Per Bergoglio: dai cristiani anonimi ai santi-nuovi anonimi

“Non ci si deve aspettare qui un trattato sulla santità, con tante definizioni e distinzioni che potrebbero arricchire questo importante tema, o con analisi che si potrebbero fare circa i mezzi di santificazione. Il mio umile obiettivo è far risuonare ancora una volta la chiamata alla santità, cercando di incarnarla nel contesto attuale, con i suoi rischi, le sue sfide e le sue opportunità. (…)  siamo «circondati da una moltitudine di testimoni» (12,1) che ci spronano a non fermarci lungo la strada, ci stimolano a continuare a camminare verso la meta. E tra di loro può esserci la nostra stessa madre, una nonna o altre persone vicine (cfr 2 Tm 1,5). Forse la loro vita non è stata sempre perfetta, però, anche in mezzo a imperfezioni e cadute, hanno continuato ad andare avanti e sono piaciute al Signore…”

Con queste parole inizia la nuova esortazione apostolica – vedi qui testo ufficiale – di papa Francesco sulla “nuova santità” del nostro tempo… ed è fondamentale tenere a mente queste parole perchè sono i “nuovi criteri” attraverso i quali, Bergoglio, intende riscrivere i “nuovi canoni” per individuare i “nuovi santi” del nostro tempo contemporaneo…

Non è uno scioglilingua…. in fondo è il medesimo criterio attraverso il quale il gesuita eretico, Karl Rahner, inventò la “nuova dottrina del cristianesimo anonimo” i cristiani anonimi! Così abbiamo ora i “santi anonimi” (sintesi nostra provocatoria, ovvio)…. come se fosse per altro una novità… mentre – la santa Chiesa Cattolica – il primo giorno di Novembre nel Commemorare TUTTI I SANTI, ha sempre inteso ricordare a tutti noi, come insegnano le Scritture, che ci sono “miriadi e miriadi di Santi” che ci hanno preceduto, di cui non conosciamo i nomi, ma sappiamo esserci e sappiamo che fanno parte di quella Chiesa TRIONFANTE, di cui però, Bergoglio, non fa alcun riferimento. E’ evidente perciò che qui, il concetto di “anonimato” non è il medesimo della Tradizione.

Nessuno di noi si aspettava “un trattato sulla santità“, anche se sarebbe stato auspicabile, ma tutto sommato va bene così, perché questo significa che in fin dei conti si ribadisce la Dottrina di sempre sulla Comunione dei Santi… (anche questa espressione dottrinale, che troviamo nel Credo, è completamente assente nell’esortazione), tuttavia si auspicava una qualche esplicitazione DOTTRINALE, ma forse abbiamo preteso davvero troppo, da papa Francesco! Pazienza!

Voi direte: e che ti aspettavi da “cronicas….“, era evidente che da qui partiva la solita critica con il “paraocchi”! Non critica, cari Amici, ma “cronaca”, analisi di un Documento che abbiamo il dovere di analizzare! E se in partenza già mancano citazioni sulla “Comunione dei Santi” sulla “Chiesa Trionfante”, sulla “Chiesa Purgante”, il Purgatorio dentro il quale migliaia e migliaia di Anime già Sante, attendono la glorificazione…. capirete bene che nel Documento manca mezza dottrina cattolica, quando si vuol parlare dei Santi e di come santificarsi per davvero, a costo appunto del martirio!

E allora: di quali “santi” parla papa Francesco? Qualcosa ha già rilevato Marco Tosatti, vedi qui:

  • In cinque righe il Pontefice regnante liquida un paio di millenni di monachesimo contemplativo, maschile e femminile. Al N. 26 della sua esortazione apostolica Gaudete ed Exsultate scrive: “Non è sano amare il silenzio ed evitare l’incontro con l’altro, desiderare il riposo e respingere l’attività, ricercare la preghiera e sottovalutare il servizio. Tutto può essere accettato e integrato come parte della propria esistenza in questo mondo, ed entra a far parte del cammino di santificazione. Siamo chiamati a vivere la contemplazione anche in mezzo all’azione, e ci santifichiamo nell’esercizio responsabile e generoso della nostra missione”. Saranno felici le suore di clausura e i religiosi contemplativi….”

Non saremo certo prevenuti se ci viene a mente che a breve si vogliono liquidare le Suore Francescane dell’Immacolata (FFI) così come è stato distrutto il ramo maschile e, un vero santo del nostro tempo – padre Stefano Maria Manelli  – ancora agli arresti domiciliari senza aver commesso alcun reato….

Il Documento poi volge con le solite lezioncine trite e ritrite contro le chiacchiere, contro la gnosi e il pelagianesimo del nostro tempo e, naturalmente, in difesa dell’accoglienza, come se la Chiesa in tutti questi anni avesse dormito sogni beati, dimenticando forse che la schiera di santi e beati Fondatori – da sempre – hanno dato vita alle Opere che ben conosciamo dedite sempre all’accoglienza dei poveri, degli ammalati, degli emarginati, e così via.

Manca però, nel Documento, il riferimento a quella VIA ALLA SANTITA’ che Gesù stesso e la Vergine Santa, hanno sempre fatto capire di prediligere: GLI ADORATORI DELL’EUCARISTIA…. di questi e a questi Santi, spesso a noi sconosciuti (che non è lo stesso concetto di anonimo o anonimato), mentre emerge un pensiero REALTIVISTA della nuova forma di santità, tanto che Francesco non si esprime come “Dottore e Pastore”, ma avanza con un più esplicito: “MI PIACE VEDERE la santità nel popolo di Dio paziente….

Non dunque AMMAESTRAMENTO a quella santità che piace al Cristo e spesso descritta da Lui stesso a molti Santi, e dalla Vergine Santa, ma un Documento che descrive “la santità che piace di vedere al Papa“…. Questo non è fare i pignoli, ma essere realisti! Infatti, tra i punti dolenti del Testo ci sono alcuni aspetti che vengono usati in contrapposizione e non come elementi emergenti di quella santità amata dal Cristo.

Per esempio laddove afferma che è santità: “La difesa dell’innocente che non è nato…..”, quando poi aggiunge:  “Ma ugualmente sacra è la vita dei poveri che sono già nati, che si dibattono nella miseria, nell’abbandono, nell’esclusione, nella tratta di persone, nell’eutanasia nascosta dei malati e degli anziani privati di cura, nelle nuove forme di schiavitù, e in ogni forma di scarto”,

è chiaro che in quel “MA ugualmente…“, si mette l’evidenziatore SULLE ATTIVITA’ SOCIALI, indipendentemente dalla dottrina (in questo caso contro l’aborto)… Per carità, son cose giuste quel che ha detto, ma allora non doveva mettere quel “MA…” quando infatti, altro esempio, cita le grandi riformatrici della Chiesa: “Possiamo menzionare santa Ildegarda di Bingen, santa Brigida, santa Caterina da Siena, santa Teresa d’Avila o Santa Teresa di Lisieux. Ma mi preme ricordare tante donne sconosciute o dimenticate le quali, ciascuna a modo suo, hanno sostenuto e trasformato famiglie e comunità con la forza della loro testimonianza…”

Di nuovo quel “MA…” attraverso il quale Bergoglio deve in qualche modo infilarci dentro il suo pensiero RELATIVISTA tanto che deve affermare come, a questa santità “anonima” molte donne a noi sconosciute ci sarebbero arrivate “A MODO LORO…”mentre, i Dottori della Chiesa citate non ci sono arrivate a “modo loro….” bensì attraverso un percorso stabilito DA CRISTO il quale, Protagonista della nostra più vera santificazione, è purtroppo piuttosto assente nel Documento. Come se la santità, di cui parla papa Francesco, dipendesse unicamente DALL’ATTIVISMO delle persone nel sociale.

Risultati immagini per Francesco papa gif animateE’ una santificazione molto sincretista, questa proposta da Bergoglio, contro la cui realizzazione, gli unici impedimenti, sarebbero tutti fattori sociali e giammai i peccati contro Dio… di cui infatti mai si parla. E che cosa possono insegnarci i SANTI canonizzati dalla Chiesa? Tutto e il contrario di tutto, ecco come si esprime Bergoglio usando niente meno che von Baltasar:

“Per riconoscere quale sia quella parola che il Signore vuole dire mediante un santo, non conviene soffermarsi sui particolari, perché lì possono esserci anche errori e cadute. Non tutto quello che dice un santo è pienamente fedele al Vangelo, non tutto quello che fa è autentico e perfetto. Ciò che bisogna contemplare è l’insieme della sua vita, il suo intero cammino di santificazione, quella figura che riflette qualcosa di Gesù Cristo e che emerge quando si riesce a comporre il senso della totalità della sua persona.” (n.22)

Quindi cestiniamo GLI SCRITTI DEI SANTI? Queste affermazioni sono davvero una mina vagante, pronta ad esplodere per cambiare i connotati dei Santi passati e cestinare tutti i loro scritti. Pensiamo, per esempio a san Pier Damiani, Dottore della Chiesa e al suo LIBER GOMORRHIANUS del 1049 contro la corruzione morale nella Chiesa, senza falsa misericordia e compromessi…. una situazione immorale, sodomita, nulla da invidiare alla situazione attuale….

Infine è necessario sottolineare questo passaggio del Documento:

  • “Per essere santi non è necessario essere vescovi, sacerdoti, religiose o religiosi. Molte volte abbiamo la tentazione di pensare che la santità sia riservata a coloro che hanno la possibilità di mantenere le distanze dalle occupazioni ordinarie, per dedicare molto tempo alla preghiera. Non è così. Tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova. Sei una consacrata o un consacrato? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione. Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa. Sei un lavoratore? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro al servizio dei fratelli. Sei genitore o nonna o nonno? Sii santo insegnando con pazienza ai bambini a seguire Gesù. Hai autorità? Sii santo lottando a favore del bene comune e rinunciando ai tuoi interessi personali.” (n.14)

A parte le molte “ovvietà” descritte, che TUTTI siamo chiamati alla santità indipendentemente dal ruolo che svolgiamo, se consacrati o laici,  perché questo è sempre  stato insegnato dalla Chiesa, vedi qui il Catechismo, colpisce piuttosto come si giunge a sminuire la potenza della PREGHIERA, banalizzandola e convogliando il diventare santi esclusivamente ALL’ATTIVISMO SOCIALE. E’ vero che la santità NON dipende esclusivamente dalle ore di Preghiera che si fanno se, soprattutto, ci sono anche compiti da svolgere e non si fanno, usando la preghiera come scusa per non operare, ma da qui a non specificare che è proprio la Preghiera LA FONTE privilegiata affinché le opere siano santificate e producano frutti di santità, riducono il pensiero di papa Francesco, ad una santificazione DELL’ESSERE BUONI E ATTIVISTI nel sociale, basta seguire i punti dal n. 25 al n. 31.

Infatti afferma: “Non mi fermerò a spiegare i mezzi di santificazione che già conosciamo: i diversi metodi di preghiera, i preziosi sacramenti dell’Eucaristia e della Riconciliazione, l’offerta dei sacrifici, le varie forme di devozione, la direzione spirituale, e tanti altri. Mi riferirò solo ad alcuni aspetti della chiamata alla santità che spero risuonino in maniera speciale…” (n.110)

Quindi, per papa Francesco, parlare del PECCATO ORIGINALE, del peccato, dell’Eucaristia, del valore della Preghiera…. non è importante perché dovremo conoscerli…. Nel n. seguente il 111, sottolinea quali sono i veri parametri MODERNI, sono cinque: “l’ansietà nervosa e violenta che ci disperde e debilita; la negatività e la tristezza; l’accidia comoda, consumista ed egoista; l’individualismo, e tante forme di falsa spiritualità senza incontro con Dio che dominano nel mercato religioso attuale…”

Una volta ci si riferiva ai 7 vizi capitalivedi quiche sono la “proliferazione del peccato” mentre, Bergoglio, non solo non ne parla, ma ne modifica il concetto accennandolo, al n. 151; e al n. 165 dove la “corruzione spirituale” è segnalata come cosa peggiore della “caduta del peccatore” (???), dove non si comprende questa distinzione…

Arriviamo a delle conclusioni.

Il Documento, in sé, passa per la sua superficialità e SINCRETISMO ad un argomento che sarebbe dovuto essere molto più impegnativo, e che lo stesso Pontefice però, come riportato all’inizio, non ha voluto trattare dogmaticamente, ma a “parole sue”…. con un pensiero, moderno, tutto suo. Infatti, per papa Francesco, a questa santità, non si arriva per mezzo della CONVERSIONE AL CRISTO, ma attraverso “le conversioni” (???) attraverso le quali siamo invitati.. (n.17).

Per arrivare a chiudere il tutto con un riferimento mariano, di Maria non già REGINA DEI SANTI ma: “la santa tra i santi, la più benedetta, colei che ci mostra la via della santità e ci accompagna. Lei non accetta che quando cadiamo rimaniamo a terra e a volte ci porta in braccio senza giudicarci. Conversare con lei ci consola, ci libera e ci santifica. La Madre non ha bisogno di tante parole, non le serve che ci sforziamo troppo per spiegarle quello che ci succede. Basta sussurrare ancora e ancora: «Ave o Maria…»…”

La Madre di Dio certamente non ci giudica tanto per dimostrare chissà cosa, o per umiliarci, ma certamente ci giudica eccome lungo il percorso intrapreso “in questa valle di lacrime”, ci giudica se facciamo male, ci giudica se siamo infedeli e se siamo ipocriti, Ella giudica eccome, come Dio stesso giudicherà eccome (Ez.3,16-21)! Come farebbe una qualsiasi VERA MADRE per correggere il nostro lento procedere, come ha fatto tante volte con i Veggenti che a Lei si sono affidati. Bisogna solo intendere cosa significa, per papa Francesco quel “giudicare”… Ci porta in braccio ammonendoci nella condotta (1Cor.6,7-11)!

Per papa Francesco, ancora una volta, NON è necessario parlare dei nostri peccati, dei nostri vizi e difetti a Dio, al sacerdote in confessionale, ora a Maria Santissima, la sua devozione popolare è tutta in orizzontale, basta dire un Rosario, compiere opere meritorie, e la santità sarà assicurata! Ma sarà proprio così?

Se ciò che hanno scritto i Santi, specialmente sul peccato, sulla penitenza, sul pentimento (termini assenti nel testo), per Bergoglio non è importante – vedi riferimento sopra al n.22 – e forse non è neppure veritiero, quale credibilità potrà mai avere una esortazione apostolica che afferma di non voler essere “un trattato” (e dunque senza dottrine), senza definizioni e distinzioni, come avrebbe dovuto essere, per riaffermare la Dottrina sulla santità, senza inventare nuovi e moderni percorsi?

omino_legge_il_libroRiferendosi ad Ez.13,18 san Gregorio Magno biasima l’indulgenza colpevole dei pastori: “Porre cuscinetti sotto ogni gomito è confortare con blanda adulazione le anime che vengono meno alla propria rettitudine e si ripiegano nei piaceri di questo mondo. Ed è come accogliere su un cuscino o su un guanciale il gomito o il capo di uno che giace, quando si sottrae il peccatore alla durezza della punizione e gli si offrono le mollezze del favore…” (Regola Pastorale)


AGGIORNIAMO segnalando l’interessante riflessione portata da Sandro Magister qui:

autoreferenzialità a gogò e demonizzazione dei veri Santi….

ANCHE DA LA-NUOVA-BUSSOLA-QUOTIDIANA, arriva l’allarme del contenuto dell’esortazione:

  • GAUDETE ET EXSULTATE

Una esortazione, tante citazioni sbagliate (non a caso)

Bonaventura, Tommaso, Agostino e anche il Catechismo: alcuni passaggi chiave dell’Esortazione apostolica sulla santità riportano citazioni parziali che distorcono il significato degli autori.

Come era già accaduto con Amoris Laetitia per san Tommaso, anche nell’esortazione apostolica Gaudete et Exsultate (GE)presentata lunedì, si devono purtroppo riscontrare alcune citazioni “creative” per sostenere affermazioni e tesi altrimenti senza agganci con la tradizione.

Cominciamo dal paragrafo 49, dove addirittura si deve segnalare una tripletta. Siamo nella parte dell’Esortazione dedicata ai pelagiani, quella dove il Papa più volentieri picchia su quelli che considera le minacce più gravi nella Chiesa. Il Papa se la prende con coloro che «si rivolgono ai fedeli dicendo che con la grazia di Dio tutto è possibile», ma «in fondo sono soliti trasmettere l’idea che tutto si può fare con la volontà umana». In questo modo «si pretende di ignorare che “non tutti possono tutto”». Il rinvio alla nota 47, indica il riferimento all’opera di san Bonaventura Le sei ali dei serafini ed al fatto che tale citazione dev’essere intesa nella linea del Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC), paragrafo 1735 (quello dedicato all’imputabilità di un’azione). Subito dopo si cita san Tommaso, per sostenere che «in questa vita le fragilità umane non sono guarite completamente e una volta per tutte dalla grazia»; ed infine sant’Agostino, per rilanciare la tesi del bene possibile, già sostenuta abbondantemente in Amoris Laetitia (AL), e che il libro di don Aristide Fumagalli sulla teologia morale di papa Francesco (della famosa collana maldestramente sponsorizzata da Viganò) mostra essere funzionale alla possibilità di assolvere e ammettere alla Comunione chi continua a vivere more uxorio (per l’analisi del libro di Fumagalli rimandiamo ad un prossimo articolo).

E’ chiaro che la presenza della grazia, come dice Tommaso, «non risana l’uomo totalmente» (I-II, q. 109, a. 9, ad. 1); ma qui Tommaso sta spiegando che l’aiuto della grazia attuale («essere mosso da Dio a ben operare») è necessario anche per chi ha già l’abito della grazia santificante, perché nell’uomo la carne continua ad essere debole. Ma che la grazia non risani l’uomo totalmente non significa affatto che l’uomo possa trovarsi in situazioni per cui, con l’aiuto della grazia, gli sia impossibile osservare i comandamenti di Dio. Che è esattamente la linea interpretativa di AL che “autorizza” – ovviamente in certi casi – atti propriamente coniugali tra persone che coniugi non sono.

Che il testo di GE giochi sull’ambiguità, risulta abbastanza evidente dalle citazioni omesse o mozzate. Si veda la citazione dell’opera di san Bonaventura, scritta per esporre le virtù di un superiore religioso. La frase riportata è la seguente: «Non tutti possono tutto», espressione ripresa dal Siracide e presentata da Bonaventura per ricordare ai superiori di non esasperare con rimproveri coloro che sono in difficoltà: «si sopportino le loro avversioni e le loro fragilità con animo paziente». Questa raccomandazione dev’essere compresa non alla luce del paragrafo del Catechismo, che tratta dell’imputabilità di un’azione (il quale non c’entra niente nel contesto dello scritto del santo francescano, ma che è invece rivelativo di dove si voglia andare a parare), ma a quanto nel capitolo appena precedente viene affermato (II, 9), e cioè che «prima di tutto siano impedite e condannate le trasgressioni dei comandamenti di Dio; quindi le trasgressioni dei precetti inviolabili della Chiesa, etc.». Ma di questo non c’è traccia nell’Esortazione.

A sant’Agostino spetta una sorte peggiore. Il testo tratto da La natura e la grazia è così riportato al § 49 di GE: «Dio ti invita a fare quello che puoi e “a chiedere quello che non puoi”». Fine. Il testo integrale è però il seguente: «Dio dunque non comanda cose impossibili, ma comandando ti ordina sia di fare quello che puoi, sia di chiedere quello che non puoi! E vediamo ormai da dove viene all’uomo il potere e da dove gli viene il non potere… Io dico: “Certamente dipende dalla volontà che l’uomo non sia giusto, se lo può per natura; ma sarà la medicina a dare alla natura dell’uomo il potere che non ha più per il vizio”».

Il testo integralmente riportato rende chiaro che è proprio la grazia a rendere possibile quello che la natura non riesce a fare. E che cosa ordina Dio all’uomo di chiedere, perché ottenga ciò che non può? Lo spiega il Concilio di Trento, che riporta proprio questa affermazione di Agostino: «Nessuno deve fare propria quella temeraria espressione, colpita dai padri con l’anatema, secondo la quale i comandamenti di Dio sono impossibili da osservarsi per l’uomo giustificato. “Dio, infatti, non comanda l’impossibile; ma quando comanda ti ammonisce di fare quello che puoi, di chiedere quello che non puoi”, e ti aiuta affinché tu possa… Quelli infatti che sono figli di Dio, amano il Cristo; quelli che lo amano… osservano la sua parola, cosa senz’altro possibile con l’aiuto di Dio» (DH 1536).

Dio dunque aiuta perché si possa, ciò che umanamente non si può; i comandamenti non sono impossibili da osservare. Di questo non c’è traccia in GE, che invece si preoccupa non di incoraggiare a confidare nella grazia, ma di tirare scappellotti ai nuovi pelagiani, che vengono persino rimproverati di fidarsi poco della grazia. Certo, pensare di poter osservare la legge senza la grazia è atteggiamento tipicamente farisaico, come ricordava Veritatis Splendor (VS), 104. Ma la soluzione non è rimproverare quelli che sostengono che con la grazia è possibile osservare i comandamenti di Dio, anche in situazioni che sembrano impossibili. E’ invece altrettanto farisaico un altro atteggiamento quanto mai attuale, richiamato da VS, 105: «A tutti è chiesta grande vigilanza per non lasciarsi contagiare dall’atteggiamento farisaico, che pretende di eliminare la coscienza del proprio limite e del proprio peccato, e che oggi si esprime in particolare nel tentativo di adattare la norma morale alle proprie capacità e ai propri interessi e persino nel rifiuto del concetto stesso di norma». Per esempio, come quando si dissolve la norma nei casi singoli.

L’atteggiamento cristiano sta in uno slancio superiore che riconosce al contempo la propria miseria, l’esigenza della santità di Dio e la sua misericordia che rende possibile all’uomo ciò che con le sue sole forze è impossibile: «Accettare la “sproporzione” tra la legge e la capacità umana, ossia la capacità delle sole forze morali dell’uomo lasciato a se stesso, accende il desiderio della grazia e predispone a riceverla» (VS, 105).

Non meno grave è anche il caso del § 80 di GE che inaugura il commento alla beatitudine evangelica dei misericordiosi: «Matteo riassume questo in una regola d’oro: “Tutto quanto vorrete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro” (7,12). Il Catechismo ci ricorda che questa legge si deve applicare “in ogni caso”, in modo speciale quando qualcuno “talvolta si trova ad affrontare situazioni difficili che rendono incerto il giudizio morale”».

La legge della misericordia dev’essere dunque applicata in ogni caso,soprattutto nelle situazioni difficili. Gli articoli del Catechismo qui richiamati (note 71 e 72) non dicono proprio così. Il n. 1787 non ricorda solo che la coscienza a volte può trovarsi in situazioni difficili da discernere moralmente, ma anche che in questi casi la persona «deve sempre ricercare ciò che è giusto e buono e discernere la volontà di Dio espressa nella Legge divina». Per questo motivo, il numero successivo insegna che «alcune norme valgono in ogni caso», come riportato in GE, ma prima della regola d’oro si afferma che «non è mai consentito fare il male perché ne derivi un bene». Curiosamente dall’esortazione sulla santità spariscono il riferimento alla legge divina ed al fatto che il male non possa mai essere fatto.

Ma troviamo la distorsione più grave al § 106: «Non posso tralasciare di ricordare quell’interrogativo che si poneva san Tommaso d’Aquino quando si domandava quali sono le nostre azioni più grandi, quali sono le opere esterne che meglio manifestano il nostro amore per Dio. Egli rispose senza dubitare che sono le opere di misericordia verso il prossimo, più che gli atti di culto». E si riporta il testo della II-II, q. 30, a. 4, ad 2: «Noi non esercitiamo il culto verso Dio con sacrifici e con offerte esteriori a vantaggio suo, ma a vantaggio nostro e del prossimo: Egli infatti non ha bisogno dei nostri sacrifici, ma vuole che essi gli vengano offerti per la nostra devozione e a vantaggio del prossimo. Perciò la misericordia con la quale si soccorre la miseria altrui è un sacrificio a lui più accetto, assicurando esso più da vicino il bene del prossimo».

Per la verità Tommaso si domandava «se la misericordia sia la più grande delle virtù» e conclude che… «la misericordia non è la più grande delle virtù»! Perché, spiega Tommaso, «nell’uomo, che ha come superiore Dio, la carità che unisce a Dio, è superiore alla misericordia, che supplisce alle deficienze del prossimo». La misericordia è più grande «fra tutte le virtù che riguardano il prossimo», ma non in assoluto. E la risposta 2, riportata nell’Esortazione, spiega semplicemente e coerentemente perché la misericordia è superiore alle opere cultuali, tra le virtù che riguardano il prossimo (e non Dio).

Era doveroso ricordare che per Tommaso la più grande virtù è la carità, perché ci unisce a Dio. E l’amore di Dio si compie nell’osservanza della sua parola (cf. Gv. 14, 23) ed è la verifica dell’amore ai fratelli. Spesso infatti si richiama, giustamente, al fatto che l’amore del prossimo realizza l’amore di Dio ed è perciò compendio della legge, ma ci si dimentica che l’amore a Dio – il solo che va amato “con tutto” – è condizione e prova del nostro amore al prossimo, come ricorda san Giovanni: «Da questo conosciamo di amare i figli di Dio: se amiamo Dio e ne osserviamo i comandamenti, perché in questo consiste l’amore di Dio, nell’osservare i suoi comandamenti e i suoi comandamenti non sono gravosi» (1Gv. 5, 2-3).

Quindi dire che «il criterio per valutare la nostra vita è anzitutto ciò che abbiamo fatto agli altri. La preghiera è preziosa se alimenta una donazione quotidiana d’amore. Il nostro culto è gradito a Dio quando vi portiamo i propositi di vivere con generosità…» (§ 104), chiedendo il sostegno di san Tommaso è una manovra perlomeno discutibile… Anche perché bisognava almeno ricordare che Tommaso spiega che la tanto dimenticata virtù di religione «è superiore a tutte le altre virtù morali» (II-II q. 81, a. 6), a motivo del fatto che ci mette in rapporto a Dio ed è particolarmente legata proprio alla carità;

Infatti «la religione si avvicina a Dio più strettamente che le altre virtù morali, poiché compie degli atti che in modo diretto ed immediato sono ordinati all’onore di Dio». Tra questi atti, come spiega il Catechismo (2095 ss.) ci sono l’adorazione, la preghiera, il sacrificio, le promesse e i voti.

E’ strano che questo non venga richiamato in un’esortazione sulla santità, visto che Tommaso spiega che «la religione si identifica con la santità» (II-II, q. 81, a 8, s.c), perché in entrambi i casi «l’anima umana applica a Dio se stessa e i propri atti»; nel caso della religione principalmente per «gli atti che si riferiscono al servizio di Dio», mentre per la santità «anche per tutti gli atti delle altre virtù che l’uomo riferisce a Dio», tra cui certamente le opere di misericordia.

Questo ordine delle cose non si ritrova in GE, che anzi fa affermazioni unilaterali come quella del § 107: «Chi desidera veramente dare gloria a Dio con la propria vita, chi realmente anela a santificarsi perché la sua esistenza glorifichi il Santo, è chiamato a tormentarsi, spendersi e stancarsi cercando di vivere le opere di misericordia». O ancor peggio quella del § 26: «Non è sano amare il silenzio ed evitare l’incontro con l’altro, desiderare il riposo e respingere l’attività, ricercare la preghiera e sottovalutare il servizio… Siamo chiamati a vivere la contemplazione anche in mezzo all’azione, e ci santifichiamo nell’esercizio responsabile e generoso della nostra missione».


-IL SILENZIO DELLA GRANDE STAMPA di Andrea Zambrano

 

 

8 pensieri riguardo “Per Bergoglio: dai cristiani anonimi ai santi-nuovi anonimi

  1. COS’ALTRO VI SERVE, FEDELI DI CRISTO, PERCHE’ GLI OCCHI VI SI APRANO? Preparatevi a depennare tutti, o quasi, I santi della storia della Chiesa cattolica, perchè non rientrano nei canoni stabiliti da Bergoglio, nemico dichiarato della Chiesa di Cristo! La santità non è più riferita a Cristo, ma basta essere un filantropo! Non stupitevi se saranno dichiarati santi o beati la Bonino, Pannella e chissà quali altri…magari Che Guevara! Siamo chiamati, fratelli, a combattere una battaglia, Bergoglio ha chiamato attorno a se un esercito di eretici, di giuda della peggior specie, servi di infimo grado. Sodomiti e atei pullulano tra le sue fila, prodromo alla venuta dell’Anticristo! Che il clero si prepari a prestare giuramento di fedeltà non al Pontefice ma a alla persona di Bergoglio, ed il tradimento sarà completo! BASTA! Non è più il momento di continuare a piangerci addosso, Bergoglio è un politico sabotatore, e come tale va pubblicamente contestato anche con manifestazioni di folle! Solo così sapremo se la battaglia è definitivamente perduta! Ma almento Dio non ce ne chiederà conto!

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  2. Sono preoccupato per la piega che questi nuovi parametri porteranno nella concezione della nostra conversione, come quella delle future generazioni. Gesù Cristo è molto nominato, ho letto il testo ufficiale, ma non nei contenuti espressi dai vangeli, manca effettivamente il concetto della conversione.
    Bergoglio fa sembrare nuovo ciò che poi nuovo non è, facendo pensare che in passato la chiesa non considerasse sante tante persone, anche se non sono mai salite sugli onori degli altari. E’ chiaro che per lui i nuovi santi del nostro tempo contemporaneo sono anche i non cattolici, cioè quelli che potendosi convertire non si convertiranno, purchè siano buone e facciano opere di bene. Così i futuri santi genitori potranno essere qualunque coppia, di qualsiasi sesso, anche del gender, purchè si siano amati, e abbiano fatto opere di bene.
    Il senso del peccato viene scardinato e ridotto a moralismo. Le consacrate e i consacrati, sono coloro che per lui non saranno mai santi, perché non avrebbero rischiato nulla.

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  3. Come è stato notato nell’articolo, il testo epistolare è passabile, superficialmente passabile.
    Noi lo abbiamo letto in gruppo e sono tante le domande e gli interrogativi sorti.
    Nei numeri 92,93 e 94 parla delle persecuzioni e dice cose giuste, ma perché contrapporli agli esempi dei veri santi perseguitati?
    Gesù dice “perseguitati a causa mia” e Bergoglio deve infilarci, subito dopo: “Parliamo però delle persecuzioni inevitabili, non di quelle che ci potremmo procurare noi stessi con un modo sbagliato di trattare gli altri. Un santo non è una persona eccentrica, distaccata, che si rende insopportabile per la sua vanità, la sua negatività e i suoi risentimenti. Non erano così gli Apostoli di Cristo.”

    ma che cosa ha che fare questo se non a rimproverare quei cattolici che vivono esclusivamente oggi per Cristo? E’ evidente che la chiesa non ha mai chiamato santi gli ipocriti o chi ha causato persecuzioni ad altri. Ma lui come la mette con la persecuzione ai Frati e alle Suore dei francescani dell’Immacolata? come risponde alle persecuzioni a padre Stefano Manelli? Come ha reagito al grave danno di Viganò inflitto a Benedetto XVI attraverso l’inganno e l’ipocrisia? La rilettura delle Beatitudini è poi un vero cavallo di battaglia di questa falsa chiesa!
    Il testo è banale, ripetitivo su molti pensieri già espressi da Bergoglio in questi anni, usa gli altri papi per autolegittimarsi, ma è di una autoreferenzialità chiarissima dove la sua evangelii gaudium (tutto gaudium per lui) è imposta come nuovo modello per la neo chiesa.

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  4. Se preghiera, contemplazione, adorazione del Santissimo sono bazzecole, e se la piattaforma di partenza è SOLO la nevrosi del fare, allora i neosanti potranno di certo essere le Bonino, che – con una milionata di aborti sulla schiena – hanno ‘lavorato’ a più non posso (in favore di ‘povere donne’, beninteso, anche se al prezzo della morte dei loro piccini). Giusto per dirne una.

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  5. Vi stavo giust’appunto per segnalare l’articolo della Bussola quotidiana, perché appena lo ho letto, ho riscontrato immediatamente le mie stesse perplessità. Ma possibile che altri, specialmente catechisti e pastori, non si rendano conto della manipolazione che si sta facendo dei testi autenticamente magisteriali?
    Questa pastorale è un vero lavaggio del cervello e l’alta percentuale di catechisti improvvisati farà loro buon gioco. Per non parlare di un clero molto, molto ignorante, preparato su Rahner, ma che non sa nulla della teologia tomista e catechetica.
    Sono davvero preoccupato per le future generazioni, se i vescovi non interverranno quanto prima.

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  6. Un’eresia per ogni documento che emana: con l’Evangelii Gaudium ha demolito il concetto di evangelizzazione; con la Laudato Sii ha invischiato l’autorità della Chiesa in argomenti strettamente scientifici che non sono di sua competenza; con l’Amoris Laetitia, concedendo “in certi casi” la comunione ai divorziati risposati ha delegittimato i sacramenti della penitenza e dell’Eucarestia; con la Gaudete et Exultate ha abbassato l’asticella della santità cristiana riducendola ad una semplice correttezza nei rapporti umani. Mi aspetto, ormai, che, in occasione del prossimo Sinodo dei Giovani esca un ultimo documento che faccia sempre riferimento al gaudio e alla gioia di vivere dei giovani: “Quant’è bella giovinezza, che si fugge tuttavia! CHI VUOL ESSERE LIETO, SIA: di doman non c’è certezza”. Fino a quando ancora il Signore permetterà questa prova così dura per la sua Santa Chiesa?

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  7. Ho letto e riletto il testo della esortazione e la trovo non semplicemente banale, ovvia in molti passaggi, ma molto cattiva e pretestuosa in molti pensieri.
    E’ vero che gnosi e pelagianesimo sono sempre stati problemi per la chiesa, ma il peccato, vera offesa contro Dio, che fine ha fatto? Bergoglio continua ad usare il pelagianesimo contro coloro che usano la Messa antica. Per lui i peccatori che vivono nel peccato, non quelli che tentano di uscirne fuori, sono più meritevoli della santità, mentre emana odio puro verso i cattolici osservanti, indipendentemente se ciò che fanno è buono o fondamentalista.
    Visto che avete fatto già due raccolte di florilegio, potreste unirci anche molte frasi ambigue da questo testo. Grazie.

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    Gentile Marilena,
    nel ringraziarla per il suo contributo, stiamo già provvedendo allo studio di alcuni paragrafi, della esortazione, davvero discutibili 😉
    Chiediamo solo un poco di pazienza, il lavoro è tanto, e le cose vanno fatte bene…. e con prudenza, per evitare di confondere ulteriormente chi legge…

    Lo Staff di “cronicas….”

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