Un canonista a mons. Fisichella: No, la legge della Chiesa non scomunica chi critica il papa

Interessanti ripercussioni della conferenza-stampa sul Giubileo del vescovo Fisichella.

È il nostro solito sguardo all’orizzonte allargato oltre confine.

Il testo che segue è stralciato dalla edizione inglese di Aleteia (“Missionari di misericordia: cosa intende Papa Francesco?”, con sottotitolo: l’Arcivescovo [Fisichella] afferma che le parole che sono “come rocce e pietre” possono costituire “violenza” nei confronti del papa). Nessuna traccia (almeno finora non ne ho trovate) da fonti italiane, mentre diversi siti e blog anglofoni ne parlano ampiamente.

Di seguito ancora riportiamo le osservazioni (by LifeSiteNews) di Un Canonista all’Arcivescovo vaticano: No, la legge della Chiesa non scomunica chi critica il papa [qui]. C’è da dire che le voci di critica – che non è necessariamente malevola, ma che spesso è volta a ripristinare la verità cattolica – evidentemente raggiungono i Sacri Palazzi e la più modesta Domus Sanctae Martae. Tuttavia, anziché coglierne le accorate richieste, anche le critiche costruttive non ad personam ma a detti e fatti, vengono misurate con lo stesso metro delle taglienti invettive che spesso sono lanciate dai mattutini della Domus non meno che da diverse esternazioni in occasioni pubbliche.

[…] Mercoledì delle Ceneri 2016, [i missionari della misericordia] riceveranno dal Santo Padre il mandato di predicatori di misericordia e confessori pieni di misericordia. Essi riceveranno altresì dal Papa l’autorità di perdonare “anche quei peccati che sono riservati alla Santa Sede” (Bolla di indizione, n. 18) [Il Codice di Diritto Canonico li elenca precisamente nei canoni tra il 1367 e il 1388 -ndT]. Essi sono: sacrilegi contro la Santa Eucaristia (CIC 1367) che, afferma l’arcivescovo, avvengono “molto più frequentemente di quanto si possa pensare”; L’assoluzione del complice nel peccato contro il sesto comandamento (CIC 1378); L’ordinazione non autorizzata di un vescovo, che penalizza sia il vescovo ordinante che il vescovo ordinato (CIC 1382); Violazione del segreto confessionale (CIC 1388), che Fisichella ha definito “uno degli elementi più preziosi che la Chiesa possiede”; e la violenza fisica contro la persona del Romano Pontefice (CIC 1370). Per quanto riguarda ciò che costituisce “violenza fisica” contro il Papa, monsignor Fisichella ha detto ai giornalisti durante l’incontro con la stampa di venerdì: “Direi che occorre capire bene ‘la violenza fisica,’ perché a volte le parole sono fin troppo come rocce e pietre, e quindi credo che un po’ di questi peccati, sono di gran lunga, fin troppo, più diffusi di quanto si possa pensare”. […] (fine citazione Aleteia)

La maggior parte delle parole non costituiscono reato

Non sono sicuro di cosa intendesse l’arcivescovo Rino Fisichella quando ha detto che “occorre capire bene ‘la violenza fisica’ [contro il papa] perché a volte le parole sono fin troppo rocce e pietre, e quindi credo che alcuni di questi peccati sono di gran lunga, fin troppo, più diffusi di quanto si possa pensare”,

Mons. Fisichella saluta papa Francesco.
Mons. Fisichella saluta papa Francesco.

Certamente, abbiamo bisogno di capire bene i termini di legge, ma, poiché il presule parlava nel contesto delle facoltà di assolvere dalla scomunica automatica, e in quanto vi è una scomunica automatica contro chi usi la violenza fisica contro il papa (1983 CIC 1370 § 1), intuisco che Fisichella potrebbe pensare che ‘il linguaggio duro’ contro il papa sia un reato canonico che rende passibili di scomunica. Se è così, si sbaglia. Oltre al Canone 17 che richiede che i canoni siano da intendersi secondo il corretto significato delle loro parole [considerato nel testo e nel contesto -ndT], al Canone 18 che richiede che le leggi ecclesiastiche che stabiliscono una pena vengano lette rigorosamente (vale a dire, per quanto ragionevolmente possibile), e al Canone 221 § 3 che protegge i fedeli contro pene canoniche non autorizzate dalla legge, l’intero sesto libro del codice 1983 è intriso di particolare enfasi (qualcuno potrebbe dire, in misura esagerata) sulla benignità nell’applicazione di sanzioni nella Chiesa.

Ora, il Canone 1370 condanna “vim Physicam” contro il Papa, non “verba aspera” o varianti di esse, e non conosco alcun commento canonico che nel contesto di specie includa le “parole”, in una qualche sorta di “violenza fisica”. In effetti, il CLSA Bew Commentary, l’Exegetical Commentary, l’Ancora Commentary, e l’Urbaniana Commentary – fine delle consultazioni – escludono espressamente la ‘violenza verbale’ dalla gamma di azioni sanzionate ai sensi del Canone 1370.

Certamente, il discorso di odio indirizzato contro qualcuno è oggettivamente peccaminoso e, se diretto contro un uomo di Dio, per non parlare di un Papa, è particolarmente riprovevole. A volte, il discorso potrebbe salire ad un livello di criminalità (si veda ad esempio, il Canone 1369 sugli insulti contro la Chiesa o il Canone 1373 sull’incitamento all’animosità contro la Sede Apostolica), ma le sanzioni in questi casi sono non automatiche e non si estendono alla scomunica. Di solito, l’odio verbale è solo un peccato (se posso metterla in questo modo), non è un reato.

I sacerdoti possono essere tranquilli, quindi, che se i penitenti confessano di aver pronunciato parole di odio contro il Santo Padre, essi possono assolvere tali peccatori nella normale amministrazione del sacramento e non hanno bisogno di invocare alcuna facoltà o poteri speciali per assolvere dal peccato o da un (inesistente) aspetto criminale.

Et poenae latae sententiae delendae sunt.

[Fonte] – [Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]

Un pensiero riguardo “Un canonista a mons. Fisichella: No, la legge della Chiesa non scomunica chi critica il papa

  1. Diceva Benedetto XVI quando era cardinale: se dovessimo scomunicare tutti quelli che non la pensano come il papa, non rimarrebbe più nessuno nella Chiesa…. – e aggiungeva – l’importante è riconoscere al Papa il suo status, il suo ruolo e quando insegna magistralmente, ma se poi non si condividono le scelte che fa, pazienza, anche questo tipo di tolleranza deve essere un esercizio continuativo del papa stesso. Quanti santi abbiamo avuto che scrivevano lettere durissime ai papi regnanti del loro tempo? Se parliamo tanto di dialogo, oggi, il papa stesso deve dare prova e testimonianza che dialogare è possibile, specialmente internamente alla Chiesa per evitare confusioni e malintesi dai quali poi si sviluppa, se non chiariti subito, drammi e scismi.
    🙂

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