Il linguaggio rivoluzionario di Papa Francesco

La scelta di uno “stile” di linguaggio, espresso attraverso parole, gesti e anche omissioni, implica un modo di pensare, e veicola implicitamente una nuova dottrina. Non a caso, nella conferenza stampa di presentazione dell’esortazione pontificia Amoris laetitia, il cardinale Schönborn l’ha definita «un evento linguistico».

di Roberto de Mattei (18-05-2016)

Nella storia della Chiesa vi sono stati molti papi “riformatori”, ma papa Bergoglio sembra appartenere ad un’altra categoria, fin qui estranea ai Romani pontefici, quella dei “rivoluzionari”. I riformatori infatti vogliono riportare la dottrina e i costumi alla purezza e alla integrità originaria e, sotto questo aspetto, possono essere definiti anche “tradizionalisti”.

Pope Francis Meets President of Bulgaria Rossen PlevnelievTali furono, ad esempio, Pio IX e Pio X. I rivoluzionari sono invece coloro che vogliono operare una frattura tra passato e presente, situando in un utopico futuro l’ideale da raggiungere. La rottura con il passato di papa Francesco è di ordine linguistico, più che dottrinale, ma il linguaggio, nell’epoca dei media, ha un potere di cambiamento superiore alle idee che esso necessariamente veicola. Non a caso, nella conferenza stampa di presentazione dell’esortazione pontificia Amoris laetitia, il cardinale Schönborn l’ha definita «un evento linguistico».

La scelta di uno “stile” di linguaggio, espresso attraverso parole, gesti e anche omissioni, implica un modo di pensare, e veicola implicitamente una nuova dottrina. Ma la pretesa di operare una rivoluzione linguistica negando che essa sia anche una rivoluzione dottrinale, porta necessariamente alla confusione. E la confusione, il disorientamento, una certa schizofrenia, sembra essere la cifra distintiva dell’attuale pontificato.

Tra i più recenti esempi di confusione è quella relativa al termine di povertà. Si confonde tra la povertà del Vangelo e quella delle ideologie social-comuniste.

La prima è uno stato di perfezione che nasce dalla scelta volontaria di singoli, la seconda è una condizione sociale imposta come obbligatoria dall’alto. Inoltre, se sul piano personale gli uomini di Chiesa e i cattolici in generale devono vivere in spirito di povertà, nel senso di non essere attaccati ai propri beni, la Chiesa come istituzione non deve essere povera, ma deve avere tutti i mezzi materiali necessari per esercitare la sua missione. Privare la Chiesa di questi mezzi significa mortificarla e indebolire la sua azione nel mondo. Sotto questo aspetto, il richiamo alla povertà di papa Bergoglio rischia di togliere alla Chiesa la sua capacità di cambiare il modo per immergerla nel processo di secolarizzazione che sta dissolvendo quello che fu l’Occidente cristiano.

FONTE: iltempo.it

Un pensiero riguardo “Il linguaggio rivoluzionario di Papa Francesco

  1. Il comportamento, le parole a braccio e l’insegnamento di questo papa, a mio avviso, configurano di sicuro la tipologia del personaggio astuto, oltre che dal pensiero non lineare.
    Che poi questo dato si possa far rientrare anche nella categoria del rivoluzionario ne dubito molto.
    La storia ha visto e vede grandi figure di rivoluzionari che, CONDIVISIBILI O MENO che siano nelle loro idee, hanno avuto e hanno il coraggio di portarle avanti in modo aperto e virile, senza far ricorso a mezzucci puerili, maneggi furbeschi e fumisterie linguistiche (dobbiamo prender nota che da ora si chiamano ‘eventi linguistici’???).

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