In Myanmar papa Francesco “consacra” la religione laica

Cari Lettori, di proposito non commenteremo il viaggio di papa Francesco in Myanmar per due semplici ragioni: la prima è che non ci riguarda per il semplice fatto che gli annunci dati in precedenza a questa visita, miravano già ad una visita “LAICA” non un viaggio “apostolico” anche se il papa incontrerà pure la comunità cattolica. La seconda ragione è che già i primi discorsi sono chiarissimi su questa RELIGIONE LAICA di papa Francesco, intesa come una sorta di “religione mondiale” e per tanto, in quanto cattolici, la cosa non ci riguarda. Affronteremo poi degli editoriali ma più avanti. Ora per la cronaca ci affideremo agli esperti vaticanisti.

di Sandro Magister (28-11-2017)

C’è stato un solo momento in cui è stato fatto il nome di Gesù e annunciato il suo Vangelo, nei discorsi della prima giornata della visita di papa Francesco in Myanmar. Solo che a dire queste parole non è stato il papa, ma la consigliera di Stato e ministra degli esteri birmana Aung San Su Kyi, di fede buddista: “Gesù stesso ci offre un ‘manuale’ di questa strategia di costruzione della pace nel cosiddetto Discorso della montagna. Le otto Beatitudini (cfr Mt 5,3-10) tracciano il profilo della persona che possiamo definire beata, buona e autentica. Beati i miti – dice Gesù –, i misericordiosi, gli operatori di pace, i puri di cuore, coloro che hanno fame e sete di giustizia. Questo è anche un programma e una sfida per i leader politici e religiosi, per i responsabili delle istituzioni internazionali e i dirigenti delle imprese e dei media di tutto il mondo: applicare le Beatitudini nel modo in cui esercitano le proprie responsabilità. Una sfida a costruire la società, la comunità o l’impresa di cui sono responsabili con lo stile degli operatori di pace; a dare prova di misericordia rifiutando di scartare le persone, danneggiare l’ambiente e voler vincere ad ogni costo”.

È vero che San Su Kyi ha ripreso queste parole dal messaggio di Francesco per la giornata mondiale della pace del 1 gennaio 2017. Ma colpisce che l’unica a fare il nome di Gesù e a far risuonare il suo Vangelo sia stata lei e non il papa.

Il testo integrale del discorso della premio Nobel per la pace, pronunciato all’inizio dell’incontro di Francesco con le autorità ed esponenti della società civile, nel pomeriggio di martedì 28 novembre, nell’International Convention Center di Nay Pyi Taw, la capitale del Myanmar, può essere letto in quest’altra pagina di Settimo Cielo: > “Jesus himself in the Sermon on the Mount…”.

Mentre questo è il discorso tenuto subito dopo da papa Francesco, un discorso invece totalmente “laico”, salvo la finale generica invocazione sui presenti di “benedizioni divine di saggezza, forza e pace”: > “Una pace fondata sul rispetto di ogni gruppo etnico e della sua identità”.

Anche la mattina di martedì 28 novembre, nell’incontrare esponenti delle varie religioni presenti in Myanmar – buddisti, musulmani, hindu, ebrei, cristiani anglicani e cattolici – Francesco non ha detto nulla di specificamente cristiano, ma ha piuttosto insistito sul fatto che “ogni confessione ha le sue ricchezze, le sue tradizioni da dare, da condividere”; ha invocato una “armonia” tra le religioni nel rispetto delle differenze; ha condannato la “colonizzazione culturale” che pretende di “fare tutti uguali” e quindi “uccidere l’umanità”: > “Desde esas diferencias uno aprende del otro, como hermanos”.

Eppure, non era proprio una Chiesa “in uscita” e più che mai “missionaria” l’obiettivo che papa Jorge Mario Bergoglio ha messo al primo posto nel testo programmatico del suo pontificato, l’esortazione Evangelii gaudium? E che cosa può essere più “in uscita” e più “missionario” che un viaggio del successore dell’apostolo Pietro in una “periferia” del mondo come il Myanmar, ancora quasi tutta da evangelizzare?

(fonte: settimocielo.it)

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