Che dirà papa Francesco? Ce lo dicono i suoi “amici”

Francesco ha costantemente preparato la Chiesa al cambiamento. Sarebbe sciocco ignorarne i segnali.

Continua la nostra esplorazione delle fonti internazionali per le analisi dell’attuale clima post-sinodale. Riprendiamo di seguito un articolo apparso sulla rivista Catholic Herald il 13 novembre scorso. L’Autore, Padre Raymond J. de Souza è un sacerdote della Arcidiocesi di Kingston, Ontario, e redattore capo della rivista Convivium. Traduzione di Chiesa e post-concilio.


 

di P. Raymond J. de Souza

Il sinodo sulla famiglia è terminato. La Chiesa ora attende ciò che Papa Francesco deciderà. Coloro che al Sinodo hanno difeso il mantenimento della disciplina tradizionale sull’ammissione ai sacramenti dei divorziati risposati civilmente devono tenersi pronti ad una diversa decisione del Papa. Senza posa egli ha preparato la Chiesa. Sarebbe sciocco ignorarne i segnali.

Dopo lungo tergiversare, il Sinodo ha deciso di seguire quasi esattamente ciò che il Papa Francesco aveva detto nell’udienza generale del 5 agosto, durante la quale aveva suggerito con vigore di non essere d’accordo con la tradizione insegnata da Giovanni Paolo II nella Familiaris consortio (1981) e confermata da Benedetto XVI nella Sacramentum Caritatis (2007).

Egli non li ha contraddetti esplicitamente. Certo che no. Ma ne ha citato i passaggi rilevanti, senza affermarne le conclusioni finali e il Sinodo ha fatto lo stesso. Il silenzio sulla formulazione di Giovanni Paolo II, indica forse consenso? Oppure significa che l’insegnamento tradizionale viene tagliato fuori?

La scorsa settimana, un commento di padre Antonio Spadaro SJ, direttore di La Civiltà Cattolica, ha dato una risposta chiara. La Civiltà riveste sempre una certa autorità, dal momento che la rivista cattolica prima della pubblicazione passa dalla revisione della Segreteria di Stato della Santa Sede.

Padre Spadaro è ancor più autorevole, in quanto stretto confidente e portavoce di Papa Francesco. È inconcepibile che possa scrivere qualcosa che contraddice ciò che è voluto dal Santo Padre. Nella sua analisi del Sinodo, la sua risposta è categorica.

“La relazione [finale del sinodo] procede lungo questo cammino di discernimento dei singoli casi, senza chiedere alcun limite di integrazione, come avveniva in passato … La conclusione è che la Chiesa si rende conto che non si può parlare di una categoria astratta di persone e bloccare la pratica di integrazione in una regola che è del tutto generale e valida in tutti i casi. Non dice fin dove il processo di integrazione può spingersi, ma non sono più stabiliti limiti precisi e inderogabili”.

I “limiti del passato” sono quelli della Familiaris consortio, che erano certamente “precisi”. Essi non sono più validi. E fino a che punto arriverà l’integrazione?

Padre Spadaro cita il Cardinale Christoph Schönborn di Vienna, il quale ammette esplicitamente la santa comunione per coloro che vivono in situazioni matrimoniali irregolari.

Papa Francesco la scorsa settimana ha concesso una nuova intervista al famoso Eugenio Scalfari: secondo costui, il Santo Padre gli ha detto che tutti i divorziati risposati che lo chiedono saranno ammessi alla Santa Comunione. La Sala Stampa vaticana ha rilasciato la solita dichiarazione circa l’inaffidabilità di Scalfari, che ricostruisce conversazioni papali con la sua memoria fertile, ma quel che ha scritto Scalfari in poche righe è sostanzialmente ciò che padre Spadaro ha scritto in 20 pagine: cioè vivere una relazione coniugale al di fuori del matrimonio non sarà necessariamente considerato peccato oppure il fatto di vivere in uno stato di peccato grave non sarà più un ostacolo per ricevere la Santa Comunione.

Se Scalfari e padre Spadaro presentassero opinioni divergenti, sarebbe opportuno seguire padre Spadaro in quanto più vicino al pensiero del Santo Padre. Ma, se sono d’accordo, non c’è motivo di avere dubbi.

Chi è vicino al Santo Padre non ha atteso la conclusione del Sinodo per dare forti indicazioni sul risultato che lo vede favorevole. Durante l’Assise, l’ufficio stampa del Sinodo ha fatto circolare un colloquio con il cardinale Donald Wuerl di Gerald O’Connell, della rivista America.

O’Connell è vaticanista da 30 anni, ma la sua importanza è ora al culmine dato che è sposato con Elisabetta Piqué, la giornalista argentina preferita da Papa Bergoglio, alla quale è concessa una corsia di preferenza nei contatti col papa. Se il nome di O’Connell appare su una informazione pubblicata dall’ufficio stampa della Santa Sede, la si può tranquillamente considerare la linea ufficiale della Domus Sanctae Marthae.

Il messaggio del cardinale Wuerl, egli stesso persona precisa, prudente nell’esprimersi, era insolitamente franco nei riguardi di chi teme che il Sinodo possa cercar di cambiare la prassi tradizionale: essi hanno trovato il Sinodo “piuttosto pericoloso”, forse perché “semplicemente non amano questo papa.”

Poche ore dopo la conclusione del sinodo, O’Connell, fonte anglofona affidabile per chi è vicino il Papa ha scritto un commento che identificava i Cardinali Pell, Ouellet, Sarah e Müller con quegli uomini di curia che “remano in una direzione diversa” da quella del Papa e che il Papa, nel suo discorso conclusivo ha caratterizzato come “cuori chiusi”.

Ora la Chiesa attende che Roma parli. Le voci prossime al Vescovo di Roma già parlano, sempre più sicure che quando sarà il momento Roma non dirà più ciò che aveva detto prima.

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