordo proposto. Perché? Perché la Chiesa perseguitata sa che l’APC è, funzionalmente, uno strumento di regime, anche se alcuni membri del suo clero (compresi i vescovi) sono, nei loro cuori, fedeli a Roma. Non ci vuole scienza missilistica per capire che un accordo in base al quale le autorità del partito comunista “nominano” vescovi attraverso false elezioni condotte da organismi approvati dalla APC da liste di candidati preparate da altre autorità comuniste è un accordo che rafforza ulteriormente l’APC pur sottovalutando la Chiesa perseguitata
Dunque, perché questo sta succedendo? Ci sarebbero due spiegazioni:
La prima è che questo illegittimo accordo rappresenta la continua influenza nella diplomazia vaticana della “banda Casaroli” – i discepoli del compianto Cardinale Agostini Casaroli, architetto del 1970 Ostpolitik vaticana, che avrebbe dovuto rendere la vita migliore per i cattolici perseguitati dietro la cortina di ferro attraverso accordo con i regimi del Patto di Varsavia. L’Ostpolitik non ha fatto nulla del genere. Ha trasformato la Chiesa dell’Ungheria in una chiesa sussidiaria, interamente posseduta dal partito comunista ungherese; ha causato gravi danni alla Chiesa in quella che allora era la Cecoslovacchia; e ha facilitato la penetrazione profonda dello stesso Vaticano da parte delle agenzie di intelligence del blocco orientale. Questo massiccio fallimento politico è stato ben documentato con i materiali degli ex Archivi Segreti della polizia del Patto di Varsavia. Ne ho scritto ampiamente in libri prontamente disponibili in italiano. Eppure non è permesso un mormorio di dissenso nella leggenda di “Casaroli il Grande” in importanti circoli romani. Sono gli accoliti di Casaroli di seconda e terza generazione i piloti dell’accordo riportato in Cina. Sono, a quanto pare, ineducabili.
Poi c’è Papa Francesco. Giovanni Paolo II ha dato alla Chiesa cattolica una vera influenza morale nella politica mondiale. Benedetto XVI ha offerto dei commenti incisivi post Guerra Fredda sulle sfide politiche del ventunesimo secolo. Quell’eredità è stata dilapidata da una mossa sconsiderata dopo l’altra nei cinque anni e mezzo di questo pontificato: un’iniziativa siriana che ha dato al presidente Obama una scusa per non far rispettare la sua presunta “linea rossa” e così ha rafforzato il regime omicida di Assad; un disastroso e controproducente inchino al regime di Maduro in Venezuela e alla dittatura comunista a Cuba che ha demoralizzato l’opposizione in entrambi i paesi; un rifiuto di usare le parole “invasione” in riferimento alla Crimea e “guerra” in riferimento a ciò che la Russia sta facendo nell’Ucraina orientale; un approccio all’Ortodossia russa che rifiuta di ammettere che i principali interlocutori della Chiesa in quel “dialogo” sono prima di tutto gli agenti del potere statale russo con degli uomini di chiesa da qualche parte lungo la linea; un approccio assolutista alla crisi dei migranti in Europa che ha ridotto lo spazio in cui un ragionevole compromesso politico potrebbe prendere forma; Molto del capitale morale papale è stato speso per cose effimere come la minaccia rappresentata dalle bottiglie di plastica e dalle cannucce negli oceani. Errore dopo errore, ora apparentemente sul punto di essere aggravato dal tradimento dei cattolici perseguitati in Cina attraverso un accordo che autorizza il Partito Comunista cinese nei suoi sforzi per rendere la Chiesa uno strumento dello stato.
Il papa potrebbe ancora porre un freno a tutto questo, e anzi, dovrebbe farlo. Un cattivo accordo in queste circostanze è molto peggiore di nessun accoro, poiché un pessimo affare compromette ulteriormente l’autorità morale della Chiesa, che viene ulteriormente indebolita nella sua missione evangelica. Questa è la lezione che avrebbe dovuto essere appresa dal Reichskonkordat del 1933. A 85 anni di distanza, è tempo che la diplomazia vaticana raggiunga una curva di apprendimento.
(fonte)
“ Non posso essere io da solo a protestare. Se taciamo, prepariamo il terreno a una resa senza condizioni”.
Con queste parole si esprimeva il cardinale neo eletto Zen nel maggio 2005 quando, la Segreteria di Stato nonostante la elezione di Benedetto XVI al soglio petrino, continuava inesorabilmente la sua marcia con alti e bassi verso questa triste conclusione.
Questa è purtroppo la conclusione raggiunta dalla scelta fatta dal concilio Vaticano II, con le sue politiche di resa al mondo.
Il cardinale Casaroli prese a cuore questo giro di boa della nuova chiesa, non dimentichiamo che fu Giovanni Paolo II a chiedere “perdono e comprensione” per gli “errori” compiuti dalla Chiesa in Cina mentre, il suo successore Benedetto XVI cercò di insistere sulla libertà religiosa e la libertà per la Chiesa “sotterranea” in Cina.
Cardinali e Vescovi hanno taciuto, soprattutto in questi ultimi anni in cui si stava preparando questa drammatica soluzione: la resa è giunta, è stata imposta però non da un governo ateo, ma niente meno che da uno che dovrebbe essere il sommo pontefice.
Ci è lecito porci molte domande, seppur drammatiche, giacché trattandosi di questione politica qui l’infallibilità non c’entra nulla, il caso di papa Pio VII è l’esempio calzante: papa Bergoglio, alias Francesco I, quanto è consapevole della superbia attraverso la quale sta operando? E perché tacciono cardinali e vescovi? Dove sta il “collegio cardinalizio”? Dove sta la Chiesa?
Cordiali saluti, Antonio
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Domando:
quando questo papato – mandato avanti a colpi di falsamente ingenui slogan – avrà fine per la morte del papa, sarà possibile porre rimedio a tutti gli sfracelli da costui compiuti?? (o davvero tutta l’INTERPOLAZIONE della Chiesa da lui praticata fino a quel punto sarà irreversibile, come dichiarato più e più volte da lui stesso, anche per sobillazione dei suoi committenti)??
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Cara Marisa, la saluto con fraternità e, prendendo seriamente le sue domande, sono stato incaricato di rispondere per lei e per quanti leggono.
Tutti gli atti di governo compiuti da un pontefice ritenuto – successivamente – o antipapa o non papa, restano validi e questo per un motivo fondamentale: non interrompere la successione apostolica, non creare alcun vuoto (al di la delle sedi vacanti) di governo e di atti, tra un pontificato ed un altro.
E’ evidente che atti di governo imbarazzanti o persino maldestri, verranno di volta in volta corretti dai pontefici che verranno.
Papa Pio VII ne combinò una grossa e grave con Napoleone, anche se poi cercò ancora in vita di rimediare il danno fatto.
Qui la situazione è peggiore e ben più grave come, ultima notizia, al sinodo per i giovani sono stati invitati due vescovi dalla Cina, ma non quelli della Chiesa vera e sotterranea, bensì due vescovi del regime, due vescovi nominati dal regime e che oggi, con il colpo di spugna fatto da Bergoglio, sono riconosciuti legittimi anche dalla Chiesa, indipendentemente da cosa credono, in chi credono, e cosa pensano dottrinalmente.
Uno schiaffo davvero doloroso al cardinale Zen che si è chiuso in un silenzio epocale, ed uno schiaffo ai quei poveri vescovi costretti alle catacombe e spesso privati della libertà.
Soltanto una reazione onesta, da parte dei Papi e dei vescovi in futuro, potrà riparare qualche danno. Per gli altri danni ricordiamo che il Signore sa scrivere su righe storte e che, proprio sugli errori, Egli sa trarre vantaggi e successi ai suoi progetti.
Non cessiamo di confidare in Colui che tutto ha vinto.
Cordiali saluti, Atanasio (Difendere la vera Fede)
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