La “cavalcolata” di Giovanni Cavalcoli

Caro P. Cavalcoli, non si possono separare dottrina e disciplina!

P. Giovanni Cavalcoli
P. Giovanni Cavalcoli

«La comunione ai risposati non tocca la dottrina ma la disciplina», con queste parole esordisce in una intervista intrigante il noto teologo Padre Giovanni Cavalcoli O.P. al giornalaccio on-line di sinistra vaticaninsider, vedi qui.

Questo giornale non è nuovo ad interviste ed articoli a persone che navigano chiarissimamente contro la dottrina della Chiesa (e che a suo tempo navigarono contro Benedetto XVI), ma senza dubbio siamo amareggiati perché non vi avremo voluto mai leggere Padre Cavalcoli in una veste inedita, dopo il grande libro su Rahner e contro le sue eresie, dopo averlo letto in difesa del grande domenicano Tomas Tyn.

È un Padre Cavalcoli inedito quello che leggiamo, e un teologo domenicano che separa la dottrina dalla disciplina della Chiesa si doveva ancora sentire anche se lui, ovviamente, smentisce questa separazione e parla di continuità.

Ma non vogliamo arenarci sui dispiaceri, andiamo al sodo citando alcuni passi:

1 – «La disciplina dei sacramenti è un potere legislativo che Cristo ha affidato alla Chiesa, affinché essa, nel corso della storia e nel variare delle circostanze, sappia amministrare i sacramenti nel modo più conveniente e più proficuo alle anime e nel contempo nel rispetto assoluto alla sostanza immutabile del sacramento, così come Cristo l’ha voluta. L’attuale disciplina che regola la pastorale e la condotta dei divorziati risposati è una legge ecclesiastica, che intende conciliare il rispetto per il sacramento del matrimonio, la cui indissolubilità è un elemento essenziale, con la possibilità di salvezza della nuova coppia. La Chiesa non può mutare la legge divina che istituisce e regola la sostanza dei sacramenti, ma può mutare le leggi da lei emanate, che riguardano la disciplina e la pastorale dei sacramenti. Dobbiamo quindi pensare che un eventuale mutamento dell’attuale regolamento sui divorziati risposati, non intaccherà affatto la dignità del sacramento del matrimonio, ma anzi sarà un provvedimento più adatto, per affrontare e risolvere le situazioni di oggi».

Benissimo, o meglio, lo comprendiamo ma sorgono allora queste domande:

  • su quali basi allora la Chiesa aveva fatto, in passato, quella disciplina per preservare il Sacramento degli sposi?
  • se la Chiesa “non può mutare la legge divina”, e se la disciplina fatta dalla Chiesa la preservava e la proteggeva, in che senso oggi potrebbe mutarla in meglio?
  • se “L’attuale disciplina che regola la pastorale e la condotta dei divorziati risposati è una legge ecclesiastica, che intende conciliare il rispetto per il sacramento del matrimonio, la cui indissolubilità è un elemento essenziale..”, in che senso una nuova prassi disciplinare potrebbe “conciliare” questo rispetto?

2 – « … lo stabilire le circostanze, le condizioni, il come, il dove, il quando, chi amministrare i sacramenti, Cristo lo ha affidato alla responsabilità dell’autorità ecclesiastica nelle leggi canoniche, come nelle direttive e norme pastorali o disciplinari a tutti i livelli, dal Papa, alla Santa Sede, fino ai vescovi. La Chiesa, quindi, è infallibile quando riconosce, codifica e interpreta la legge divina, si tratti della legge morale naturale o rivelata; ma nel momento in cui emana leggi, che ne dispongono la loro applicazione nella varietà o accidentalità delle circostanze storiche o in casi particolari, queste leggi assumono un valore semplicemente contingente, relativo e temporaneo, per cui, al sopravvenire di nuove circostanze o per una migliore conoscenza della stessa legge divina, richiedono di essere mutate, abrogate, corrette o migliorate,  s’intende sempre per una nuova disposizione dell’autorità. La legge ecclesiastica dà determinatezza all’indeterminatezza della legge divina, si fonda su di essa e ne è una conseguenza nell’ordinare la prassi concreta….»

Verissimo, nessuno discute sul fatto che la Chiesa ha il potere di aggiustare, anche aggiornare la disciplina della Chiesa, ma non si è mai vista modificarla CONTRO una prassi precedente… anche la legge ecclesiastica e la sua disciplina hanno dei limiti che non possono essere separati dalla dottrina:

“Il Romano Pontefice è — come tutti i fedeli — sottomesso alla Parola di Dio, alla fede cattolica ed è garante dell’obbedienza della Chiesa e, in questo senso, servus servorum. Egli non decide secondo il proprio arbitrio, ma dà voce alla volontà del Signore, che parla all’uomo nella Scrittura vissuta ed interpretata dalla Tradizione; ….  Il Successore di Pietro è la roccia che, contro l’arbitrarietà e il conformismo, garantisce una rigorosa fedeltà alla Parola di Dio: ne segue anche il carattere martirologico del suo Primato….” ( Il primato del successore di Pietro nel mistero della Chiesa – vedi qui.)

Allora ci chiediamo:

  • dove va a finire questa fedeltà se ogni tempo che arriva, carico delle sue difficoltà, la Chiesa MODIFICA la disciplina ostacolando così la comprensione di una dottrina che è invece immutabile?
  • dove va a finire quel garantire UNA RIGOROSA FEDELTA’ alla Parola di Dio se, in questo caso specifico, Gesù ha già parlato chiaramente e san Paolo è stato pastoralmente – istruito da Cristo stesso, lo dice lui in Galati – intransigente contro una disciplina che si dissociava dalla dottrina?
  • dobbiamo dunque credere che la disciplina della Chiesa fino ad oggi era sbagliata? O ha sbagliato Gesù, o ha sbagliato la Chiesa in passato, seguendo il ragionamento di Cavalcoli, non si scappa.

Per dirla con San Paolo ci troviamo davanti alle mode del tempo che, siccome così fan tutti, facciamo anche noi, la Chiesa si adegui…

  1. «Per quanto riguarda il sacramento della penitenza, la Chiesa è passata dalla prassi dei primi secoli di una sola celebrazione nel corso della vita, alla raccomandazione attuale della confessione frequente, che risale alla riforma tridentina. Nei primissimi secoli le seconde nozze erano sconsigliate. Nel secolo XVII il sacramento dell’ordine non poteva esser conferito a soggetti di razza mista. La pratica comune della comunione quotidiana risale solo ai tempi di San Pio X. Fino ai tempi di San Pio X esisteva la figura giuridica dell’”haereticus vitandus”. Il Magistero presenta per la prima volta l’atto coniugale come “segno e incentivo all’amore” solo nella “Humanae vitae” di Paolo VI. Gli impedimenti giuridici al matrimonio in passato erano diversi da quelli di oggi. Paolo VI ha abolito i cosiddetti “ordini minori”, un tempo necessari per accedere al sacerdozio. Solo con la riforma conciliare alle donne sono consentiti ministeri liturgici un tempo riservati solo agli uomini. Fino alla riforma conciliare, il sacramento dell’unzione degli infermi, detto significativamente “estrema unzione”, veniva dato solo ai moribondi. Oggi è sufficiente l’anzianità avanzata o la malattia grave, per cui può essere facilmente reiterato. Il Papa stesso col suo recente Motu proprio ha modificato il regolamento delle cause di nullità del matrimonio».

Ma no! Ma no! che c’entra tutto ciò? Questi atti papali non hanno nulla a che vedere con la dottrina del Vangelo… e di quali “ministeri” liturgici alle donne parla, ma stiamo scherzando? Si è loro concesso SOLO di poter leggere le letture (quanto al “servizio” all’altare e non di ministero per favore, quello riguarda solo il presbitero e il diacono e l’accolito, tutti uomini, alle donne è stato concesso anche di fare le chierichette ma era una tantum) e di distribuire la Comunione laddove le necessità lo richiedessero, tutti ruoli dei quali i Documenti parlano di “concessioni-indulti” e mai di prassi…. che sia diventato usuale vedere donne chierichette, servire la comunione e a momenti concelebrare, sono tutti ABUSI LITURGICI.

È FALSO AFFERMARE CHE FINO: “alla riforma conciliare, il sacramento dell’unzione degli infermi, detto significativamente “estrema unzione”, veniva dato solo ai moribondi….”, che certa predicazione lo usasse solo per i moribondi è una cosa, ma non era questo l’insegnamento della Chiesa.

Il vecchio insegnamento diceva: “L’estrema unzione, detta anche Olio Santo, è il sacramento istituito a sollievo spirituale e anche corporale dei cristiani gravemente infermi” – e dice anche – “Talvolta l’Unzione produce un effetto particolare a beneficio della salute fisica e dà maggiore efficacia alle medicine, in modo che l’infermo riacquisti la salute, quando è utile per il bene dell’anima…” (Padre Dragone – Spiegazione del Catechismo di San Pio X – 7 marzo 1963 a cura del sac. G. Alberione)

Ma poi scusate eh! ma è ovvio che questo sacramento venga dato agli ammalati! Non per nulla si è anche sempre chiamato “il dolce viatico”, che oggi si invitano i fedeli a riscoprire questo sacramento non è cambiarne la disciplina, per favore, detto da un teologo è inaccettabile! Conosciamo di alcune mamme in procinto di partorire di aver chiesto questo sacramento, così come si legge che il Curato d’Ars andava ad amministrare questo sacramento a chi stava con un semplice raffreddore semplicemente perchè a quei tempi si moriva per così poco.

Ma tutto questo non c’entra affatto nulla con la modifica della disciplina a ridosso di una dottrina che dica il contrario.

  1. «… Il problema dei divorziati risposati è che l’adulterio, con l’aggravante del concubinato, è peccato mortale. Per cui è molto facile che la coppia, unendosi, cada in peccato mortale. Tuttavia ….(..) Esse possono ottenere il perdono dei peccati direttamente da Dio, anche senza accedere al sacramento della penitenza. Oggi la questione dibattuta è se il consentir loro di accostarsi alla Santa Comunione può servire a loro per l’aumento della grazia e la difesa contro il peccato, oppure se può crear scandalo e turbamento tra i fedeli».

Sorvoliamo sulla prima parte dedicata allo “stato di peccato” perchè meriterebbe un articolo a parte riportando integralmente il Catechismo della Chiesa Cattolica, e ci fermiamo qui al “problema dei divorziati-risposati” la cui posizione, ammette padre Cavalcoli, è quella della stato di “peccato mortale”, il sesto Comandamento non lo abbiamo inventato noi! Dove non possiamo essere d’accordo sono le conclusioni a cui arriva. È vero che queste persone, in casi eccezionali, possono ottenere il perdono dei peccati direttamente da Dio, anche senza accedere al sacramento della penitenza… ma queste sono le vie STRAORDINARIE che spettano appunto unicamente al Signore, ma non possono diventare la via ORDINARIA o della disciplina della Chiesa, altrimenti qui vanifichiamo il sacramento della penitenza e facciamo come i protestanti che l’hanno abolito perché, secondo loro, Dio perdona direttamente ogni peccato che tu confesserai “direttamente a Lui”, e questa loro prassi è diventata appunto la loro dottrina.

Non dimentichiamo che i protestanti erano dei cattolici che per 1500 anni avevano creduto tutto quello che la Chiesa insegnava, poi ad un certo punto hanno detto no a questo e a quello e tutto è cominciato per i pruriti sessuali di Lutero, non aggiungiamo altro, ma è sempre lì il punto debole dell’uomo ma anche della Chiesa.

Che oggi la questione sia dibattuta è in verità un falso problema perché la saggezza della Chiesa aveva già dato le soluzioni al problema:

  • il ricorso ad un Tribunale per riconoscere nullo un matrimonio;
  • l’astenersi dagli atti propri dei coniugi per poter accedere all’Eucaristia

Non si risolve un male con un altro male,  affermando che si sta cercando di capire se dando la Comunione: “può servire a loro per l’aumento della grazia e la difesa contro il peccato, oppure se può crear scandalo e turbamento tra i fedeli…”, perché lo dice chiaramente San Paolo che quella Comunione diventerà la condanna.

È assurdo pensare che non vi sia una volontà libera nelle persone divorziate e risposate a quella convivenza, chi mai li costringe? E non possono essere usati i bambini nati da interscambi di talamo quale perdono al loro stato.

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Ma santo Iddio! Lo ha spiegato bene Benedetto XVI all’incontro delle Famiglie nel giugno 2012:

«…Anche senza la ricezione «corporale» del Sacramento, possiamo essere spiritualmente uniti a Cristo nel suo Corpo. E far capire questo è importante. Che realmente trovino la possibilità di vivere una vita di fede, con la Parola di Dio, con la comunione della Chiesa e possano vedere che la loro sofferenza è un dono per la Chiesa, perché servono così a tutti anche per difendere la stabilità dell’amore, del Matrimonio; e che questa sofferenza non è solo un tormento fisico e psichico, ma è anche un soffrire nella comunità della Chiesa per i grandi valori della nostra fede. Penso che la loro sofferenza, se realmente interiormente accettata, sia un dono per la Chiesa. Devono saperlo, che proprio così servono la Chiesa, sono nel cuore della Chiesa. Grazie per il vostro impegno», e lo aveva detto chiaramente nella Sacramentum Caritatis:

«Infine, là dove non viene riconosciuta la nullità del vincolo matrimoniale e si danno condizioni oggettive che di fatto rendono la convivenza irreversibile, la Chiesa incoraggia questi fedeli a impegnarsi a vivere la loro relazione secondo le esigenze della legge di Dio, come amici, come fratello e sorella; così potranno riaccostarsi alla mensa eucaristica, con le attenzioni previste dalla provata prassi ecclesiale. Tale cammino, perché sia possibile e porti frutti, deve essere sostenuto dall’aiuto dei pastori e da adeguate iniziative ecclesiali, evitando, in ogni caso, di benedire queste relazioni, perché tra i fedeli non sorgano confusioni circa il valore del Matrimonio..»,

e qui Benedetto XVI riporta in Nota la Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II.

Ci dispiace che un teologo domenicano non tenga in considerazione testi pontifici passati ma sempre attuali. Ma chi l’ha detto, poi, che l’Eucaristia è un “diritto”? E siccome non siamo autoreferenziali, vogliamo di proposito concludere con le parole di Corrado Gnerre, giornalista del Settimanale di San Padre Pio, parole che facciamo nostre:

«Ora, premettendo che (è bene ripeterlo altrimenti padre Cavalcoli pensa che noi “tradizionalisti” –definizione che a me non piace- siamo impreparati) che Tradizione e Scrittura sono fonti “remote” della Rivelazione, mentre il Magistero ne è fonte prossima… premettendo questo, va detto che padre Cavalcoli quando parla del rapporto tra Tradizione e Magistero si dimentica due importanti cose che mi limito solo a citare perché necessiterebbero di molto più tempo.

Primo, che il Magistero non può nella storia entrare in contraddizione (ipotesi tutt’altro che impossibile, infatti è contemplata teologicamente tant’è che ne parlava già San Vincenzo da Lerino).

Secondo: quella della possibile fallibilità del papa. Nel primo caso, la palese contraddizione implicherebbe che si segua ciò che è stato insegnato prima non ciò che viene affermato dopo; nel secondo caso, va ricordato che l’infallibilità del Papa non è infallibilismo.» (vedi qui testo integrale).

AGGIORNAMENTO

Nel mentre stavamo per pubblicare l’articolo, ci è giunta la pagina aggiornata di Radio Vaticana dalla quale riceviamo, seppur indirettamente, una importante conferma a quanto abbiamo qui esposto.

Il card. Ouellet
Il card. Ouellet

Le parole del cardinale Quellet di stamani contraddicono la “magna esposizione” di padre Cavalcoli:

“Il Santo Padre ci ha detto all’inizio che il Sinodo non cambierà la dottrina, ma cerca una pastorale adeguata. Quindi, per raggiungere i divorziati risposati ci vuole un dialogo, un chiarimento. Si discute su questa via penitenziale. Io penso che si debba chiarire bene la questione del matrimonio valido: se il matrimonio è nullo, si deve chiarire attraverso le procedure giudiziarie; altrimenti, se il vincolo coniugale e sacramentale indissolubile c’è, lì non possiamo – senza cambiare la dottrina – proporre un accesso ai sacramenti, perché è un punto dottrinale…. (…) la posizione di “Familiaris consortio” è la dottrina tradizionale della Chiesa che è stata confermata da San Giovanni Paolo II e anche da Papa Benedetto. Quando ci riferiamo alla dottrina ci riferiamo a questo: questa è la norma che ci permette di costruire e di cercare una pastorale, cioè andare incontro alle persone che si trovano in queste situazioni e offrire loro una riconciliazione; se non sarà totalmente sacramentale, almeno si potranno ricostruire i legami con la comunità ecclesiale. Come il Papa ha ripetuto parecchie volte, non si deve ridurre tutto alla questione “dare o non dare la Comunione”. Questo è un modo sbagliato di presentare questa problematica…. (…)

Se la Chiesa non autorizza la Comunione, non è perché pensa che questo peccato non possa mai essere perdonato. Dio perdona il peccato dei divorziati e risposati, lo perdona: su questo non c’è dubbio e la Chiesa lo proclama. Ma la Chiesa celebra e rispetta nel Sacramento dell’Eucaristia Cristo sposo nel suo dono alla Chiesa; allora, la Chiesa chiede ai suoi figli di partecipare a questo rispetto e quando c’è questa contraddizione (nella donazione matrimoniale; ndr) perché c’è un secondo partner, chiede l’astensione dalla Comunione: questa è espressione del rispetto della Chiesa per il suo Sposo divino. Non è che la persona non è mai perdonata o che non sia in comunione con Dio: al contrario. Il sacrificio che deve fare di non ricevere la Comunione e di trovarsi in qualche modo a disagio è anche un modo di essere unito a Cristo crocifisso …” (ed è quanto disse Benedetto XVI alle Famiglie e da noi riportato sopra).

2 pensieri riguardo “La “cavalcolata” di Giovanni Cavalcoli

  1. Esprimo tutta la mia delusione per questa assurda ondata di modernismo che, improvvisamente, sembra aver contagiato persone insospettabili.Cristo è morto per i nostri peccati ma qui si sta cercando di far passare gli errori in cui noi, poveri uomini, cadiamo, come qualcosa di quasi lecito. La misericordia di stampo bergogliano sembra automatica, concessa anche senza pentimento vero. Si vuole forse cambiare il Vangelo? La preoccupazione per queste eresie è grande.

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  2. “Ogni tentativo, ogni ricerca di ridurre la comunicazione, di rompere il rapporto tra la Tradizione ricevuta e la realtà concreta, mette in pericolo la fede del Popolo di Dio. “

    “Considerare insignificante una delle due istanze è metterci in un labirinto che non sarà portatore di vita per la nostra gente. Rompere questa comunicazione ci porterà facilmente a fare della nostra visione, della nostra teologia un’ideologia.”

    Papa Francesco docet 🙂
    https://bergoglionate.wordpress.com/2015/09/04/francesco-ai-teologi-non-dividete-la-pastorale-dalla-dottrina/

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